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La tomba di Roberto d’Angiò presso la basilica di santa Chiara rappresenta, nonostante i profondi danni subiti, uno dei monumenti bassomedievali più importanti d’Italia e d’Europa. La sua ubicazione, centrale all’interno della chiesa, permette una impattante visione del monumento sepolcrale appena si entra all’interno del complesso sacro. Santa Chiara, forse il lascito architettonico più importante della dinastia angioina all’interno del tessuto urbano di Napoli, si configura come pantheon e monumento ideologico della dinastia, dove buona parte di essa e dei suoi maggiori funzionari trovarono il loro ultimo riposo, specialmente sotto il regno di Roberto il saggio.

La tomba di Roberto d’Angiò va a configurarsi quindi come apogeo artistico e ideologico dell’autorappresentazione funebre della dinastia. Ad essa può essere paragonata, per sfarzo e monumentalità, solo la tomba di Ladislao di Durazzo, costruita quasi un secolo dopo.

la tomba di Roberto d'Angiò
Visuale della tomba di Roberto d’Angiò presso santa Chiara

L’ideologia funebre e l’autorappresentazione monarchica nella tomba di Roberto d’Angiò

La tomba di Roberto d’Angiò, realizzata nell’arco di quasi tre anni dagli artisti fiorentini Pacio e Giovanni Bertini, è forse il monumento funebre medievale più grande d’Italia, superando prima degli interventi del XVIII secolo, i 15 metri di altezza. L’imponenza del monumento risulta impattante ancora oggi, nonostante i danni subiti durante l’ultimo conflitto mondiale.

Il monumento risulta composto da cinque contesti rappre3sentativi principali, la cui composizione artistica riflette chiari motivi ideologici e autorappresentativi: La base, il sarcofago, la camera funebre, la scultura del re intronizzato ed infine, sulla sommità dell’opera, la commendatio animae, la rappresentazione dell’ascesa dell’anima del defunto al regno dei cieli tramite vari motivi allegorici. Prima dei rifacimenti del XVIII secolo la tomba era sormontata da una statua dell’arcangelo san Michele, dal valore simbolico forse duplice. Come simbolo della dinastia o come rappresentazione iconografica tesa a completare la sopracitata commendatio animae.

foto della tomba di Roberto d’Angiò prima del 43′, innanzi ad essa l’altare barocco

Il primo livello da analizzare risulta essere, ovviamente, la base della tomba a baldacchino. Il sepolcro risulta sorretto dalle sei virtù: le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e dalle due teologali (fede e carità). La presenza delle virtù all’interno delle tombe angioine costituisce una consuetudine trecentesca espressa in vari contesti rappresentativi e da vari maestri. Tuttavia l’utilizzo di tutte le virtù, ritratte nell’atto di sorreggere il corpo di re Roberto, nonché la preminenza data nell’insieme scultoreo alle virtù teologali, costituisce un motivo ideologico atto ad enfatizzare le qualità del monarca, in linea con le raffigurazioni ideali del potere regale tipiche della letteratura umanistico-rinascimentale.

tomba di Roberto d’Angiò: pilastro portante con virtù

Il sarcofago è invece decorato con rappresentazioni realistiche della famiglia angioina: al centro il defunto monarca in abiti regali, di dimensioni maggiori rispetto a tutte le altre figure ad esso vicine. Alla sua destra e sinistra le sue mogli: rispettivamente Sancha di Maiorca, rappresentata con i paramenti regali e Jolanda d’Aragona, ritratta priva delle insegne del potere, essendo dipartita prima del sovrano.

Le figure della corte erano probabilmente distinguibili tramite un apparato simbolico legato anche alla colorazione applicata sui bassorilievi. Tuttavia il tempo non è stato clemente con il sepolcro del re saggio, molti dettagli di queste raffigurazioni, compresa gran parte della loro colorazione, oggi non risulta più visibile. La ricerca dei componenti della famiglia reale nelle immagini scolpite sul sarcofago del sovrano risulta parziale materia di dibattito.

sarcofago e camera funebre della tomba di Roberto d’Angiò

Per quanto concerne invece la camera funebre essa costituisce, sotto molti punti di vista, l’elemento più ideologicamente pregnante dell’intera opera. Il corpo di Roberto, ritratto dormiente, risulta vestito con modesti abiti francescani, non eliminando però dalla rappresentazione gli attributi del potere monarchico. Una ricognizione sul feretro del re angioino avvenuta nel 1959 conferma che il monarca fu seppellito con abiti francescani.

