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Il giorno in cui visitai l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli era un bellissimo pomeriggio di novembre. L’aria era fresca e un po’ nuvolosa, ma ogni tanto il sole si affacciava per regalare un piacevole tepore.

Mentre camminavo verso il sito archeologico, devo essere sincera, mi aspettavo di trovare un tipico anfiteatro romano, non molto diverso dal Colosseo di Roma o dall’arena di Verona. Mi sbagliavo completamente.

Ma andiamo con ordine. Arrivata al sito, la prima cosa che mi colpì furono le dimensioni dell’anfiteatro. Quello di Pozzuoli è infatti il terzo anfiteatro per grandezza, dopo quello di Roma e quello di Capua. Era capace di ospitare circa 40.000 persone, molte di più rispetto agli abitanti dell’antica Puteoli! Fu costruito, come chiarisce un’epigrafe, in epoca Flavia (70-81 d.C.), forse dagli stessi architetti del Colosseo. D’altronde, la zona è ricchissima di testimonianze archeologiche romane, pensiamo, ad esempio, alla poco lontana Grotta di Seiano.

Ricostruzione anfiteatro flavio
Ricostruzione dell’anfiteatro

I sotterranei dell’Anfiteatro Flavio

Sin dall’ingresso è subito chiaro che la struttura si sviluppa su due piani diversi. Uno a cielo aperto, con gli spalti e l’arena, l’altro completamente sotterraneo. Vi sembra poco? Non dovrebbe! Non capita molto spesso di vedere i sotterranei di un anfiteatro, e, sicuramente, non capita spesso di vederne di così suggestivi e perfettamente conservati. 

Percorsi la passerella che porta al piano inferiore e la scena fu davvero meravigliosa. Davanti a me si aprivano tre vie, due laterali ed una centrale. Le due laterali correvano lungo il perimetro ellittico dell’anfiteatro, erano incorniciate da volte a botte e costellate sul lato da cellette cave, come piccoli antri. La terza via, invece, correva dritta al centro ed aveva una lunga apertura sul soffitto che dava direttamente sull’arena. Era la fossa scenica.

Prima di spiegarne l’utilizzo vorrei provare a descrivere l’incredibile effetto ottico che creava la luce entrando dalla fossa. Batteva sulle pareti ed entrava nei corridoi laterali, ma non riusciva ad arrivare dovunque. Così, ad intervalli, prevalevano le ombre rotonde delle volte e le zone completamente buie delle cellette. Questo gioco di opposti faceva sembrare il posto un misterioso labirinto. 

Ma torniamo a noi.

La fossa scenica dell’Anfiteatro Flavio

La fossa scenica era un elemento fondamentale per la messa in scena degli spettacoli romani più all’avanguardia. Durante le manifestazioni, era chiusa con assi di legno. Al momento opportuno le assi venivano sollevate per issare sull’arena le macchine sceniche conservate nella zona sotterranea. 

Stesso utilizzo avevano le fessure più piccole che comunicavano direttamente con i corridoi laterali dei sotterranei. Da lì infatti, attraverso un complesso meccanismo di pesi e carrucole (del quale è ancora visibile qualche traccia), venivano sollevate le gabbie degli animali feroci.

Il poeta Marziale (I sec. d.C.), nel Liber De Spectaculis, ha descritto quanto gli spettatori restassero meravigliati nel vedere gli animali comparire sulla scena come per magia. Dobbiamo immaginare che le gru e le carrucole visibili al pubblico fossero mimetizzate con fogliame o altre coperture sicché gli spettatori avevano l’impressione di trovarsi davvero in un bosco o in una foresta orientale.

Corridoio con la fossa scenica dell’Anfiteatro Flavio

Le colonne del matroneo

A colpirmi furono poi busti e capitelli di colonne sistemati nei sotterranei. La mia sorpresa derivava dal fatto che l’unico colonnato presente nell’anfiteatro, in origine, doveva essere quello del matroneo, il corridoio che si trova nella sezione più alta degli spalti. Come ci erano finite le colonne nei sotterranei, se il pavimento dell’arena è da sempre perfettamente intatto? Per fortuna arrivò in mio soccorso Sergio, un gentilissimo ed appassionato membro della sovrintendenza, che risolse tutti i miei dubbi e rese ancora più movimentata la mia visita. Sergio mi raccontò che in epoca medievale i contadini puteolani sfruttarono la fertile terra che si era accumulata all’interno dell’anfiteatro per coltivare la vite. Nel frattempo, per terremoti e bradisismi, le colonne del matroneo erano crollate nell’arena, intralciando il lavoro operoso dei viticoltori. Questi ultimi non si lasciarono però intimorire dal problema: spinsero le colonne verso la fossa scenica e le fecero rotolare nei sotterranei. Niente di più semplice! 

L’anfiteatro minore

A dirla tutta, Pozzuoli non ha soltanto un anfiteatro, ne ha ben due, situati a poca distanza l’uno dall’altro. Questo di cui abbiamo parlato fino ad ora, l’anfiteatro Flavio, è più grande e più moderno. L’altro è invece più antico e di dimensioni inferiori, e proprio per questo venne affiancato da quello maggiore in età imperiale. Il problema è che l’anfiteatro minore è oggi quasi invisibile. E’ infatti per la maggior parte sotterrato dai palazzi e dalla fermata della linea 2 della metropolitana. Quest’ultima, oltre a nasconderlo alla vista, lo trancia praticamente a metà. 

Tragici errori edilizi a parte, l’anfiteatro Flavio di Pozzuoli è un vero gioiello dell’architettura romana. Ha un grande valore storico-archeologico, vanta dei sotterranei che nessun altro anfiteatro ha conservato così bene ed è davvero suggestivo da visitare! Cosa volete di più?

Claudia Grillo

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