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Ferdinando è un nome pesante, carico di storia e responsabilità, una parola che a Napoli incute una strana reverenza, una stima ancestrale ed inspiegabile: se davvero vale il detto latino nomen omen, senza dubbio Ferdinando Palasciano onorò il suo nome perché fu fra i padri della Croce Rossa, oltre che un medico formidabile.

Fu infatti lui a sviluppare per primo il concetto della neutralità del medico in guerra. Una grande conquista che diventò una battaglia personale del collega Henry Dunant e che fu concretizzato nella nascita della Croce Rossa. Ma proprio in questo momento Palasciano fu tradito. Scopriamo perché.

Ritratto di Palasciano
Ritratto di Ferdinando Palasciano

Una giovane promessa al servizio del Regno delle Due Sicilia

Nacque a Capua nel 1815, da un segretario comunale ed una giovane ragazza di buona famiglia: il giovanissimo Ferdinando crebbe felice sulla riva del Volturno, nella stessa terra che, con le sue meraviglie, riuscì ad addolcire l’invincibile Annibale.

Già a scuola si intravide il suo genio: appassionato di filosofia, dopo il liceo decise di iscriversi all’università di Lettere. Del percorso di studi si sa poco, ma a 25 anni Palasciano aveva già tre lauree: una in Lettere e Filosofia, l’altra in Veterinaria ed un’altra ancora in Medicina. Sognava di poter diventare un medico affermato, seguendo le orme dei suoi antichi predecessori che, indaffarati, camminavano per i corridoi dell’Ospedale degli Incurabili, padroni della vita e della morte dei propri pazienti.

Il tempo, però, non ha mai avuto clemenza nei confronti delle passioni degli uomini: la Napoli di Palasciano era già stata divorata dal tarlo della Massoneria e dai moti rivoluzionari che portarono insurrezioni nelle capitali di tutta Europa.

D’un botto, la laurea e la futura carriera di un medico trentenne furono affogati nel fango delle campagne messinesi del 1848, fra divise logore e moschetti, soldati lealisti e rivoluzionari, tutti compaesani nati nelle stesse terre in guerra fra loro.

Palasciano, nel 1848, era un giovane medico nell’esercito borbonico: scrisse il primo trattato di chirurgia per ferite da fuoco che la Storia ricordi, diventando il primo vero chirurgo di campo di un esercito regolare.

Fu però alla fine dell’assedio di Messina che, a seguito di un sanguinosissimo conflitto fra borbonici ed insorti, Palasciano si commosse vedendo centinaia di corpi agonizzanti in città, carcasse dilaniate da proiettili, moschetti e bombe lanciate su ordine del formidabile generale Carlo Filangieri, il braccio destro di Ferdinando II.

Cartolina di Palasciano
Una cartolina della Croce Rossa fatta circolare in occasione dei 100 anni dalla morte di Palasciano

Ferdinando Palasciano curò anche i nemici

Palasciano, nonostante gli ordini di curare solo i feriti alleati, decise di lanciarsi in una disperata corsa contro il tempo per raccogliere quanti più feriti possibile, raccolse borbonici e rivoltosi, vestì di stracci gli ammalati, eseguì bendaggi, medicamenti ed amputazioni con tecniche sopraffine. Si dice che abbia passato insonni diverse notti per salvare il numero più alto possibile di vite.

Sfinito, quando stava per accasciarsi e riposare il suo corpo stanchissimo, arrivò un piccolo drappello di soldati borbonici: il generale Filangieri aveva appena sentenziato una condanna a morte per Ferdinando Palasciano, reo di non aver rispettato gli ordini. 

Portato in tribunale militare per un processo sommario, Carlo Filangieri chiese la pena capitale, nonostante Palasciano si sia difeso con una semplice esclamazione: “feriti, a qualsiasi esercito appartengano, sono per me sacri e non possono essere considerati come nemici: la mia missione di medico è troppo più sacra del dovere del soldato!“. Non evitò la condanna, ma, proprio in quel tribunale, nacque l’idea che un giorno avrebbe generato la Croce Rossa. 

Assedio di Messina
L’assedio di Messina, 1848

La nascita della Croce Rossa e l’avventura in politica

Destinato ormai al patibolo, reo di esser stato troppo umano, ormai la vita di Palasciano stava per arrivare al suo capolinea, eliminando l’uomo che, in futuro, avrebbe cambiato il mondo.
Giunto ormai il giorno dell’esecuzione, però, arrivò un colpo di scena: intervenne il re Ferdinando II in persona che, riconosciuto il valore e gli alti principi che mossero il medico nelle sue azioni, decise di commutare la pena in un anno di carcere.

