È una delle chiese più note di Napoli, eppure sono in pochi a conoscerne i bellissimi interni. La Chiesa di Santa Maria della Sapienza, in Via Costantinopoli, a pochi metri da Piazza Bellini, è chiusa al pubblico da oltre settant’anni, e la storia della sua costruzione, così come quella della sua chiusura, è affascinante, a cominciare dal nome.
Realizzata dall’“archistar” Cosimo Fanzago
Progettata da Giovan Giacomo Conforto, la realizzazione di questo monumentale edificio si deve, tra i tanti, a quello che oggi definiremmo un vero e proprio archistar, Cosimo Fanzago, che realizzerà, poco più tardi, il ben più noto Palazzo Donn’Anna. È a lui che è attribuita la facciata, il cui portico con colonne e scale riecheggia di quella architettura classica, che trova compimento nel frontone sopraelevato nel corpo centrale.
Da collegio a chiesa
Il nome, Sapienza, risale all’originaria funzione di questo edificio, fortemente voluto dal Cardinale Oliviero Carafa, non come chiesa, bensì come collegio per i poveri studenti dove insegnare le scienze e l’educazione cristiana. Per questo istituto il religioso aveva destinato un palazzo di sua proprietà, ma l’iniziativa si esaurì alla sua morte nel 1511.
La contesa alla morte di Oliviero Carafa
Si susseguono una serie di alterne vicende, durante le quali la famiglia del prelato ne pretese e ne ottenne la proprietà: all’interno del Complesso fu istituito il monastero di Santa Maria della Sapienza, che passò di zia in nipote fino alla direzione di Suor Maria Carafa, sorella di Giovan Pietro, arcivescovo di Chieti e futuro papa Paolo IV. È a loro che sono dedicate le due grandi effigi sulla facciata, a memoria di chi ha fortemente voluto questo Complesso e che ha contribuito alla sua costruzione.
Il monumentale monastero domenicano
È in questo periodo infatti che la Sapienza, sotto la regola domenicana, si estende e cresce, inglobando nuovi edifici circostanti che vengono acquistati dalla priora. Il monastero arriva ad occupare un’intera insula, coprendo una superficie di cento metri per lato.
L’importanza di questo luogo è dimostrata dalle maestranze che qui hanno realizzato opere straordinarie: dagli affreschi della cupola di Belisario Corenzio, che aveva lavorato alle più importanti chiese del centro storico della città, alle opere, tra gli altri, di Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro e del fiammingo Hendrick van Somer.
Ma che fine ha fatto oggi il monumentale monastero?
Oggi la politica e le leggi dei Beni Culturali tendono a tutelare il Patrimonio Storico Artistico ma, tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX, la concezione che se ne aveva in merito era ben diversa. Fu così che il 14 settembre 1886, “per decreto di pubblica utilità”, fu ordinata la soppressione del monastero. Le suore furono trasferite nell’odierna Santa Chiara, il Complesso invece fu barbaramente abbattuto per fare spazio alla costruzione delle “cliniche universitarie” (quello che oggi è noto ai più come Policlinico Vecchio). A farlo abbattere fu l’allora Sindaco Luigi Miraglia, cui oggi è, forse paradossalmente, dedicata una piazza proprio dove sorgeva parte dell’originario monastero.
L’opposizione di Benedetto Croce e degli intellettuali del tempo
Ad opporsi a quello che oggi possiamo definire un vero e proprio scempio architettonico e storico-artistico, ci fu anche Benedetto Croce, insieme ad un gruppo di studiosi della storia patria del tempo, collaboratori della prestigiosa rivista Napoli nobilissima che, opponendosi al decreto comunale, riuscirono a salvare soltanto in parte questo importantissimo patrimonio storico-artistico.
Napoli non è stata particolarmente generosa con questo monumentale edificio, la cui memoria storica si è persa, chiudendo definitivamente le porte oltre settant’anni fa e ridotta oggi in uno stato di abbandono e degrado, prigioniera di lavori di restauro che sembrano non avere fine (e nemmeno inizio). In tutti questi anni, infatti, la Sapienza annovera una sola apertura, in occasione di una edizione del Maggio dei Monumenti del 2005. Sulla facciata, tra i due monumentali altorilievi, benedicenti e contemplativi, un motto latino recita Sapientia edificavit sibi domum, ovvero “la Sapienza costruì per sé la casa”. Peccato però che sia (da) sempre chiusa.
Bibliografia
Le chiese di Napoli, Vincenzo Regina – Newton Compton Editori
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