Luciano De Crescenzo è stato un personaggio unico nel panorama culturale italiano. Nato a Napoli nel 1928, ha vissuto una vita ricca di sfumature, passando dall’ingegneria alla filosofia, dalla letteratura al cinema e lasciando un’impronta indelebile in ogni ambito in cui si è cimentato.
Ingegnere per formazione, De Crescenzo abbandona ben presto la carriera in ambito tecnico per dedicarsi alla sua vera passione: raccontare il mondo e la vita con quella saggezza partenopea che solo lui sapeva trasmettere.
Dalla laurea in ingegneria alla “filosofia pop”
La sua notorietà arriva alla fine degli anni ’70 con il libro “Così parlò Bellavista”. Stile diretto, mai pomposo o accademico, parla di filosofia come un vecchio amico al bar, rendendo temi complessi accessibili a tutti. Il suo è un approccio pratico, razionale, fatto di esempi di vita quotidiana e di aneddoti tratti dalle strade di Napoli. Ed è grazie a questo che De Crescenzo riesce a colmare quel divario tra il popolare e l’intellettuale, creando una sorta di “filosofia pop” e facendosi amare da diverse generazioni.
De Crescenzo è anche un grande affabulatore, capace di intrattenere con storie che sembrano uscite da un’altra epoca, ma che risultano sempre sorprendentemente attuali. Protagonista silenziosa delle sue opere è Napoli, un mosaico composto da mille contraddizioni, risate e malinconia, in cui l’autore si muove con leggerezza ma mai con superficialità. Napoli non è solo lo sfondo, ma il cuore pulsante della sua visione.
De Crescenzo autore: da “Così parlò Bellavista” a “Panta Rei”
Nel corso della sua carriera, pubblica oltre 25 libri, tradotti in numerose lingue, con cui raggiunge milioni di lettori in tutto il mondo. Eppure, nonostante il successo, De Crescenzo rimane sempre vicino alla sua gente. Non ama le etichette, né vuole essere considerato un intellettuale nel senso classico del termine. Dice spesso di essere semplicemente “un napoletano curioso“, e questa curiosità lo spinge ad esplorare i grandi interrogativi della vita con l’umanità e l’umorismo che lo contraddistingue.
Come attore e regista, partecipa e dirige film che, ancora oggi, rappresentano una finestra sulla cultura napoletana degli anni ’80 e ’90. Oltre a “Così parlò Bellavista” (1982), dirige anche “Il mistero di Bellavista “(1983), mentre, con Renzo Arbore, partecipa a “FF.SS.” – Cioè: “…che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”
Il suo modo di raccontare, apparentemente scanzonato, nasconde sempre una riflessione profonda, ma mai pesante. Il suo obiettivo è quello di far pensare con un sorriso e, puntualmente, ci è riesce. È mattatore in tv con programmi suoi e ospite nelle trasmissioni che fanno a gara per contenderselo. Fino alla fine, De Crescenzo ha mantenuto quella capacità di osservare il mondo con gli occhi di chi non smette mai di stupirsi, di chi sa che, in fondo, la vita è “Un complicato intrigo di donne vicoli e delitti”, per citare il titolo di uno dei film per il quale ha sempre speso parole entusiaste.
L’eredità culturale di Luciano De Crescenzo e della sua Napoli silenziosa
Luciano De Crescenzo ci ha lasciato nel 2019, ma i suoi libri continuano a essere letti, i suoi film continuano a essere trasmessi e la sua Napoli resta lì, pronta a svelarci, attraverso le sue parole, la saggezza antica di chi sa che, alla fine, l’importante è vivere con curiosità e leggerezza, senza mai prendersi troppo sul serio. Ancora oggi, la sua capacità di raccontare la vita con ironia e semplicità è un punto di riferimento per chi cerca di comprendere il mondo senza perdersi nella sua complessità. Ha lasciato dietro di sé la sua immagine di “intellettuale umano”, che non si rifugia in concetti astratti, ma che anzi cerca di riportare tutto a una dimensione comprensibile e vicina alle persone.
Ha dimostrato che la filosofia non deve per forza essere un argomento per pochi eletti, ma può diventare uno strumento per tutti, purché si sappiano usare le parole giuste e si mantenga lo sguardo sulla realtà e, in un’epoca in cui l’intellettualismo spesso si accompagna all’arroganza, De Crescenzo ha trasmesso e coltivato l’arte della semplicità.
E, forse, proprio in questa sua semplicità è compresa la sua grandezza.
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