Cerreto Sannita è una città insolita. Già al primo sguardo sono sorprendenti le strade ampie e regolari che separano schiere di palazzi piccoli ed eleganti. Un altro mondo rispetto ai paesi medievali del Sannio caratterizzati da case in pietra, fortificazioni e strade strette e tortuose.

La pianta regolarissima di Cerreto non è un caso, tant’è vero che fu soprannominata “la piccola Torino” nel XVIII secolo: ci fu infatti un disastroso terremoto nel 1688 che rase al suolo l’intero insediamento medievale. Dopo l’evento tragico fu ricostruita una città elegante e a misura d’uomo, realizzando un progetto visionario rimasto identico ancora oggi.

L’architetto che la progettò si ispirò alla pianta della città di Torino, che all’epoca era completamente diversa dall’attuale capoluogo piemontese. Del resto oggi, dando un’occhiata alla città dall’alto, troveremo strade dritte e parallele che sembrano quasi tracciate con un righello.

Cerreto Sannita vista da Google Earth
Cerreto Sannita vista dall’alto

Una piccola Torino con un dettaglio napoletano

Il centro di Cerreto è la piazza di San Martino, intitolata per cent’anni a Vittorio Emanuele II ed oggi tornata al suo nome originale. Fu progettata come il luogo di aggregazione di tutta la comunità e ancora oggi non ha perso la sua funzione centrale. E c’è anche un piccolo dettaglio che che lega questa città con Napoli.

La Fontana dei delfini che che si trova vicino al Palazzo Del Genio, infatti, proviene da Piazza Mercato: fu acquistata da Cerreto Sannita nel 1813 nell’ambito di nuovi lavori per abbellire la piazza principale.

La storia l’abbiamo raccontata qui.

Com’era Cerreto Sannita prima del terremoto?

Per ricostruire le sembianze della città antica bisogna solo affidarsi a testimonianze vaghe e generiche di epoche passate, il che rende il lavoro molto difficile. Il primo a ricostruire una cartina della città è stato Renato Pescitelli, farmacista e storico locale morto nel 2017.

Andando ancora più indietro nel tempo, è certo che prima della città medievale, che fu fondata intorno al IX secolo, ci fosse un insediamento sannita. Lo cita anche Tito Livio nel racconto della II Guerra Punica. E non è un caso allora se, proprio alle spalle di Cerreto, resiste ancora oggi il Ponte di Annibale: leggenda vuole che il condottiero cartaginese abbia attraversato il fiume Titerno proprio grazie al ponte romano, anche se non ci sono certezze storiche.

La città visse epoche tranquille. Durante l’epoca aragonese il territorio fu acquistato dai Carafa, che all’epoca con Diomede erano la famiglia più potente del regno, ed era simile a tanti borghi del Sannio: un paese di medie dimensioni arroccato su un piccolo altopiano con mura e torrioni, di cui è rimasta solamente una torre fatiscente alle porte della città moderna.

Dopo la distruzione di Telese nel XIV secolo, Cerreto Sannita era diventata la città più importante della zona, con un’industria sviluppatissima nella produzione dei panni: era abitata da 9000 persone, cifra da record per i tempi.

Poi il pomeriggio del 5 giugno del 1688 cambiò completamente la Storia. Ci fu un terremoto del XI grado della scala Mercalli che rase al suolo l’intera zona e uccise più della metà degli abitanti.

Cerreto antica torrione
Ultima testimonianza della Cerreto antica

Una ricostruzione modernissima

Alla notizia del terremoto che sconvolse tutta Napoli, i fratelli Marzio e Marino Carafa giunsero immediatamente in città portando cibo, medici e materiali per costruire alloggi di emergenza, adoperandosi in prima persona per recuperare gli ultimi sopravvissuti.

I due temevano la rovina del territorio, così com’era accaduto già in passato a Telesia. Per questa ragione ingaggiarono un architetto napoletano, Giovan Battista Manni, che studiò a fondo il territorio e scelse un piccolo altopiano poco distante dall’antica città medievale, ritenuto ideale per clima, stabilità e prospettive di crescita economica, grazie alle numerose vie d’accesso ai campi.

Il piccolo altopiano vergine che fu scelto dall’architetto fece balzare in mente un’idea avanti anni luce rispetto alla epoca in cui viveva: la nuova città doveva essere un “luogo perfetto” in cui chiunque, ricco o povero, avrebbe vissuto con il giusto spazio. Addirittura si racconta che Manni fece scegliere ai cittadini anche i singoli lotti dove avrebbero costruito le proprie case. Nel frattempo, per assicurare il successo dell’operazione, i fratelli Carafa dissuasero con le buone o con le cattivissime maniere, tutti i cerretani che provavano a ricostruire case sulle macerie dell’antica città.

Pianta della città di Torino
Mappa della città di Torino

Cerreto Sannita fu ricostruita in soli 8 anni

Ma i giovani feudatari non si fermarono qui. Misero in campo anche un certo spirito imprenditoriale, con un’operazione bancaria geniale: Fornirono prestiti a interessi zero (per i primi 3 anni) a tutti coloro che volevano costruire case a Cerreto, in modo da ripopolare immediatamente il paese. Attraverso un contratto, però, i nobili si assicurarono la gestione tutte le attività commerciali del paese. In questo modo avrebbero guadagnato a vita con imposte su osterie, alberghi e altre attività commerciali.
Dalla teoria si passò alla pratica: ci furono molte controversie fra Cerreto Sannita e i Carafa, che presto imposero tassazioni insostenibili. Addirittura nel 1739 fu costretto a intervenire di persona Carlo di Borbone per riuscire a trovare un accordo fra città e feudatari.

Cerreto Sannita pianta originale
Progetto originale della nuova Cerreto Sannita

Orgoglio sannita

La nuova Cerreto Sannita cominciò ad attirare maestranze non solo da Napoli, ma anche dal resto d’Italia: addirittura arrivò un artista da Como. La pubblicità fatta dai Carafa e la fama di “piccola Torino” o “città perfetta” che la precedeva, infatti, attirò numerosi artigiani e piccoli imprenditori dell’epoca che, negli sviluppi seguenti, portarono in città la leggendaria scuola di ceramica.

Dalla rovina assicurata a centro economico moderno del Sannio: una storia di quattro secoli che ancora oggi è raccontata, incredibilmente, negli edifici perfetti.

E non è un caso se l’Istituto Carafa-Giustiniani, la scuola superiore del paese, è stata dedicata ai due personaggi più rappresentativi della città: da un lato l’uomo che l’ha ricostruita, dall’altro l’uomo che l’ha fatta conoscere in tutto il mondo grazie alla sua scuola di ceramica.

-Federico Quagliuolo

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