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Walter Benjamin è stato uno dei filosofi più influenti di tutto il Novecento e ha fatto diversi viaggi qui, nella nostra Napoli, che lo ha suggestionato al punto da dedicarle un libro, la sua Napoli Porosa.

Walter Benjamin: chi era il filosofo saggista?

Walter Benjamin si configura come uno dei filosofi che ha influenzato maggiormente gli studi sul cinema e sulle avanguardie artistiche. Con il suo saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica introduce a pieno titolo la discussione riguardo il cinema come discorso  artistico filosofico interrogandosi sulla valenza artistica del cinema stesso espressa autonomamente, senza il bisogno di  assomigliare alle altre arti.

Walter Benjamin

Walter Benjamin nasce il 15 luglio del 1892 a Berlino da una famiglia di origine ebraica. Dedicando la sua vista agli studi filosofici e mistici riesce a laurearsi in filosofia con “somma lode”, ma allo scoppio delle prime violenze da parte della SS tedesca è costretto a scappare via partendo per Parigi.

Qui si rende partecipe dei salotti intellettuali e della capitale dell’arte, ma la furia nazista lo raggiunge durante l’occupazione di Parigi. Walter Benjamin decide così di spostarsi verso la Spagna e qui, in attesa del visto per imbarcarsi verso le Americhe. Preso dal panico di essere arrestato e scoperto dalla polizia spagnola, si suicida con una grande dose di morfina.

Per un orribile scherzo del destino, il visto tanto atteso arriva proprio il pomeriggio dopo la sua morte. I compagni pagano una piccola tomba in cui seppellirlo però solo per 5 anni. Il corpo viene poi gettato in una fossa comune e ciò ha reso impossibile la sua identificazione.

walter benjamin

Napoli Porosa, Benjamin aveva previsto tutto

Durante uno dei soggiorni a Napoli nel 1924, in particolare a Capri, in compagnia di Asya Lacis, attrice e drammaturga, Walter Benjamin scrive Napoli Porosa

Con il suo testo, l’autore affronta e descrive Napoli analizzando degli aspetti molto interessanti che sembrano essere tanti punti delineati nella storia di Napoli. Walter Benjamin affronta l’architettura della città utilizzando un linguaggio letterario che da molti è stato considerato come montaggio filmico anticipando così la linea Neorealista dei film, che dopo il secondo conflitto Mondiale, si produrranno a Napoli.

Infatti spesso la nostra città è stata meta di grandi registi, Pasolini, Rossellini, De Sica, tutti si sono basati sul territorio che rileva una bellezza paesaggistiche che si prestava alle vedute del filosofo e dei cineasti.

Benjamin descrive una paesaggio selvaggio, crateri che sputano fumo da ogni dove, distese gialle di tufo, la pietra porosa sulla quale si erge la città.

Una sola linea costiera si estende in pianura, alle cui spalle, invece, gli edifici si affastellano l’uno sopra l’altro. Palazzi di sei sette piani, collegati al suolo da vertiginose scale, sembrano, se paragonati alle ville, veri e propri grattacieli

Questa natura descritta dal filosofo è porosa, dinamica, libera, atomica, vicino a quelle teorie epicuree che tanto spazio avevano trovato in epoca classica con i poeti Lucrezio e Virgilio. Queste teorie descrivono la vita come solo fatta di atomi: la materia stessa è tutta atomica e la morte non è alto che il disfacimento di questi atomi. La fragilità della vita. Allo stesso modo, Benjamin vede questa fragilità nella natura stessa di Napoli, che analogamente si sorregge sul tufo, pietra fragile e porosa, quasi in modo paradossale.

Altro passaggio fondamentale è sullo stato di moto e di quiete dei Napoletani, sul progredirsi, anche in maniera malinconica, dei giorni di festa di questa città fatta di uomini e pietre

Diffusa, porosa, disseminata è la vita privata. […] L’esistenza, che per i nordeuropei è la più intima delle faccende, qui a Napoli diventa un fatto collettivo. La casa per i napoletani non è un asilo in cui si rifugiano gli uomini, ma un serbatoio da cui senza sosta si riversano all’esterno

Una differente riflessione ma emblematica riguarda il rapporto tra il lusso e la povertà che a Napoli si fonde, anche nella costruzione urbana, in cui il popolo si riversa tra le strade occupandole e trasformandole in salotti letterari

Veri e propri laboratori di questo processo di permeazione sono i caffè. La vita, qui dentro, si svolge senza mai ristagnare. Si tratta di spazi scarni e aperti, simili a caffè popolari per operai, tutto il contrario dei caffè viennesi intesi come ristretti circoli letterari della borghesia

In ultima analisi, Walter Benjamin delinea il significato di porosità attribuito alla città, che atomica si lega e si slega in improvvisazioni nuove, in divenire eterno.

Porosità significa non solo, o non tanto, l’indolenza meridionale nell’operare, bensì piuttosto, e soprattutto, l’eterna passione per l’improvvisare

Bilbliografia

Mauro Ponzi, Walter Benjamin e il moderno, Bulzoni, Roma 1993

Giulio Schiavoni, Walter Benjamin: sopravvivere alla cultura, Sellerio, Palermo 1980

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