Uscito dal carcere, Palasciano si ritirò dalla vita di campo, per seguire quello che sarebbe diventato il suo obiettivo di vita: sancire a livello internazionale la neutralità dei feriti. E così, mentre insegnava Chirurgia nella prestigiosissima università di Napoli, comprò una immensa villa a Capodimonte, che ancora oggi è visibile da ogni parte di Napoli.
Nel frattempo, da ogni parte del mondo accorrevano medici ad ascoltare le sue lezioni, meravigliati ed ammirati: fu proprio in quel momento che si diffuse l’idea della creazione di una istituzione sovranazionale, un qualcosa che potesse tutelare i feriti di ogni schieramento durante le guerre: la Croce Rossa.

E così, in occasione di un congresso internazionale di medicina del 1861 tenuto a Napoli nell’Accademia Pontaniana, Palasciano per la prima volta riunì le menti che avrebbero dato origine alla Croce Rossa e ne gettò le basi: le sue parole fecero il giro del mondo. 

Dopo l’Unità d’Italia, scese anche in politica, sperando di poter contribuire con le sue idee alle riforme del nuovo Regno d’Italia: diventò prima parlamentare, poi assessore del Comune. Nel frattempo, sempre più esponenti della medicina internazionale cominciarono a muoversi per la creazione della Croce Rossa: fu scelta la neutrale Svizzera come sede del nuovo ente.

Torre di Ferdinando Palasciano
Torre di Palasciano, fotografia di Federico Quagliuolo

Il tradimento politico

Sul più bello, Palsciano fu tradito proprio dal governo italiano: quando la Svizzera chiese ad ogni paese del mondo di inviare un delegato per firmare la nascita della Croce Rossa, l’Italia nominò come rappresentanti il dottor Baroffio ed il capitano Cottrau. E così la Croce Rossa, proprio l’istituzione internazionale che sognò Palasciano, non vide mai la firma proprio di chi si batté per lei, che vide strappato il proprio nome dai libri di Storia per colpa di una infame irriconoscenza.

Solo, triste ed ormai paralizzato da una gravissima malattia che lo colpì in vecchiaia, passò mestamente gli ultimi giorni nella sua casa di Capodimonte, accanto alla sua amata moglie.
Ed ancora oggi, innamorato dei bellissimi tramonti di Napoli, unici amici fedeli che consolavano la sua solitudine, l’anima di Palasciano si è trasformata in un fantasma che, ad ogni tramonto, si affaccia fra i merli dell’antica torre della sua casa.

Diversi anni dopo la sua morte, durante la I Guerra Mondiale, una nave tedesca requisita fu rinominata in “Palasciano” e adibita al trasporto feriti. Monopoli, città d’origine del padre, lo ha invece ricordato con una lapide.

-Federico Quagliuolo

Lapide Ferdinando Palasciano
Lapide dedicata a Ferdinando Palasciano a Monopoli

P.S.

Per approfondire ulteriormente la storia di questo personaggio, consigliamo di visitare l’ Accademia Palasciania e l’associazione dei medici di Capua “Ferdinando Palasciano”, fonti di numerosissime informazioni interessanti e curiosità

Un interessante articolo dell’Università di Bari

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  1. barbara pennazzato Avatar
    barbara pennazzato

    Buonasera, ho letto un po’ di Storia della Croce Rossa, e anche di Palasciano, e ho riscontrato che Palasciano ha parlato di neutralizzazione (questo il termine usato dallo stesso) dei feriti sul campo di battaglia prima di J.Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa, ma le loro posizioni erano profondamente diverse: Palasciano non parlava di neutralità dei soccorritori (medici, infermieri) (cosa di cui Dunant, fondatore della Croce Rossa, aupicava e fu ottenuta), non credeva nel volontariato (la base e l’anima della Croce Rossa) e non ha mai collaborato nè alla nascita nè alla crescita della Croce Rossa Italiana. Sicuramente ha dato notevoli sviluppi e contributi alla chirurgia e medicina. All’epoca ci sarà stata pure gelosia e protezione nel ritenere la Svizzera terra di appartenenza della Croce Rossa, ma sicuramente l’animo e gli obiettivi di Palasciano non hanno ispirato i sette Principi della Croce Rossa.
    Se ha occasione di leggere libri sulla Storia della Croce Rossa, contenenti anche gli ultimi editi sconosciuti o inediti sulla Storia, si avrebbe una ulteriore fonte di conoscenza .
    Cordiali saluti.

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