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Pareti decorate con intarsi dorati, volte ellittiche ed arredi in legno, tavolini apparecchiati e sedie tappezzate in velluto rosso, una luce aurea ed inebriante accompagna i clienti nelle preziose sale del caffè Gambrinus, situato in via Chiaia, con lo sguardo rivolto verso piazza Trieste e Trento.                                                                                                         C’è profumo di paste appena sfornate e buon caffè ma soprattutto si respira l’odore antico della Storia di Napoli.

Accadde infatti nel 1860 che l’imprenditore Vincenzo Apuzzo fondasse il “Gran Caffè” che attirò subito la gola di semplici cittadini, intellettuali, re e regine; fu infatti scelto dai Borbone come “Fornitore della Real Casa”

Nel 1889 la gestione venne affidata a Mario Vacca che rese al locale lo splendore di cui ancora oggi è caratterizzato; incaricò l’architetto Antonio Curri della decorazione degli interni ed alcuni tra i migliori impressionisti napoletani per gli affreschi, infine scelse il nome “Gambrinus” in onore del re germanico Joannus Primus, secondo la leggenda, inventore della birra.

È qui ed in questo periodo che nacque il Caffè sospeso, pratica che in alcuni bar del centro storico è ancora in uso: i clienti possono pagare un caffè e lasciare lo scontrino all’ingresso del locale, cosicché chiunque  possa godere del piacere di una tazzina di caffè donata, anche chi in altro modo non avrebbe potuto permettersela. All’ingresso del Gambrinus infatti è posta ancora oggi una grande caffettiera per raccogliere gli scontrini.

La Belle Epoque napoletana vide il nostro Caffè protagonista delle brillanti dinamiche culturali del tempo. Seguendo le esuberanti mode parigine divenne un “Cafè Chantant”, sede di concerti e recitazioni drammatiche, oltre che importante centro di ritrovo per intellettuali, artisti e letterati.

Il termine “sciantosa”, che allora definiva il personaggio femminile protagonista dei concerti, sarebbe nato proprio dalla napoletanizzazione del francese “chantause”(cantante).

In quegli anni le sue sale ospitarono grandi menti artistiche italiane ed internazionali; furono la degna cornice per ristori e riflessioni di Benedetto Croce, Ernest Hemingway, Jean Paul Sartre, Oscar Wilde  che giunse a Napoli accompagnato dall’amante Alfred Douglas dopo il periodo di prigionia, Matilde Serao che vi festeggiò l’inaugurazione del neonato quotidiano “Il Mattino” ed ovviamente delle più alte voci della cultura napoletana, di poeti come Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo, di Eduardo Scarpetta, di Totò e dei De Filippo.

Una storia simpatica su Ferdinando Russo: era ritenuto un personaggio bizzarro e stravagante, i suoi “colleghi” letterati spesso lo criticavano aspramente e non si risparmiavano battute, ironie e cattiverie in sua presenza: il più feroce di tutti fu Salvatore Di Giacomo, che lo riteneva indegno di poter frequentare il Gambrinus. Russo, infatti, amava vestirsi di stracci per frequentare di notte le bettole dei marinai, dei criminali e della povera gente che abitava nella zona della Marina, per poi frequentare assiduamente di giorno il Gambrinus ed altri salotti intellettuali, suscitando lo sdegno della borghesia

Si racconta che anche Gabriele D’annunzio durante il suo soggiorno partenopeo usasse frequentare il Gambrinus. Nel 1892 scommise con Ferdinando Russo di essere in grado di comporre versi in dialetto napoletano; scrisse così “A vucchella” che ha riscosso talmente tanto successo da essere pubblicata nel 1907 con la musica di Francesco Paolo Tosti e da essere interpretata nel corso degli anni da nomi eminenti come Enrico Caruso, Roberto Murolo e Luciano Pavarotti.

 

“A vucchella”                                                         

Sì comm’a ‘nu sciurillo,                                             

Tu tiene ‘na vucchella,                                                
‘Nu poco pucurillo,
Appassuliatella.

Meh, dammillo, dammillo,                                         

È comm’a ‘na rusella!                                                   

Dammillo, ‘nu vasillo,                                                 

Dammillo, Cannetella!                                                

Dammillo e pigliatillo,                                 

‘Nu vaso piccerillo,
‘Nu vaso piccerillo
Comm’a chesta vucchella
Che pare ‘na rusella
‘Nu poco pucurillo
Appassuliatella.

 

La Boccuccia”

 Sei come un fiorellino,

hai una boccuccia

un poco, poco

appassitella.

 Ma dai, dammelo, dammelo,

è come una rosellina!

Dammelo un bacetto,

dammelo, Cannetella!

 Dammelo e prendilo,

un bacio piccolino,

un bacio piccolino

come questa boccuccia

che sembra una rosellina

un poco, poco

appassitella.

 

 In periodo fascista il locale fu chiuso dal prefetto Giovanni Battista Marziali perché considerato luogo di ritrovo antifascista; la motivazione ufficiale fu il disturbo della quiete pubblica nelle ore notturne, in particolare della quiete della consorte del prefetto.

Solo negli anni del dopoguerra l’imprenditore Michele Sergio ne recuperò una parte (quella che affaccia su via Chiaia) ed i figli Arturo ed Antonio, attuali proprietari, hanno successivamente riacquisito l’intero spazio, prima occupato da una sede del Banco di Napoli.

Così il Gambrinus continua tutt’oggi a svolgere il suo ruolo di testimone e custode della nostra storia.

Per tradizione il primo Gennaio di ogni anno il Presidente della Repubblica italiana consuma la prima colazione al Gran Caffè, inaugurando così l’anno.

In questa occasione il Presidente della Repubblica Ciampi pagò al suo bancone due caffè la mattina del primo Gennaio del 2002; l’Italia era appena passata dalla lira all’euro e quelle monete furono i primi euro spesi dal Capo dello Stato. Sono oggi lì orgogliosamente conservate.

 

-Claudia Grillo

 

 

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