Il francescanesimo aveva un ruolo importantissimo all’interno dell’ideologia angioina: il monachesimo mendicante era una delle maggiori occasioni di manifesto evergetismo per i dinasti dell’epoca, nonché di redistribuzione della ricchezza all’interno del corpo sociale. Inoltre le associazioni ecclesiastiche e monacali, con le messe e le funzioni religiose, potevano perpetrare la memoria del defunto per un tempo indeterminato, memoria che poteva sempre fungere da elemento di forte legittimazione politica e ideologica per i casati gentilizi e le famiglie regnanti.

Sullo sfondo della scena le arti del quadrivio e della filosofia accompagnano il corpo del sovrano. Viene riproposto il motivo propagandistico del “re saggio”, persino in occasione della sua morte. Tale epiteto sopravvisse ai tempi e divenne, grazie anche all’operato e alle considerazioni di molti grandissimi letterati dell’epoca, caratteristica definente della figura storica di Roberto d’Angiò.

camera funebre della tomba di Roberto d’Angiò

Al di sopra della camera funebre del sovrano troviamo una sua rappresentazione statuale più convenzionale: il monarca, ritratto in posizione seduta, risulta vestito con paramenti regali, attorniato da funzionari regi (dipinti sullo sfondo, oggi poco visibili) atti a rendergli omaggio. Una rappresentazione regale più mondana, che quasi ricalca le fattezze della tomba di Carlo I d’Angiò ( quantomeno nei frammenti che siamo capaci di visionare), rispetto a quella relativa alla camera funebre e alla successiva rappresentazione della commendatio animae, parte finale del monumento funebre.

statua di re Roberto nella tomba di Roberto d’Angiò

La commendatio animae (oggi completamente assente nell’opera) vede il sovrano genuflesso innanzi alla figura della Vergine con il bambino. Il gruppo scultoreo simboleggia l’ascensione dell’anima del defunto ai cieli, trascendendo le spoglie mortali in una tensione verso l’alto espressa anche dalla consecutio presente nelle varie scene del monumento funebre.

particolare della commendatio animae nella parte apicale della tomba di Roberto d’Angiò

Il monumento funebre risulta purtroppo estremamente martoriato dai danni inferti durante il secondo conflitto mondiale. Tuttavia, nonostante le fiamme e le bombe, la tomba di Roberto d’Angiò si erge ancora nella chiesa fondata dalla sua dinastia, vittoriosa sulle impervie prove sottoposte dal tempo e dalle contingenze globali. Essa non solo rimane innanzi a noi come monumento di un’epoca passata ma addirittura rivive le sue passate glorie tramite le ricostruzioni dei vari studiosi che sono interessati ad essa, sopravvivendo e perpetrando la memoria della dinastia, così come avrebbe voluto il monarca che vi è inumato.

Silvio Sannino

la tomba di Roberto d’Angiò poco dopo il bombardamento

Bibliografia

Stefano d’Ovidio, Osservazioni sulla struttura e l’iconografia della tomba di re Roberto d’Angiò in Santa Chiara a Napoli in Hortus Artium Medievalium: Journal of the International Research Center for Late Antiquity and Middle Ages. Si consiglia la lettura dell’articolo come uno dei maggiori e più completi studi sulla tomba di Roberto d’Angiò, del quale questo mi contributo non può che riportare un’immagine molto parziale. L’articolo presentava inoltre la maggior parte delle foto d’archivio riutilizzate in questo contenuto di natura divulgativa.

Elena Romano: saggio di iconografia dei reali angioini, Napoli, officina tipografica dei fratelli Bergamo, 1920

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  1. Domenico Ianuale Avatar

    Napoli e’ una citta’ ricca di storia e cultura , io che ero studente proprio nel centro storico , sono sempre stato incurisito
    e desideroroso di conoscere tutte le vicende del passato riguardo la nostra cultura storica e molte opere d’arte sono
    proprio nelle chiese, che dovrebbero essere restaurate perche ‘ stanno in abbandono e la Curia arcivescovile ha bisogno
    di fondi , che bisognerebbe cercare di stanziare per non far perdere la memoria storica del nostro patrimonio culturale,
    storico ed artistico.

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