Giordano Bruno è stato un filosofo nolano vissuto durante il Cinquecento, conosciuto per essere stato prima torturato e poi ucciso dalla Santa Inquisizione. Non tutti sanno che scrisse anche una commedia, il “Candelaio”, nella quale racconta una Napoli caotica e degradata.
Il “Candelaio”, la commedia che racconta la regalissima Napoli
La commedia fu pubblicata a Parigi nel 1582 . Nel Settecento fu definita “scellerata e infame”, un giudizio legato sicuramente al suo linguaggio osceno e sboccato. Ad un’analisi più attenta dell’opera, però, il linguaggio utilizzato da Bruno ci appare come l’unico linguaggio possibile per rendere la complessità tematica del “Candelaio”.
Bruno riesce, attraverso una minuziosa descrizione della città, a riportarci tra i vicoli e i quartieri napoletani. Un immediato salto sulla scena, ci aggiriamo tra le mura di piazzetta Nilo.
Quella che ci viene presentata è una Napoli in decadenza, messa ai margini della monarchia spagnola. Una città tramontata dopo lo splendore aragonese dove tutto appare guidato da un indomabile caos.
Caotica è la trama, in cui le storie dei tre protagonisti si accavallano e si scontrano. Caotica è la struttura stessa dell’opera (in cinque atti), che rompe con gli schemi della commedia rinascimentale. Complesso è anche il linguaggio, colorito di termini in latino, in toscano ed ovviamente in napoletano, arricchito di numerose metafore.
Un mondo rovesciato in cui i mariuoli si atteggiano a sbirri. Muovendosi tra le viscere di una realtà locale, dando voce a personaggi che sono in tutto Napoletani, Bruno proietta (attraverso vari espedienti narrativi) questa realtà e le sue ferite storiche verso un buio universale.
La regalissima Napoli diventa così espressione di una crisi dell’umanità intera. Un’umanità divisa nell’eterna scissione tra essere e apparire.
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