C’è chi legge libri, chi vede film dalle trame epiche, effetti speciali, cadute, spari e cose da eroi. C’è invece chi, perduto fra i ghiacci, ha combattuto con la morte sul serio.
Mentre l’Italia cantava con Celentano e De André ed il mondo alzava gli occhi in cerca alieni; mentre moriva Aldo Moro e si festeggiava Papa Giovanni Paolo II, moriva silenziosamente a Roma un vecchietto quasi centenario, tale Umberto Nobile, che a Napoli probabilmente non fu onorato abbastanza.
Chi era?
Condivideva con Cristoforo Colombo il cognome di origini liguri e l’amore per i viaggi, ma nacque a Lauro, in Irpinia, nel 1885 da una famiglia ebolitana. Frequentò le scuole e poi visse per buona parte della sua vita a Napoli, in cui fu professore d’Ingegneria Aeronautica alla Federico II per trent’anni. Insomma, Nobile fu il riassunto di tutte le eccellenze della nostra Campania.
Umberto Nobile e la prima esplorazione
Erano gli anni ’20, l’epoca delle grandi esplorazioni, dell’Africa dei Faraoni e dell’America dei Maya.
Nobile voleva andare più su. Voleva essere il primo uomo a scoprire il Polo Nord: studiò, progettò per anni un dirigibile capace di resistere ad un viaggio ai limiti del mondo. Lo chiamò “Norge” e, dopo numerosi voli di prova, si imbarcò a Roma senza sapere dove il destino lo avrebbe portato, con poche speranze e tanto scetticismo da parte degli scienziati.
Gli unici a credere in questa spedizione furono il leggendario esploratore Roald Amundsen, che dieci anni prima aveva raggiunto il Polo Sud ed aveva individuato in Nobile un eccellente supporto per il viaggio, e il businessman americano Ellsworth, ricco finanziatore della missione.
Passarono ore, giorni, settimane fra tempeste, ghiacci e gelo nella stanza metallica del dirigibile, fra rilevazioni e terrore. Ma l’Uomo vinse gli dei del ghiaccio: nel 1926 fu messa la bandiera italiana sul Polo Nord.
Al successo, però, non seguono sempre: Roald Amundsen fu categorico sull’attribuzione dei meriti della spedizione, affermando “Umberto Nobile? E’ stato un semplice guidatore!”. Il norvegese spiegò di aver assunto un tecnico per una missione da lui sognata e fortemente voluta, che lo avrebbe consacrato come il più grande esploratore di tutti i tempi: Amundsen fu infatti il primo uomo ad aver toccato entrambi i poli della Terra, una delle glorie maggiori dai tempi di Cristoforo Colombo.
Nobile, orgoglioso, non volle accettare l’idea di essere ricordato come un comprimario e la risposta arrivò in fretta: “Amundsen? Un passeggero, il cui unico merito fu l’idea di raggiungere il polo nord“.
E, mentre la propaganda fascista copriva di ori ed allori il compatriota italiano, il resto del mondo celebrava lo scienziato norvegese: Nobile era inquieto, deluso. Morire da “secondo” sarebbe stato un affronto immenso per il suo carattere.
La rivincita e il disastro
Degno figlio del popolo irpino, era orgoglioso e molto testardo: passato lo sconforto, decise di tornare al Polo Nord per dimostrare al mondo il vero valore della sua missione scientifica.
Italo Balbo, il ministro dell’aeronautica, era poco felice del gradimento che suscitavano le imprese dell’aviatore: vedeva in lui un nemico politico da eliminare. D’altro canto, nacque un grosso conflitto sul materiale tecnico utilizzato per la spedizione: i dirigibili, ad avviso del ministro, erano un mezzo inutilizzabile e tecnologicamente vecchissimo.
Umberto Nobile rimase quindi senza il supporto economico del Governo, ma comunque riuscì a raccogliere fatica i fondi per partire con un nuovo dirigibile, l’Italia, finanziato dal Comune di Milano.
La nuova spedizione avrebbe avuto non solo un fine esplorativo, ma anche più propriamente scientifico, di studio delle lande polari.
