La stazione Garibaldi si sta trasformando di giorno in giorno grazie all’apertura della stazione della Linea 1 e della galleria commerciale che accoglie i turisti che giungono in città. Ma all’ombra di questo grande nucleo e del Corso Arnaldo Lucci, si nasconde una stradina secondaria un tempo conosciuta come il ponte dei papuncielli. Erano antichi mezzi di trasporto entrati nella memoria collettiva dei napoletani con affetto e nostalgia.
Scavando tra la memoria delle persone che vivono questo luogo da molti anni, sgorgano ricordi rumorosi e allegri che ben dipingono la figura del Papunciello. Tutto risale al 1881 quando viene fondata la Societé Anonyme des tramways à vapeur de Naples, sostituita nel 1884 dalla Societé Anonyme des tramways provinciaux de Naples. Infatti furono proprio queste società ad introdurre i servizi tramviari, prima solo per la città di Napoli, in seguito anche per la provincia. Ed è qui che entra in scena la figura del papunciello.
Infatti i tram dell’epoca erano a vapore, da qui vapunciello, trasformato poi nella lingua parlata in papunciello.
I Papuncielli arrivano in provincia
“Io vivevo per strada, molti musicisti hanno copiato i grandi d’oltreoceano, io ho attinto dalla strada, dalla mia strada, tra la Pretura e il Tribunale, tutto un vociare, un suono, mille suoni, e o’ papunciello, il treno che partiva davanti al cinema Casanova per i paesi della provincia di Napoli”
Tullio de Piscopo
Per la prima volta il centro di Napoli era collegato ai comuni agricoli più importanti dell’epoca come Afragola, Casoria, Caivano, Giugliano e Aversa, in provincia di Caserta. Nel 1902, con l’avvento dell’elettrificazione, si contano 132 corse al giorno e circa tre milioni di passeggeri l’anno, l’affluenza aumenta costantemente fino a superare i 10 milioni nel 1908 e a sfiorare i 13 milioni nel 1913. Ma poi, l’inarrestabile declino dovuto alla guerra, nel 1918, porta ad una forte diminuzione dell’affluenza.
Si avrà la svolta nel 1957, quando dalla gestione privata si passa alla gestione pubblica ad opera della Tramvie Provinciali di Napoli S.p.A. Giungono nuovi papuncielli pronti a servire i napoletani che decidono di spostarsi comodamente. Ma la cosa che più colpisce è che il papunciello non è un semplice mezzo di trasporto, ma un porto di mare, dove la gente saliva e scendeva e dove si poteva incontrare ogni sorta di individuo, così come recita la poesia di Armando Torre, scritta nel 1938 che si trova alla fine di questa storia.
La fine dei Papuncielli
Arriviamo poi al 1978, quando l’azienda fallisce e i papuncielli vengono rimpiazzati dai mezzi moderni.
Un pezzo di storia che è possibile rivivere chiudendo gli occhi e immaginando il rumore dello sbuffo a vapore e dello stridio sulle rotaie. La tecnologia va avanti e aiuta a migliorarci e a migliorare la nostra vita, ma che è ancor più bello ricordare cosa ha segnato la storia dei nostri genitori e dei nostri nonni e cosa è possibile conoscere guardando dei semplici binari.
-Roberta Montesano
Chi saglieva, chi scenneva
‘a tre’ carrozze ‘e Papuncielle,
sempe chine fino e’ ‘nfunne.
‘E scugnizze sempe apisse e’ fenestielle,
tanta ggente ma che folla,
ma’ addo ‘jeva sta’ marmaglia?
Steva ‘a prena, ‘a cuntignosa,
‘a cafone c” o panaro,
l’accattone, ‘o zappatore
l’imbiegato c”o Duttore.
Sempre areto ‘o mariuolo,
ca’ parate de ‘mbrugliune.
Che faccine sempe appise.
Miezo ‘a tantu’ votta, votta
La nasceva ‘a mano morta.
Arrivato ‘a stazione,
doppe lampe ‘e fuoco elettrico,
arraggiate tutt” e binarie.
Tra pernacchie ‘e trumpettelle,
se’ fermava ‘o papunciello.
[…]
Armando Torre
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