Nella parte settentrionale dell’Isola di Capri si erige a guardare solennemente le sponde e l’infinito mare “Villa Lysis”, costruita per volere del poeta e scrittore Francese Jacques d’Adelsward-Fersen, una delle tante personalità che alla fine dell’800 e l’inizio del ‘900 gravitavano intorno al sole di Capri, alla ricerca di una tranquillità nella quale consumare i propri dolori, amori, vizi e ambizioni.
Hans Fersen e Jacques Fersen: da Versailles a Capri con villa Lysis
Jacques Fersen nasce a Parigi nel 1880, discendente di Hans Fersen, il presunto amante della Delfina di Francia Maria Antonietta, ereditò dal suo predecessore l’inclinazione ai tormenti dell’amore, tormenti che affondano le loro radici e nobilitano i propri rami nei miti e nei poemi: come Maria Antonietta, prima della partenza per il servizio militare intonò all’amato conte Fersen i versi di Didone, il successore e poeta Jacques Fersen ordinò la costruzione nel 1905 di villa Lysis, dedicata a Liside, l’efebo protagonista del dialogo di Platone sull’amore e sull’amicizia.
Due tempi, due esponenti della stessa casata che sembrano annullare i secoli che intercorrono tra loro nella continuità del connubio tra amore e dolore. Si dice che Maria Antonietta fosse solita incontrare Fersen all’ombra di un tempio circolare dalle colonne corinzie, chiamato “il tempio dell’Amore” per la presenza di una scultura ambasciatrice di un potente messaggio e significato: Eros, Amore, intaglia con sguardo malizioso il proprio arco nella clava di Ercole, l’arco dell’amore si impadronisce quindi di una potenza inumana, diviene un’arma silenziosa e potente, madre di gran parte dei dolori dell’uomo.
Proprio quell’Eros malizioso e pericoloso fatto realizzare da Maria Antonietta per i suoi incontri amorosi con Hans Fersen, colpirà Jacques Fersen e, quindi, villa Lysis.
Destino vuole che a Villa Lysis ci sia proprio un tempietto circolare in stile neoclassico.
Il poeta, il fanciullo e la villa
A Parigi Fersen si dedicava alla scrittura, alla poesia, alla musica e al disegno, senza precludersi la vita “dissoluta” dei salotti francesi che si addiceva agli intellettuali del suo rango, a maggior ragione se evidentemente esteti. Fersen, in una sintesi lampante, non doveva essere diverso dal nostro Gabriele D’Annunzio e da Oscar Wilde.
Nel 903, tuttavia, il gonfiato perbenismo dell’epoca, cacciatore di pettegolezzi e accuse, fece di Jacques Fersen una sua preda: l’accusa era quella dell’organizzazione di messe nere con degenerazioni sessuali. In realtà quelli che si tenevano nelle dimore di Fersen altro non erano che “audaci ed estetizzanti banchetti”. Il barone fu denunciato, arrestato e privato per cinque anni dei suoi diritti civili, da qui la decisione di rifugiarsi a Capri.
In uno dei punti più remoti di Capri inizia la costruzione del rifugio “Amori et dolori sacrum”, una villa in stile neoclassico e moderno dedicata all’amore e alla fanciullezza. Nel 1905 nasce così Villa Lysis.
Villa Lyisis è un inno a tutto ciò che è bello, sacro e, quindi, fragile, delicato. La villa, che si sviluppa su tre piani ( terra, superiore e seminterrato) ospita tutto ciò che possa evocare la fanciullezza e la nascita di un puerile amore, dalla vegetazione alla lavorazione dei marmi e dei stucchi: boschi di mirto, cipressi, alloro, ortensie, narcisi, camelie, colonne corinzie con tessere d’oro, vetrate policrome. Una dimensione fiabesca, idillica.
Roger Peyferitte, nel suo libro “L’esule di Capri” non solo descrive in modo minuzioso i piani della dimora, ma anche la sua essenza, la stessa che avvolgeva le vite dell’alta nobiltà del tempo: figure perturbanti, spesso protagoniste di una vita dissoluta, leggera agli occhi ma con macigni sui cuori. Non a caso Villa Lysis era frequentata da personalità come Luisa Casati ( la donna delle passeggiate notturne, seminuda e al seguito di levrieri), Hans Paule e la poetessa Ada Negri.