Il nuovo viaggio fu di nuovo ghiaccio, tempeste, paura ed incidenti, finché, per una fatalità, il timone si ghiacciò e la gabbia di ferro volò nel mare ghiacciato, in un luogo imprecisato.
Umberto Nobile si salvò assieme ad altre otto persone, che, con gli ultimi viveri e con una tenda rossa recuperata dalla carcassa della nave, si ripararono nella neve. Terrorizzati, in chissà quale luogo fra i ghiacci, avevano poche razioni di cibo e gli ultimi colpi di una rivoltella, con cui fu ucciso anche un orso polare.
Tornato in Italia, la condanna a morte
Passarono cinquanta lunghi giorni fra freddo e stenti, ma, quando ormai i viveri erano finiti e la morte era prossima, giunse un aereo svedese in ricognizione che salvò l’eroe del ghiaccio.
Nel frattempo Amundsen, quando seppe che il suo ex compagno di viaggio era perso nei ghiacci, partì con un aereo alla sua ricerca, ma morì in una tempesta: una tragedia nella tragedia. Anche altri aviatori, come Umberto Maddalena, cercarono di giungere al polo nord per riuscire a individuare l’equipaggio perduto. Alla fine arrivò una nave rompighiaccio sovietica, che trasse in salvo gli ultimi superstiti.
Nobile credeva che il peggio fosse passato, ma i guai erano appena cominciati. Tornato in Italia, Balbo pretese la condanna a morte per il militare, reo di aver abbandonato il resto dell’equipaggio ad una morte certa per una impresa folle, abbandonando per giunta la nave per primo. La legge infatti vuole che il comandante abbandoni la nave per ultimo, prescrizione effettivamente infranta dal comandante irpino.
Più in generale la propaganda fascista, che pochi anni prima lo aveva elevato a eroe nazionale, voltò le spalle alle sorti del capitano.
Umberto Nobile, profugo in Russia
Trattato come uno Schettino dei ghiacci ante litteram, Nobile, degradato e amareggiato, scampato già alla morte, non voleva perdere la vita: si imbarcò come profugo in Russia, in cui diventò famoso ed apprezzato.
L’Unione Sovietica lo nominò addirittura eroe nazionale ed ancora oggi è un personaggio famosissimo, tanto da aver spinto alcuni aviatori russi ad emulare il primo volo di Nobile fra i ghiacci con una missione iniziata a Maggio 2016, esattamente novant’anni dopo la missione italiana.
Vent’anni dopo, l’Italia repubblicana lo accolse di nuovo e Nobile, nel 1966, fu riabilitato.
Nel 2009, nei ghiacci norvegesi, è stata inaugurata la “torre Nobile-Amundsen“, una stazione scientifica che onora la memoria dei due scienziati. Oggi, nella facoltà di Ingegneria a Piazzale Tecchio, di fronte all’Aula Magna c’è una lapide che commemora il suo lunghissimo servizio di professore dell’Università di Napoli.
Nel suo paese natale, Lauro, è stato istituito un museo per onorare la memoria di Umberto Nobile e Napoli, invece, ha allestito nelle prossimità di Villa Pignatelli una sezione in cui si trovano numerosi reperti della sua spedizione con l’Italia.
-Federico Quagliuolo
Grazie a Davide Agnocchetti per averci suggerito questo meraviglioso personaggio
P.S.
Balbo morì in Africa nel 1940: il suo aereo fu colpito per errore dal fuoco amico della contraerea italiana.
C’è da dire che il tempo diede ragione a Balbo sulla diatriba tecnologica: l’incidente dell’Hindenburg, avvenuto pochi anni dopo la spedizione dell’Italia, fu l’ultimo atto dell’epoca delle gigantesche aeromobili.
Riferimenti:
https://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/umberto-nobile-leroe-del-polo-nord-e-cittadino-onorario-di-monza_1333561_11/
https://www.istitutonobile.it/gen-umberto-nobile/
http://www.treccani.it/enciclopedia/umberto-nobile/
http://www.aerostati.it/nobile.htm
https://www.raicultura.it/storia/foto/2019/03/Umberto-Nobile-10e3485b-5d74-4a83-a3c7-d156de724f71.html
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