O’ casaduoglio (o casadduoglio) non è altro che il salumiere moderno, un negozio di generi alimentari. Certo, qualcuno potrebbe storcere il naso, visto che oramai è sempre più in disuso pronunciarlo. Eppure, quando nel 1954 gli spettatori che andarono a vedere “Miseria e Nobiltà” di Mario Mattioli uscirono dalle sale cinematografiche, tutti erano a conoscenza del significato di casaduoglio.
Infatti, celebre è la scena della versione cinematografica del capolavoro di Eduardo Scarpetta, dove Enzo Turco (Pasquale il fotografo), con rassegnazione, affida il suo soprabito a Totò (Felice Sciosciammocca) e gli riferisce di andare dallo charcutier. Totò, insospettito, chiede chi sia questo “sciarquietièr“ ed Enzo Turco risponde: “Il pizzicagnolo, il salumiere!“. Soltanto alla fine, la genialità di Totò termina la gag con una battuta quasi liberatoria: “Ah il casaduoglio!”. Ma quindi, da dove viene questo termine? E chi era costui?
‘O casaduoglio: dai Romani ai giorni nostri
Il termine casaduoglio deriverebbe dal latino. Come ci ricorda il grande Raffaele Bracale, la parola nasce dall’unione di caseum, ovvero il cacio, formaggio, e oleum, olio, uoglio, a Napoli, ovvero i beni di prima necessità più richiesti all’interno di queste antiche botteghe. Erano quasi sempre a gestione familiare, a volte si poteva incontrare il marito, a volte la moglie, altre volte altri parenti, come la zia o la mamma dei due.
Spesso accade di leggere casaduoglio con un raddoppiamento della “d”, questo perché probabilmente era in voga nell’uso popolare, ma la terminologia esatta è quella con una sola . Cosa vendeva esattamente questo antico salumiere?
Qui era possibile acquistare viveri di genere diverso, dalla frutta alle verdure, dalle aringhe in barattolo alla salsa di pomodoro, dai formaggi, ai salumi, ma anche sacchi di iuta pieni di legumi, poi olio e pasta, proprio come le salumerie moderne, oggetti di uso domestico e saponi. Il sapone che i clienti compravano dal casaduoglio era chiamato “‘o ssapone ‘e piazza“, era di colore marroncino ed era fondamentale per il bucato.
Oltre che acquistare prodotti e portarli a casa, una volta giunti dal casaduoglio, era possibile degustare la “marenna” comodamente all’esterno, su delle postazioni a volte al limite della precarietà. Infatti da sempre a Napoli il panino ripieno di salumi e formaggi e altre bontà è un must della quotidianità dei cittadini. Certamente non è una invenzione moderna.
Già più di un secolo fa, i Napoletani approfittavano dei sapori, degli odori che il pane fresco, accompagnato dai prodotti locali, diremmo oggi a km 0, potevano offrire al palato. C’era chi preferiva il cuzzetiello, chi lo sfilatino, chi il pane cafone, ma anche il casatiello o tortani vari. Ci si metteva all’aria fresca e si passava un’oretta seduti, in compagnia di qualche amico o parente. Insomma, oggi c’è chi ha dimenticato completamente questo antico mestiere, eppure sembra che in realtà questa figura non si sia mai estinta, ma che semplicemente sia stata maggiormente tutelata e regolamentata.

Bibliografia
Storia ed immagini dei più antichi e noti mestieri di Napoli, Enrico Volpe, Cuzzolin, Napoli, 2019
La cucina di Mimì alla Ferrovia, A.A.V.V., Mondadori, Milano, 2021
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