La grotta di Maria Cristina, nascosta in una delle tante deviazioni dei vialoni del Bosco di Capodimonte, è uno di quei classici luoghi apparentemente muti delle città che, grazie alla fantasia di chi li frequenta, assumono un’anima.

Ci sono infatti decine di leggende, storie d’amore, fantasmi e altre fantasie metropolitane che i giovani esploratori raccontavano, dando un fascino incredibile a un luogo che di storia, in realtà, non ne aveva.

In origine infatti era una delle tantissime cave di tufo che caratterizzano i valloni di Colli Aminei e Capodimonte (come la città, d’altronde) ma, data la sua presenza peculiare all’interno del Bosco di Capodimonte, presto cominciò a diventare protagonista di racconti ideati da audaci ragazzini in cerca di avventure.

Una storia che ci ricorda molto da vicino Vico Pensiero.

Grotta di Maria Cristina
La grotta di Maria Cristina

Maria Cristina, la regina sfortunata

Secondo le leggende popolari la grotta di Maria Cristina di Savoia è legata ad un episodio della vita della sfortunata moglie di Ferdinando II, madre dell’ultimo re di Napoli, Francesco II.

Quando la regina frequentava la Reggia e il Real Bosco di Capodimonte la grotta sicuramente era identica a come la conosciamo oggi, magari con qualche frana in meno.
Le leggende riferiscono che la regina, nominata poi santa, amava ritirarsi in una misteriosa zona isolata del Bosco per trovare l’ispirazione per passare del tempo sola a pregare. Altri, più malignamente, parlano di ritrovo degli amanti della donna, cosa abbastanza improbabile in quanto la moglie di Ferdinando II fu molto fedele, dal carattere mite e profondamente affezionata al marito.

Anche i dettagli della grotta, che impressionavano i giovani esploratori urbani, alcuni di questi magari diventati gli urbex moderni, suggerivano visioni antiche: c’erano nicchie lungo le pareti, probabilmente create dagli operai mentre scavavano il tufo, oppure create durante i numerosi lavori di abbellimento dei giardini di Capodimonte con finti reperti romani, una moda particolarmente in voga fra XVIII e XIX secolo.

Maria Cristina di Savoia
un ritratto di Maria Cristina di Savoia

La grotta di Maria Cristina nelle leggende popolari

Negli anni ’70 era facile incontrare gruppi di giovani avventurieri che, dopo aver fatto filone al liceo, si avventuravano
Da bravi aspiranti Indiana Jones, le indicazioni per vedersi “alla grotta” erano un segreto di Pulcinella fra i giovani: “primo viale a destra, vai avanti e poi gira in fondo a destra. Attento al buco“.
Il buco, in realtà, non era un ingresso per la grotta di Maria Cristina, ma un vero e proprio buco profondo dove molte persone si facevano male. Ben differente era l’ingresso vero: dopo un percorso stretto e ripido, pieno di muschio quando pioveva. si giungeva in un piccolo spiazzo con un muro adornato da numerose nicchie. Era difficile scendere in sicurezza con il terreno bagnato ed era frequente farsi male con cadute improvvise.

All’interno della grotta di Maria Cristina non c’era niente di storicamente rilevante e questo l’ha sempre resa poco attraente per storici e speleologi che, sul finire del ‘900, erano ormai alla disperata ricerca di obiettivi ben più prestigiosi, fra gli ultimi ipogei greci. i resti dell’Acquedotto del Serino e la leggendaria Accademia dei Segreti dei Della Porta. Per i ragazzi dell’epoca, però, visitare quella cava era un’esperienza più elettrizzante dell’esplorazione di una tomba egizia.

E di tomba egizia si potrebbe parlare per davvero, se dessimo credito alle tantissime leggende che riguardano i fantasmi che frequentavano la grotta nelle fantasie del passato: dalla stessa Maria Cristina a fantasiosi amanti morti, senza dimenticare anime dannate di bambini fantasma, diavoli ed entità varie che frequentavano quella cavità a vario titolo. Ogni gruppo di ragazzi aveva la sua storia di fantasia.

cancello grotta maria cristina
il cancello della grotta di Maria Cristina

Dai fantasmi ai morti reali

Con l’audacia e l’incoscienza della prima adolescenza, spesso si corrono tanti pericoli gravi senza nemmeno accorgersene. Almeno finché, per fatalità, la tragedia accade davvero. Negli anni ’80 e ’90 si sono susseguiti diversi episodi tragici di cronaca, con due persone che morirono nella grotta. L’ultima nel 1995, aveva solo 13 anni. Poi, nel periodo di degrado del Bosco di Capodimonte, la Grotta di Maria Cristina diventò anche un luogo perfetto per drogarsi. Alcuni riferiscono anche di riti voodoo e messe nere ma, si sa, quando le voci corrono è facile che si ingigantiscano.

Era davvero troppo: dinanzi a un luogo dal basso valore storico fuori dai canonici itinerari turistici, l’unica soluzione era mettere muri e cancelli, un po’ come accadde alla Salita Scudillo. Fu questo l’ultimo atto di una storia riassunta nell’enorme cancellata verde, preceduta da tre sbarramenti con altrettanti segnali di non oltrepassare.

Ed oggi la grotta che ispirò fantasie e paure di un’intera generazione di nati nel dopoguerra è un cancello verde che ispira tanti ricordi e nostalgie di epoche antiche.

-Federico Quagliuolo

Fonti:
Museo di Capodimonte
Racconti di Gianluigi, un “giovane esploratore” della grotta negli anni ’60, ed altri testimoni dell’epoca.

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