La storia del teatro italiano è vasta e complessa, oltre agli artisti che si somo esibiti nel corso dei secoli è necessario citare anche gli impresari che hanno gestito tutto e Domenico Barbaja ne è un esempio.
La vita di Domenico Barbaja
Nato a Milano nell’agosto del 1778, di Domenico Barbaja si conosce l’inizio della sua carriera, come cameriere in un caffè della sua città natale.
Solitamente si tende a pensare che siano il genio artistico e il talento a far emergere esponenti nel mondo teatrale o manageriale, tuttavia il caso di Domenico Barbaja conferma il contrario, fu il suo fiuto, la sua dedizione ed il suo carattere pragmatico e lungimirante ad identificarlo come uno dei più grandi organizzatori e finanziatori di esposizioni artistiche.
Infatti gli si attribuisce la nascita del “papà” del cappuccino quando iniziò a servire del caffè con latte.
Questo tipo di bevanda, definita la barbajada, era composta da cioccolato e zucchero, oltre che hai già citati latte e caffè.
La barbajada rimase una bevanda molto in voga fino agli anni ’30 del ‘900 e ci sono testimonianze riguardo Vittorio Emanuele III che la consumava durante la sua colazione.
In poco tempo grazie a questa presunta invenzione, Domenico Barbaja riuscì a passare in pochi anni dal ruolo di garzone a quello di proprietario di “Caffè“.
Conseguentemente con le guerre napoleoniche in Italia riuscì ad incrementare la sua fortuna inventandosi commerciante di munizioni.
Nel 1808, Barbaja riuscì ad ottenere la concessione dei giochi d’azzardo nel teatro La Scala di Milano, acquisendo, oltre che maggiore denaro, anche preziosi contatti con il mondo teatrale che gli valsero la nomina qualche anno più tardi a direttore dei teatri reali a Napoli: Teatro Fiorentini, Teatro Nuovo e il San Carlo.
Quasi in contemporanea alla gestione dei teatri napoletani gli vennero affidati il Kärntnerthortheater e il Theater an der Wien, famosissimi anfiteatri viennesi, dal 1821 al 1828, e l’appalto della Scala di Milano dal 1826 al 1832.
Tra le sue amanti si ricordano Isabella Colbran, divenuta poi compagna di Rossini, artista che lui stesso aveva diretto, e Annamaria Cecconi.
Barbaja morì di apoplessia nella sua villa a Posillipo nel 1841.
Il musicologo Giuseppe Radiciotti dirà di lui:
“Fu, nella sua professione, uomo non comune.
Senza possedere alcuna cognizione di architettura, egli si rivelò improvvisamente un eccellente costruttore…
Senza possedere alcuna cognizione di musica, egli divenne, con virtù di un felicissimo naturale intuito, il più abile e geniale ordinatore di spettacoli del suo tempo, il principe degli impresari, come piacque di chiamarlo ai suoi contemporanei.
Nei trent’anni, circa, della sua carriera professionale, pochi furono in Italia i cantanti ed i compositori di genio, ch’egli non divinò, incoraggiò, protesse.
Tutte le grandi città d’Italia e la stessa Vienna subirono la dittatura lirica di questo impresario”.
Domenico Barbaja a Napoli
Appena traserito a Napoli, Barbaja dovette fare i conti con l’incendio del teatro San Carlo.
Tra mille ipotesi, come quella di una ritorsione per mancato affitto o quella di una lanterna non spenta dopo le prove, fu affidato all’impresario il compito di ricostruire la struttura ed egli promise di farcela in appena nove mesi rendendola più bello di prima.
La promessa fu mantenuta ed il San Carlo ancora oggi è il teatro d’opera in attività più antico al mondo.
Fra le sue intuizioni vi fu quella di accaparrarsi anni le prestazioni di un giovanissimo Rossini e molte delle sue opere furono rappresentate nel teatro napoletano.
I rapporti fra i due si incrinarono quando Rossini sposò Isabella Colbran, che per lungo tempo aveva avuto una frequentazione con Domenico Barbaja, tuttavia il legame tra l’impresario e l’artista non si dissolse mai del tutto.
Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti e il già citato Gioacchino Rossini sono stati solo alcuni dei talenti che Barbaja scoprì e fece emergere.
Grazie alla sua fama e alla sua fortuna fu soprannominato “Viceré di Napoli” e “principe degli impresari“.
Fonti:
Philip Eisenbeiss, Domenico Barbaja: il padrino del belcanto