Vicolo della cultura
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Hai mai sentito parlare del Vicolo della Cultura? Tappa apprezzata da turisti e dai napoletani stessi e parte integrante del cuore di Napoli, si trova in Via Montesilvano, una stradina interna del Rione Sanità, a pochi metri dalla casa in cui viveva Totò. Era un vicoletto molto isolato nel quale si evitava di passare a causa della presenza criminale. La storia e il progetto che si trovano alla base della rinascita di questo quartiere, ci sono state raccontate da Davide D’Errico, fondatore di Opportity, associazione anti-camorra.

Dal riscatto al progetto anti-camorra

Vicolo della cultura
Opportunity nel Vicolo della Cultura – Photo Credits putecacelidonia.it

Davide racconta di aver perso suo nonno, Lucio D’Errico, un imprenditore che si rifiutò di pagare il pizzo ai clan e venne ucciso nella sua azienda. Cresce con l’idea di voler fare qualcosa in memoria di suo nonno e, in generale, per poter combattere il fenomeno della criminalità organizzata. Qualche anno fa l’associazione Opportunity partecipa ad un bando indetto dal comune di Napoli riuscendo ad ottenere la gestione di due beni confiscati alla camorra che si trovano nel viale. Questi locali, essendo chiusi da anni, erano completamente distrutti. Il loro obiettivo è stato restituire gli spazi ai bambini e alla città grazie ad una serie di servizi gratuiti.

I ragazzi di Opportunity danno vita ad una campagna di Crowdfunding e riescono ad ottenere dei fondi dal Banco di Napoli per riuscire a ristrutturare i locali. Per inaugurarli decidono di installare delle opere di Street Art: la prima raffigura Totò, realizzata dall’artista Mario Schiano. Importantissima in quanto lui stesso era un abitante del quartiere, oltre ad essere il volto di Napoli e ha permesso ai ragazzi dell’associazione di guadagnarsi un rapporto con gli attuali abitanti della stradina, i quali la tutelano ormai da cinque anni, soprattutto chi ha avuto dei parenti che hanno conosciuto Totò in persona.

Il Vicolo della Cultura: le innovazioni

Vicolo della cultura
Edicole Votive – Photo Credits putecacelidonia.it

I simboli della cultura partenopea, oltre al creare rapporto e alleanza, capiscono che sono in grado di generare un cambiamento culturale. Non si fermano ai beni confiscati ma avviano una serie di laboratori: corso di teatro, di scenografia, corso di cucito, doposcuola gratuito, servizio civile etc. Successivamente organizzano la prima inaugurazione ed installano altre opere raffiguranti Eduardo De Filippo, Sofia Loren e Massimo Troisi.

La vera innovazione del progetto sono le edicole culturali, adattando l’idea nata trecento anni fa a Napoli delle edicole votive: all’interno di queste installazioni a muro ideate e architettate da Maria Prisco e Jessica Abbate, invece dei santi troveremo libri, frasi sulla città ed i suoi volti, consentendo di donare o prendere libri gratuitamente a chiunque voglia. Le edicole, così come quelle votive da cui hanno preso esempio, si illuminano di notte in modo da rendere più sicuro il viale anche nelle ore buie, invitandoci a comprendere che dalla cultura deriva la luce. Hanno dato vita al primo museo a cielo aperto d’Italia, ridando speranza ai quartieri.

Le edicole votive del Vicolo

Durante il Settecento il problema della scarsa illuminazione nei vicoli di Napoli era già presente e questo favoriva un fenomeno criminale chiamato “la truffa della fune” ( funa ‘e notte): i ladri, posti all’uscita del viale, tendevano una fune non appena un passante si avvicinava, cadeva e puntualmente la borsa veniva rubata. Il re tentò di illuminare la strada con delle lampade ad olio ma anche queste venivano rubate dai ladri della zona. Intervenne un prete, padre Gregorio Maria Rocco (personaggio importante della storia napoletana) e propose al re Carlo III di installare le lampade ad olio d’avanti alla Madonna, supponendo che i ladri non le avrebbero rubate contando sul forte senso di devozione dei napoletani, infatti aveva ragione.

Gli abitanti dei quartieri non solo non le rubavano, addirittura gareggiavano sull’allestimento della Madonna più bella ed è proprio in questa gara che nasce l’edicola votiva. L’idea del parroco rese Napoli la città più illuminata d’Europa e consentì il superamento della Truffa della fune.

Laboratorio culturale: “A voc ‘ro vic”

Oltre tutte queste iniziative gli attivisti, durante l’anno, danno vita ad uno spettacolo: A voc ‘ro vic. Per l’occasione la strada viene chiusa al traffico stradale e sia dai balconi dei beni confiscati che da quelli degli abitanti del viale, si esibiscono musicisti e attori, portando l’arte in una strada dove le persone prima avevano paura di camminare. Alcuni dei bambini coinvolti nel progetto hanno avuto anche la possibilità di recitare in alcuni film, come “Qui rido io” di Martone.

Inoltre i ragazzi di Opportunity hanno recuperato le storie del vicolo e le hanno trasformate in podcast che possiamo ascoltare grazie al codice QR CODE messo sul muro della stradina. Gli aneddoti e i racconti sono narrati dai bambini del territorio e da alcuni personaggi che hanno prestato la loro voce: Marco D’Amore, Lino Guanciale, Giobbe Covatta, Sonia Bergamasco etc.

Il loro sogno è portare questa rivoluzione in tutto il Sud Italia così da dimostrare, afferma Davide, che “la cultura e la bellezza sconfiggono le mafie molto più del rumore delle manette”.

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