Napoli è la città del mare, e con essa non possono mancare le leggende sui mostri marini. La leggenda del coccodrillo del Maschio Angioino ce la racconta l’illustre Benedetto Croce che, tra misteri e curiosità, rivela l’anima più nascosta della città partenopea.
Ci troviamo verso la fine del ‘400, l’unico figlio maschio di Alfonso, Ferdinando d’Aragona, si ritrovò a far un incontro molto particolare.
La strana sparizione dei prigionieri del castello
Il Maschio Angioino, rinominato in Castel Nuovo, era ricco di cunicoli e fosse, una di queste era adibita a punizione estrema, ovvero: chi più faceva arrabbiare il sovrano era destinato a cascarci e a rimanerci per lungo tempo. Ma, man mano che i prigionieri cascavano, ci si rendeva sempre più conto della periodica sparizione di questi. I sospetti aumentavano e la teoria più condivisa era quella di una presunta galleria che conducesse i prigionieri alla libertà.
Ma un giorno, mentre l’ennesimo incauto che aveva fatto arrabbiare il sovrano veniva lanciato nella fossa, si sentirono strani rumori ed un grande mostro apparve. La teoria era così in parte giusta, un’uscita segreta dalla fossa c’era, ma nessuno dei prigionieri era mai riuscito ad attraversarla sulle proprie gambe, giacchè il terribile mostro, il tenero bestione, per i più dotti: il coccodrillo, era solito arraffare il bottino e trascinarlo per il cunicolo segreto.
Una creatura simile nelle acque napoletane? Come può esserci arrivato? Il caro Benedetto suppone che l’animale, aggrappato a qualche bastimento sia arrivato dall’Egitto.
La punizione personale di Giovanna II
Ma per i più maliziosi esiste un’altra versione della storia. Si narra che la creatura sia stato portato dall’Egitto per ordine della regina Giovanna II, una donna dai bollenti spiriti che venivano sedati dai suoi numerosi amanti. Un esercito di uomini dal cuore stregato che la donna non esitava a dare in pasto al coccodrillo.
Ma, che sia giunto per volere divino o per volere di vino, che fine ha fatto il coccodrillo?
Che fine ha fatto il coccodrillo del Maschio Angioino?
Ebbene, sempre il caro Benedetto ci fornisce una sua versione della storia: torniamo a Ferrante d’Aragona. Una volta scoperto del coccodrillo ci aveva preso gusto a condannare i prigionieri ad una morte rapida e certa, ma in seguito si rese conte che l’animale sarebbe potuto diventare un pericolo per l’intero castello, così si organizzò una battuta di pesca, ed usando una coscia di cavallo come esca, il coccodrillo abboccò. Una volta ucciso fu impagliato ed esposto fuori al castello.
Nel corso degli anni, il coccodrillo impagliato venne rimosso e conservato chissà dove. I più arditi potrebbero pensare che il coccodrillo esposto al Museo Nazionale sia lo stesso divoratore di prigionieri e amanti, ma ancora una volta Benedetto Croce ci tiene a specificare che l’animale esposto nel museo è di tutt’altra provenienza.
Allora il mistero rimane, tant’è che nel 2004 dagli scavi delle Metropolitana di Piazza Municipio sono stati rinvenuti i resti di un animale e subito si è pensato al coccodrillo della leggenda. Non c’è alcuna prova però che riconduca proprio a lui!
-Roberta Montesano
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