Napoli è la madre di decine, decine e decine di uomini che hanno scritto la storia del diritto italiano e mondiale. Uno di questi fu Enrico Pessina, uno dei giuristi più importanti d’Italia.
Ci sono altri tre busti di quest’uomo oltre a quello fotografato: uno nella Villa Comunale di Napoli, l’altro presente nella collezione di opere d’arte del Senato; l’ultimo nell’Università Federico II. In genarle, però, in tutta Italia è possibile trovare vie dedicate al giurista.
Quello che più rappresenta la memoria di Pessina, però, è proprio quello presente qui sul Pincio, a Roma: vandalizzato, umiliato, preso in giro da chi, oggi, non si inchina più di fronte al suo sguardo.
Enrico Pessina, un prodigio sin da bambino
Un “Enfant Prodige”: nato a Napoli nel 1828 a Salita Museo, a dodici anni era così intelligente e brillante che i suoi risultati scolastici vennero addirittura portati dinanzi al Re Ferdinando II, che, curioso, volle farlo interrogare dagli studiosi più importanti del Regno per scoprire se si trattasse veramente di un genio.
Risultato?
Gli stessi professori rimasero così affascinati dalla cultura sconfinata di un dodicenne da occuparsi personalmente della sua crescita, pagando di tasca propria tutti gli studi futuri del giovanissimo Enrico. Ottimo investimento.
Un giurista rivoluzionario
La sua crescita non deluse le aspettative: pubblicò un “Trattato sui sistemi filosofici” a soli 16 anni, mentre a 20 già scriveva libri di diritto, immergendosi nella politica e lottando proprio contro lo stesso Ferdinando nei moti del 1848.
Diventato anche avvocato a 22 anni, difese a spada tratta i suoi compagni di rivoluzione, cosa che gli costò il carcere.
La stima provata nei suoi confronti era però sconfinata da ogni parte e classe politica: fu proprio lo stesso Ferdinando II a riammetterlo nel regno nel 1855, permettendogli di tornare magistrato e professore dell‘Università di Napoli.
Tornò infatti a Napoli nel 1855, divenne quindi magistrato e, quando fu unificata l’Italia, si immerse di nuovo nella politica, con l’unico interesse di far del bene per la propria città.
Continuò incessante la sua pubblicazione di libri di diritto ed il suo insegnamento nelle università, tant’è vero che per decenni gli studenti universitari di tutta Italia si sono preparati sui manuali di diritto costituzionale e penale di Enrico Pessina.
Conosceva cinque lingue e le parlava tutte come un madrelingua: si racconta che un giorno, mentre teneva una lezione di diritto penale, si presentò un professore tedesco a fargli visita.
Senza scomporsi, Pessina iniziò a tradurre il suo intero discorso simultaneamente sia in Tedesco che in Italiano, per “dovere di ospitalità” verso il gradito ospite.
Un docente stimato in tutta Italia
Morì nel 1916 nella sua casa natale e Napoli, in suo onore, cambiò nome alla strada nella quale visse e morì un uomo così illustre: Salita Museo divenne l’attuale Via Pessina, oggi famosa solo per la ZTL.
Filosofo, giurista, professore, ministro, avvocato, magistrato, deputato, senatore, scienziato e… la scritta “Fuck the Police” sul suo busto sul Pincio. L’ennesima coltellata al cuore della nostra Storia.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-pessina/
http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-pessina_%28Dizionario-Biografico%29/
http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/0bfb046b74a984aec125711400599c6a/2fda76bffa2a97e24125646f005e672a?OpenDocument
https://storia.camera.it/deputato/enrico-pessina-18281017
https://www.tesionline.it/tesi/24310/Enrico-Pessina-e-il-codice-Zanardelli
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