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Quando visitiamo una chiesa può capitare che il nostro sguardo si posi sulle tantissime memorie funerarie conservate in questi edifici. Concentriamoci allora sulle tombe medievali di San Domenico Maggiore: rimarremo stupiti dall’incredibile capacità di raccontare le storie delle persone a cui appartengono, delle loro famiglie e della società in cui vissero.

Tomba figlio re carlo d'angiò San Domenico Maggiore
Una tomba angioina, dei figli di Re Carlo d’Angiò

L’importanza delle tombe medievali di San Domenico Maggiore

Agli inizi del Trecento possedere una cappella o una sepoltura all’interno di una chiesa, soprattutto se officiata dagli ordini mendicanti, aveva una grande importanza perché significava poter dimostrare l’antica posizione di prestigio della famiglia o anche di una rapida ascesa sociale.
La basilica di San Domenico Maggiore dalla fine del Duecento era diventata molto importante grazie alla presenza appunto dell’ordine domenicano e di san Tommaso d’Aquino che qui come sappiamo soggiornò e insegnò; per questo fu scelta come sede di riferimento dalle famiglie nobili del Seggio di Nido, uno dei seggi più antichi della città insieme al Seggio di Capuana.

A partire dal XII secolo avevano iniziato a formarsi grandi gruppi familiari come quello dei Caracciolo, dei Capece, dei Brancaccio e altri scomparsi per motivi a noi oscuri, come i Morfisa, i fondatori della chiesa annessa a San Domenico. Queste famiglie miravano ad allargare il proprio nucleo familiare e a creare legami di parentela con famiglie della stessa posizione sociale attraverso i matrimoni. Il legame familiare che si formava diventava vincolante anche per la scelta del luogo di sepoltura, in quanto segno concreto e visibile di una precisa collocazione nella realtà sociale.

tombe medievali di San Domenico Maggiore
Una delle tombe medievali di San Domenico Maggiore

Un grande intreccio di poteri e famiglie

Facevano parte del Seggio di Nido i Brancaccio che avevano il patronato della Cappella di Santa Maria Maddalena, dove sono ancora sepolti alcuni membri della famiglia: nella parete di sinistra vediamo le lapidi di Tommaso Brancaccio (m. 1345) e di suo figlio Boffolo (m. 1332), di Giovannella di Montesorio (m. 1400) moglie di Martuccio Brancaccio e quella di Errico Brancaccio (m. 1406) loro genito. Sulla parete di destra il sepolcro di Bartolomeo Brancaccio (m. 1341) arcivescovo di Trani. La famiglia Dentice apparteneva allo stesso seggio e nella loro cappella di patronato troviamo i sepolcri di Costanza Dentice (m. 1334), di Ludovico Dentice (m. 1348) e Dialta Firrao (m. 1338) sua moglie, e di Ranuccio Dentice (m. 1348).

Non potevano mancare i membri della famiglia d’Aquino, con il famoso monumento della contessa Giovanna d’Aquino (m. 1343) e prima di accedere alla sacrestia il monumento di Cristofaro (m. 1342) e Tommaso d’Aquino (m.1357).

E ancora, nella Cappella di San Giovanni Evangelista si trova il monumento di Antonio Carafa detto Malizia, quello che oggi chiameremo l’uomo politico per eccellenza, colui che nel 1420 organizzò l’adozione di Alfonso V d’Aragona da parte di Giovanna II d’Angiò Durazzo, divenendo il responsabile dell’arrivo degli aragonesi a Napoli.

In San Michele Arcangelo a Morfisa, nella Cappella di San Domenico troviamo la cassa sepolcrale di Tommaso Brancaccio (m. 1442), le lapidi di Gurello Caracciolo (m.1402) e di Giovannella (m. 1358) moglie di Pietro Caracciolo (m. 1338). Nel pavimento vi è un’altra lapide sepolcrale la cui iscrizione è molto logorata dal tempo e che a mala pena si legge, ma grazie a d’Engenio sappiamo che qui furono sepolti nel XIV secolo due membri della famiglia Brancaccio, figli di Ligorio di Zozo.

Tomba Antonio Malizia Carafa
La tomba di Antonio “Malizia” Carafa

Tra re e sepolture

Anche alcuni membri della dinastia angioina scelsero San Domenico Maggiore come luogo della propria sepoltura, l’abside per essere più precisi. Le loro tombe sono state smantellate nel corso dei secoli e oggi alcune parti di queste sepolture si trovano nell’apparato architettonico della chiesa: in alto a destra dell’altare maggiore vediamo parte del sepolcro di Filippo d’Angiò (m.1332, nel 1850 vi furono rinvenute tutte le ossa del Principe, le quali dimostrano che fosse stato di straordinaria lunghezza), mentre a sinistra quello di Giovanni d’Angiò-Durazzo (m.1335), rispettivamente quartogenito e ottavogenito di Carlo II.

Le strategie sepolcrali messe in atto dalla nobiltà napoletana del Trecento sono dunque molto importanti per analizzare il rapporto tra spazio liturgico e la posizione sociale delle famiglie nella città.

Nel corso dei secoli molte sepolture sono andate perdute, altre sono state smantellate e ricollocate in altri luoghi. Siamo però fortunati nel sapere che la memoria delle tombe medievali di San Domenico Maggiore è ben conservata nelle guide sacre napoletane, grazie alle quali oggi possiamo ricostruire le vicende di intere famiglie protagoniste della storia di Napoli.

-Anna Cozzolino

Simbolo angioino
Facciamoci caso: i gigli angioini sono ovunque!

Per approfondire:
Il sito Nobili Napoletani è il più autorevole fra le fonti online sulla nobiltà locale.

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