“Voglio piangere, Dios santo. Viva el fútbol. Barrilete Cosmico, da che pianeta sei venuto? Perchè il paese sia un pugno chiuso, gridando per l’Argentina? Grazie Dio, per il fútbol, per Diego Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2-Inghilterra 0.”

Queste sono le parole di Victor Hugo Morales durante la sua telecronaca di Argentina-Inghilterra nei mondiali del 1986 in Messico.

Quello appena descritto dal cronista è definito “Il Gol del Secolo“: Diego Maradona corre, assalito da due avversari inglesi, tenendo il pallone tra i piedi, li supera in velocità, entra in area di rigore dove viene chiuso dai difensori, birilli per il suo talento.

Continua la sua galoppata verso la porta, viene messo giù ma riesce a segnare, si rialza ed esulta. Tutti i compagni di squadra gridano con lui, tutto lo stadio.

Tutta Napoli.

Tutto ciò che accade nei secondi che portano al gol è esattamente la parabola della vita di Diego Maradona, il Dios Umano.

Diego Maradona rappresentato dall’artista napoletano Jorit a San Giovanni a Teduccio

Diego Maradona e Napoli

Se ancora oggi esiste un profondo amore per il calcio, lo si deve alle cose impossibili che questo sport sa reagalare ai suoi tifosi.

Il “calcio dei nostri padri”, il più amato ed affascinante ancora oggi è esattamente questo, il concretizzarsi di sogni.

Il presidente del Napoli, Corrado Ferlaino, dopo un dodicesimo posto in campionato vola a Barcellona, vuole acquistare, pur non avendo liquidità in quel momento, il talento argentino di 23 anni che vive in maniera conflittuale la sua permanenza in Spagna e con i colori blaugrana.

Dopo una lunga trattativa, il 4 luglio 1984 sessantamila tifosi azzurri erano allo stadio per la presentazione del fenomeno: “Buona sera napolitani“, furono le prime parole del Pibe de Oro.

Da sempre chiaro e preciso nelle sue risposte, Diego Maradona non fece mai mistero del suo obiettivo principale:

“Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires.”.

Due campionati italiani, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa UEFA siglarono amore eterno tra Maradona e i suoi tifosi.

Il sentimento, sempre corrisposto, superò totalmente i limiti non solo del calcio e dello Sport, Diego Maradona divenne il simbolo di Napoli come Totò, i De Filippo, Troisi o Castel dell’Ovo.

Persino Luciano De Crescenzo in “Così parlò Bellavista” scrisse (e recitò) un qualcosa che solo un napoletano può pensare, che è a metà tra paganesimo e fede:

“San Genna’, non ti crucciare. Tu lo sai, ti voglio bene, ma ‘na finta ‘e Maradona squaglie ‘o sang rint’ ‘e vene!”

Rappresentato come una figura tra l’uomo e il Divino, Diego Maradona per certi versi è stato Napoli.

La sua versione “umana“, fallibile, limitata, talvolta istintiva, è probabilmente la parte che più colpisce la sensibilità degli amanti del gioco.

È la componente più forte di un ragazzo che a Buenos Aires era cresciuto in estrema povertà, in contesti difficili, ma, come con il gol contro l’Inghilterra, senza rendersene conto, era capace di rialzarsi.

Quel ragazzo, diventato uomo, di corporatura piccola ma possente dai capelli folti, neri e ricci aveva, in 90 minuti a settimana, incantato tutti.

Sulla dimensione divina del suo talento cristallino non ci sono commenti e discussioni.

Arrigo Sacchi, l’allenatore più vincente del mondo proprio durante gli anni della permanenza di Diego Maradona in Serie A, in maniera laconica e senza fronzoli aiuta a far comprendere la dimensione e la statura del campione argentino:

“Giocare contro Maradona è come giocare contro il tempo perché sai che, prima o poi, o segnerà o farà segnare.”

Se in forma umana dunque esaltava quella parte della città di Napoli che non si rassegnava ad essere etichettata come “città della camorra”, costretta a subire cori e insulti a sfondo razziale, in forma divina era il collante.

“Essendo a Napoli lo sport una fede ed il Napoli una religione, Maradona ne è il profeta”

Tifosi di tutti i quartieri tradivano le loro squadre del cuore per vedere quel genio per il quale un fazzoletto di terreno era più di un latifondo. Alcuni lo confusero con Dio, e quando sei poco più che un bambino non hai motivo di mettere in dubbio l’opinione dei grandi.

Jorge Valdano

Solo Napoli avrebbe potuto ospitare Maradona, quale altre città al mondo avrebbe potuto rappresentare il genio e la sregolatezza, la magnificenza artistica e i sobborghi pieni della povertà dell’epoca.

La leggenda di Diego si alimenta ogni giorno, anche quando su un cortile i ragazzini che giocano fra loro continueranno ad urlarsi “Passala, non sei mica Maradona!“.

Fonti:

Napoli, è il giorno di “Re” Maradona: come nel 1984

Trent’anni fa Maradona al Napoli, cronaca di un trasferimento storico

Il mito di Maradona raccontato dal «suo» telecronista, Victor Hugo Morales

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