Se tutta Napoli è più o meno un luogo di culto in cui si venera in varie forme il compianto Diego Armando Maradona, ai Quartieri Spagnoli c’è proprio “Piazzetta Maradona”, un posto in cui la venerazione del Dio del pallone mette d’accordo calcio e religione sin dal 1990, attirando turisti da ogni parte del mondo e con ogni fede calcistica.
Dopo la morte del giocatore più forte di sempre, potremmo dire che Napoli si è divisa in tre santuari per venerare il suo simbolo più amato: il murales di Jorit a San Giovanni a Teduccio, lo Stadio San Paolo, che poco dopo è stato rinominato, e appunto “Piazzetta Maradona”, che già aveva assunto questo nome presso il popolo e attende di diventare ufficiale nella toponomastica cittadina.
Ancora oggi è un luogo di visita obbligato per giocatori, dirigenti ed ex atleti di ogni fede sportiva che si recano ai Quartieri Spagnoli a porgere omaggio alla memoria del Pibe de Oro proprio sotto il suo murales.
Tutto cominciò nel 1990
Prima dell’aprile del 1990, questo piccolo slargo fra Via Emanuele De Deo e Via Concordia era un luogo anonimo, il classico ricovero di automobili. Poi arrivò il miracolo del secondo e ultimo scudetto del Napoli. E con il successo sportivo il popolo dei Quartieri tornò in strada ancora più festoso di quel 10 maggio 1986, riempiendo di nuovo l’intero quartiere con scritte e disegni ancora oggi sopravvissuti.
Proprio qui sorse un gigantesco murales del Numero 10, con la chioma azzurra degna di Sonic the Hedgehog e con la posa in corsa. Fu un’opera d’arte spontanea che nacque sulla facciata civico 60 che, appunto, affaccia sull’attuale Piazzetta Maradona. Non bisogna meravigliarsi di un movimento così pazzo: tutta la città fu completamente colorata d’azzurro fra il 1986 e il 1990 e ancora oggi ci sono numerose testimonianze in giro per Napoli.
L’autore del primo murales fu Mario Filardi, un residente, che lavorò incessantemente per creare un’opera d’arte alta 10 metri, che diventò la caratteristica della zona e, piano piano, fece crescere un piccolo santuario di sciarpe, palloni e altri ricordi più o meno antichi del calcio Napoli che si accumularono negli anni sulle pareti della piazzetta.
Piazzetta Maradona, un luogo di culto
Era il 2016 quando il murales di Piazzetta Maradona ai Quartieri Spagnoli tornò sulla ribalta della cronaca locale. Dall’ultimo scudetto erano ormai passati 26 anni e il tempo, crudelissimo, mostrava tutti i segni sulla vernice resistita a piogge acide, smog e incuria: la maglia del Napoli si era scolorita fino a diventare bianca, mentre la capigliatura di Maradona aveva solo qualche ultimo riflesso del blu della chioma. Fu così che Salvatore Iodice, residente storico dei Quartieri e patron di Miniera, decise di restaurare il murales, spinto da una raccolta fondi pubblica che volò sulle ali dell’amore verso il quartiere e sulle ali dell’entusiasmo sportivo.
Erano i primi anni di Higuain, Callejon, Reina, Albiol e Mertens al Napoli, giunti in pompa magna grazie al carisma di Rafa Benitez. La squadra, che usciva dalla precedente gestione con uno scudetto sfiorato al 2° posto in classifica, aveva acceso gli animi dei tifosi più che mai, nonostante la deludente stagione del 2015-2016. La voglia di rivivere quel sogno di fine anni ’80, però, era nell’aria. E se non fosse stato per quel trionfo strappato nel 2018, oggi avremmo fra le mani chissà quali immagini di festa sotto i piedi di Diego.
Lo scudetto, insomma, non arrivò. Ma il restauro fu un vero e proprio squillo di tromba per la moda della Street Art ai Quartieri Spagnoli. Di lì a poco l’argentino Bosoletti avrebbe infatti creato la sua straordinaria Iside sul palazzo di fronte al Maradona. Decise inoltre anche di ridipingere il volto del Pibe de Oro, che originariamente era assente. D’altronde, fra argentini era quasi un debito d’onore. Subito dopo arrivarono ancora altri artisti e l’intero largo fu rapidamente ridipinto.
Sulla storia del restauro di Salvatore Iodice è stato girato anche un documentario.
I “santi” napoletani: una storia d’amore verso chi ha amato la città
Sempre nei Quartieri è nato nel 2018 anche il Vico Totò, un altro luogo completamente votato alla venerazione di un altro “santo laico” della città: questa presenza notevole di luoghi di culto di alcuni personaggi famosi nella cultura popolare spiega bene la tendenza napoletana del creare idoli fra tutti quelli che hanno portato lustro alla città.
Attorno a Piazzetta Maradona, dopo lo “start” di Iodice e Bosoletti nel 2016, cominciò infatti una nascita sregolata, pazza e creativa di omaggi ai volti della napoletanità, da Troisi a Pino Daniele: oggi siamo investiti da un festival di colori e disegni che hanno dato vita e storie da raccontare ad ogni angolo della piazza: dalla porta dedicata a Marek Hamsik, forse il capitano più amato dopo l’epoca d’oro del Napoli, al disegno dedicato a Palazzo Donn’Anna, per portare il mare anche dentro i Quartieri.
Per non farsi mancare nulla, lontano dallo sguardo divino di Maradona, c’è anche in un angolo un graffito dedicato a Higuain che, dall’odore di santità toccato con le sue stagioni da record, con il suo passaggio alla Juventus riuscì a trasformare l’amore nell’odio più profondo.
Piazzetta Maradona riassume perfettamente tutti gli eccessi del carattere napoletano: un ammasso disordinato e travolgente di colori, personaggi, testimonianze, idoli vivi e morti, con l’aggiunta dell‘indicazione di “falsi idoli” da tener lontani, come un avvertimento per i posteri.
Tutto è nato spontaneamente, come se i singoli cittadini fossero stati inconsapevolmente mossi da un’intelligenza collettiva: non esiste luogo migliore per dimostrare, meglio di ogni altro giro di parole, il senso di devozione di una città intera verso chi l’ha amata e l’ha resa grande nel mondo.
-Federico Quagliuolo