Celebre a villa Lysis è la camera “Opiarium”, una stanza completamente arredata con mobili e oggetti orientaleggianti, argenteria contenente il miglior oppio del tempo e una collezione di pipe, appartenuta ad un imperatore. È qui che Jacques si rifugiava per proiettare i propri sogni sulle nubi di incenso e di rose e di altre essenze che “impregnavano l’aria e davano il capogiro” stando alle parole di Ada Negri.
Ma un luogo sacro all’amore non è tale senza qualcuno da amare: è così che di ritorno da un viaggio il barone incontra a Roma Nino Cesarini, un giovane che vendeva i giornali in Via Veneto. Fersen resta del tutto affascinato dai lineamenti e dai modi di quello che allora era solo un quattordicenne e, per altro, orfano e con ristrettezze economiche, per cui il barone non riscontra difficoltà nel portarlo a Villa Lysis dove darà inizio al culto dell’efebo Nino, istruendo il ragazzo e indirizzandolo alla vita dell’esteta.
A Nino Cesarini, Fersen dedica una moltitudine di statue che ritraggono il ragazzo stesso nelle vesti di una divinità al pari di Venere. Vengono chiamati a ritrarre Nino Cesarini i più celebri artisti, fotografi, scultori e pittori del tempo.
Tutto, in quella villa, ruotava intorno al mito e il rapporto tra Nino e Fersen non era diverso da quello che per consuetudine intrattenevano gli eroi e i personaggi mitici greci: l’amore carnale o contemplativo tra un uomo e un fanciullo. È ancora Ada Negri a descriverci Nino, una divinità per Fersen, che aveva il suo tempio in Villa Lyisis:
” Tutto troppo bello, compreso Nino, il segretario dal profilo di medaglia, con lo sguardo di chi ha occhi troppo lunghi, troppo neri e sormontati da sopracciglia troppo basse; ed il suo padrone, gentiluomo di gran razza, cortese, dall’altera eleganza, che parlava il più perfetto francese e leggeva versi come nessun altro.”
Amori et dolori sacrum: villa Lysis consacrata all’amore e al dolore
Villa Lysis è un nomen omen, un nome che è un presagio, un destino che una personalità tendente al bello e alla sua fragilità, alla sua decadenza come Fersen aveva intuito, ma contemporaneamente dimenticato tra le nubi di oppio che avvolgevano gli occhi del barone diretti verso Nino.
A causa del servizio militare con l’arrivo della guerra Nino parte. È in questo momento che il dolore inizia a rivendicare la sua sacralità: il barone solo, depresso e con la mente completamente annebbiata dalle droghe, si aggira come un fantasma tra le stanze di villa Lysis, la vegetazione inizia ad appassirsi i, le statue diventano ombre nell’incolto, le vetrate policrome e le tessere d’oro incastonate nelle scanalature delle colonne non hanno alcuna luce da riflettere.
Nino torna dalla guerra, ma non è più lo stesso fanciullo, bensì un uomo maturo disposto ad offrire solo un’autentica amicizia. Trova adempimento il connubio tra amore e dolore, Fersen di rende conto della fragilità e del velo illusorio che avvolge il bello, della fugacità delle vite mortali che profumano d’ambrosia, il nutrimento degli dei.
Il 3 novembre del 1923 Fersen muore in seguito ad una crisi cardiaca a causa di una dose massiccia di oppio. Quella notte Capri fu colpita da un violento temporale e villa Lysis si spense con il suo padrone, come una rosa appassita sotto una possente pioggia.
La villa fu ceduta a Nino che, dopo averla affittata, la cedette alla sorella di Fersen e quindi ereditata da sua figlia, nipote del barone. Villa Lysis risentì della morte di quell’amore fino al 1990, si trovava infatti in pessime condizioni, lo stato delle cose cambiò con l’impegno e con il lavoro di restauro della fondazione Lysis e del Comune di Capri grazie ai quali dall’inizio degli anni Duemila la villa è visitabile.
Le ceneri di Fersen riposano al cimitero acattolico di Capri, Nino morì lontano da Capri nel 1943.
-Francesco Lomasto
Bibliografia:
–testi di Ada Negri; “L’esule di Capri”, Roger Peyferitte;
Leave a Reply