La scena fatale di Donna Anna Carafa
Donna Anna Carafa, moglie del duca di Medina Coeli, amava organizzare magnifici ricevimenti a cui partecipava tutta la nobiltà napoletana e spagnola.
Una notte era stato allestito un palchetto per mettere in scena una commedia per Donna Anna. Gli attori, secondo i costumi dell’ epoca, erano tutti nobili e tra di essi vi era la bellissima e giovane Donna Mercedes de las Torres, nipote della duchessa, il cui ruolo era quello della schiava innamorata del suo padrone interpretato da Gaetano di Casapesenna. La scena fatale del bacio fu recitata con tale passione dai due nobili che tutti applaudirono entusiasti, tutti tranne Donna Anna che bruciava di gelosia vedendo il suo amante baciare appassionatamente Donna Mercedes. Nei giorni seguenti le due donne si scontrarono violentemente finchè, improvvisamente, Donna Mercedes scomparve misteriosamente.
Gaetano la cercò ovunque, ma invano, fino a quando non morì in battaglia.
E se la storia non fosse finita qua?
E se si trovasse un altro finale per questi due amanti sfortunati?
Potrebbe uscirne una storia carina, no?
Continuava a ripetere quella scena, continuava a ripeterla all’infinito: quando il sole sorgeva, quando tramontava, quando lasciava il posto alla luna e alle stelle. E cantava. Cantava note dolci e drammatiche: era la melodia struggente di una fanciulla ferita che aveva perso la sua vita per amore. Chiedeva al vento di portare la sua voce al cuore di lui; il vento, obbediente, la trasportava ed essa giungeva al cuore di mille persone e non sottoforma di suono ma sottoforma di malinconia.
Il livore per gli assassini di lei, per coloro che gli avevano rovinato la vita, era stato tale da logorargli l’anima e da perseguitarlo anche dopo la morte. E così, assetato di vendetta, si aggirava per le strade della città senza tregua. Era talmente divorato dall’odio che il suo cuore era diventato nero, niente lo scalfiva né lo inteneriva, nemmeno il ricordo del volto del suo amore. Ormai l’amore non aveva più importanza, l’importante era vendicarsi.
La fortuna però, per quanto volubile, trova sempre il modo di intervenire nelle vicende umane e fu così che i cammini dei due spiriti senza pace si incrociarono.
Lei stava cantando e le note si spandevano e svolazzavano nell’aria giungendo, come sempre, al cuore di molte persone ma stavolta, tra di esse, vi era lui. Le note di questo canto soave lo ipnotizzarono e lo incatenarono ad esse e lo sospinsero fino alla loro fonte. Lui, però, rimase immobile: niente più lo scalfiva ormai.
Lei iniziò a recitare quella scena fatale: per condanna divina non aveva altro modo di comunicare ma cercò di esprimere tutto quello che sentiva attraverso le parole del suo personaggio.
Le parole giungevano al suo cuore, ma venivano infrante prima di entrarci perché ormai il suo cuore era di pietra. Non era lei che cercava, lei non avrebbe potuto dissetare il suo desiderio vendicativo e restituirgli la serenità e così continuò a camminare, impassibile.
Lei lo aveva desiderato in vita e in morte e lui non doveva andarsene. La fanciulla si inginocchió davanti a lui, si prostró ai suoi piedi continuando a recitare ma, questa volta, con immensa disperazione.
Ripeteva ancora e ancora e ancora quelle parole ardenti. Poi, tutto ad un tratto, alzò il suo sguardo carico d’amore su di lui. Quegli occhi erano due lame taglienti, tanto belli quanto appassionati. Quelle due lame taglienti trafissero il cuore di lui e fecero sgretolare la pietra che il livore aveva costruito attorno ad esso. All’improvviso, tutti i ricordi e i sentimenti belli della sua vita gli scorsero davanti agli occhi freneticamente; su ricordò cosa significa amare e capì quanto era stato sciocco a lasciarsi trasportare dall’odio, dimenticandosi dell’amore. Quegli occhi gli avevano insegnato più di quanto mille parole avrebbero potuto fare.
Le porse una mano e la fece rialzare, poi posò un dolce e devoto bacio su quelle labbra delicate, sussurrando “Ti amo”.
In quel bacio si dissolsero, eternando così il loro amore.
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