I Sanfedisti erano dei controrivoluzionari dell’Italia Meridionale, presenti particolarmente a Napoli, i quali iniziarono la loro attività rivoluzionaria alla fine del XVIII secolo. Il periodo nel quale questi movimenti rivoluzionari divennero l’unica speranza di liberazione fu dal 1799 al 1814, quando le truppe napoleoniche conquistarono i territori dei Borbone.
I Sanfedisti, l’esercito della fede
Il termine ‘‘sanfedismo” deriva dall’organizzazione militante per la restaurazione della politica borbonica durante il 1799, quando Napoli e l’Italia furono invase dalle truppe di Napoleone. Il sanfedismo divenne presto un modo per indicare dei movimenti rivoluzionari che sorsero da lì a poco sia durante le conquiste francesi, sia durante la Restaurazione, periodo in cui gli Antichi regimi spodestati da Napoleone fecero ritorno indisturbati, ricadendo negli stessi assolutismi di una volta, dando quindi vita ad una serie di moti e sommosse popolari.
Sanfedisti, esercito liberatore o mercenari senza valori?
La nomea dei sanfedisti non brilla di gesta nobili e valorose, e molte volte ci si è interrogati su quanto fossero realmente intenzionati a liberare la loro patria o soltanto ad eseguire gli ordini del re Borbone. Infatti molti dei partecipanti ai moti erano dei comuni criminali, a cui veniva riconosciuto il ”truglio”, ossia la possibilità di non essere imprigionati, qualora avessero preso servizio militare.
Con questa riforma l’esercito borbonico si espanse a dismisura, portando ai vertici delle sue gerarchie anche uomini di discutibile bontà, come fra’ Diavolo ossia Michele Pezza, il quale divenne addirittura comandante e Antonio Caprara, uno dei briganti più temuti in circolazione.
«Il famoso Fra Diavolo, brigante fuoriuscito, omicidario imbastaro di professione, che davasi titolo di generale, avendo come capo di briganti un tale Antonio Capraro, alias senza culo, uomo villano ignorante, mulattiere e facchino di professione e si intitolava comandante»
Nipote del Cardinale Borgia
Lungo le loro battaglie, i Sanfedisti portarono con loro una lunga scia di sangue e saccheggi, come a Crotone, nella Rivoluzione di Altamura e in Senigallia.
Il celebre canto dei Sanfedisti
Uno dei lasciti più importanti del moto rivoluzionario è il celebre ”canto dei Sanfedisti”. Il testo è ricco di espressioni intellettuali, metafore, parole ricercate, questo dimostra quanto l’impegno nella rivoluzione non sia stato solo un modo per tenere impegnati i violenti e sfruttarli, ma la rivoluzione colpì ogni strato della società.
Bibliografia
Camillo De Nicola, Diario Napoletano
Alexandre Dumas,Il Corricolo, Colonnese editore, Napoli, 2004
Mario Forgione, I Dieci anni che sconvolsero Napoli, Edi, Napoli 1991
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