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Un giorno passeggiando per il centro storico mi sono imbattuta nel nome di “via Donnalbina“. In quel momento non diedi troppa importanza al nome, ma qualche giorno dopo mi sovvenne una certa curiosità e fu così che scoprii una storia di cui sono protagoniste tre giovani sorelle del XIV secolo: Donn’Albina, Donna Romita e Donna Regina, figlie del barone di Toraldo, uno dei nobili del Sedile del Nilo.

Donnalbina e le tre sorelle

Secondo la leggenda ,alla morte della loro madre, Donna Gaetana Scauro, il barone ottenne il permesso dal re Roberto d’Angiò di dare in sposa, alla sua morte, la primogenita Donna Regina che avrebbe permesso di conservare il nome della casata. Le tre sorelle avevano delle personalità molto differenti tra loro, Donna Regina era la più diligente e assennata, Donn’Albina era molto pacata ed amabile, mentre Donna Romita era la più vivace della famiglia; tutte erano però caratterizzate da grande bellezza e grazia nel portamento.

Nonostante la morte del padre avvenuta circa nel 1320, la loro esistenza continuò placida e tranquilla fino a che Donna Regina non ricevette una lettera dal re in cui si annunciava che la giovane, allora diciannovenne, avrebbe preso come marito un giovane cavaliere della corte partenopea, don Filippo Capece.

Un intrigo d’amore per Donnalbina

Un giorno, mentre Donna Regina stava leggendo un libro di preghiere, le venne vicino sua sorella Albina, dicendole che la sorella più piccola, Romita, era ammalata e si struggeva per amore. Donna Regina, visibilmente scossa, obbligò Donn’Albina a svelarle il nome del giovane, che si rivelò essere il suo promesso sposo, don Filippo; poco dopo questa notizia, però, Regina capì che anche Donn’Albina era innamorata di Filippo.

Da quel momento le tre sorelle si evitarono in ogni modo fino al giorno di Pasqua, in cui Romita e Albina si recarono da Regina a implorarle perdono, promettendole che si sarebbero avviate alla vita monacale. Dopo averle ascoltate e perdonate, la Regina rivelò loro di essersi accorta che Filippo non l’amava e che avrebbe anch’ella preso il velo in un convento fondato da lei. Dopo ciò si dice che abbia preso uno scettro borchiato d’oro e che l’abbia spezzato in due pezzi e, rivolgendosi al ritratto dell’ultimo barone Toraldo, abbia detto, inchinandosi: “Salute, padre mio, la vostra nobile casa è morta”.
Ed eccoci, così, a Via Donnalbina.

-Gaia Borrelli

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