Camminare sulle sponde del lago d’Averno è come immergersi in un mondo parallelo dominato dal silenzio, interrotto di tanto in tanto dal canto delle cicale. La superficie delle acque plumbee ed immote, si increspa solo al soffiare di aliti di vento e rispecchia perfettamente l’azzurro del cielo, duplicando esattamente la sua immagine.
L’atmosfera che si percepisce invece, è carica di mistero tra le ombre della notte, in cui si fa strada il brivido del buio più assoluto, reso meno tetro dai flebili raggi argentei degli astri.
Il lago è sacro ad Apollo, a Demetra, ai Dioscuri, a Zeus Olimpo, a Persefone: i resti di templi lì intorno, conservano nella cupa penombra, l’ eredita delle cose spente. La mitologia inoltre, narra che il lago d’Averno sia la porta d’ ingresso agli inferi, in cui un tempo si scontravano divinità sovrannaturali, esseri mostruosi, fantasmi spettrali, fate e folletti.
Perché il lago d’Averno è chiamato così?
Secondo gli antichi, il lago sarebbe una delle porte di accesso all’Ade, il regno dei morti. Probabilmente perché nessun uccello volava o nidificava nei sui pressi, per via delle forti esalazioni solforose che uccidevano i volatili all’ istante: ecco che il lago d’Averno diventò un lago ”aornòs”, senza uccelli. Ricordiamo infatti che esso è uno dei crateri dei Campi Flegrei, diventato poi specchio d’ acqua e magia.
Il lago d’Averno e la mitologia
Il poeta latino Virgilio in un passo saliente dell’Eneide recita :
“….Vi fu una profonda spelonca ed enorme per il vasto abisso,
rocciosa, protetta da nero algo ed ombre di boschi,
sopra la quale nessun volatile poteva impunemente
volgere il volo con l’ali: tale alito, esalando
da nere bocche, si portava alla volta celeste….”
Giunto finalmente in Italia, a Cuma, Enea si reca nell’antro della Sibilla, profetessa del dio Apollo e custode degli Inferi, alla quale chiede il permesso di scendere nelle profondità dell’Averno, per incontrare il padre Anchise; l’eroe ritornerà sano e salvo solo se riuscirà a recuperare un ramo d’Oro.
Numerosi studi hanno identificato nel vischio il famoso ramo d’Oro che assume una colorazione aurea quando viene reciso e la sua particolare forma ad Y rappresenterebbe un bivio morale: la virtù e il vizio.
Il lago d’Averno e Dante
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Recita Dante nel Canto I dell’ Inferno.
Secondo i più fantasiosi, la “selva oscura” è proprio il bosco che circonda il lago, in cui il sommo poeta si era metaforicamente smarrito alla ricerca della verità in un lungo cammino di redenzione.
Il miraggio della Fata Morgana
La Fata Morgana è uno dei personaggi più equivoci della tradizione letteraria. Secondo alcune fonti era una strega della mitologia bretone e celtica, ma per altre è una scaltra guaritrice. L’ambivalenza della sua figura l’ha resa famosa nei secoli, tanto da divenire ormai colei che aiuta i cavalieri della Tavola Rotonda.
Parrebbe che viva in castelli fluttuanti che si stagliano sulle acque del lago d’ Averno, irraggiungibili dagli uomini, i quali attirati da così tanto sfarzo, si cimenterebbero per raggiungerli, annegando.
Riferimenti:
I vulcani d’acqua- Società Editrice Napoletana
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