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Castel Sant'Elmo e gli amori semplici - Illustrazione di Laura Capuano
Castel Sant’Elmo e gli amori semplici – Illustrazione di Laura Capuano

Ho sempre pensato che la violenza vera, quella senza remore o pentimenti, possa venir espressa soltanto attraverso lo schiaffo. Questo perché tale gesto comporta un senso di umiliazione insita, sia fisica che psicologica. Non a caso spesso si parla chiaramente di “schiaffo morale”, un’espressione che ho sempre adorato.
Quando a piazzarti un ceffone è la tua ragazza, però, è difficile farsi piacere un concetto del genere.
Le donne restano estremamente complicate per me, pur mantenendo un’aura affascinante, speciale, quasi metafisica. Mentre va via furiosa, io devo ancora capire il senso di ciò che è appena accaduto.
Tipico problema di noi uomini, almeno secondo le voci che girano.
Così, mentre ancora non mi capacito di cosa sia andato storto, resto impassibile nel mezzo del caos. Costretto a guardarmi intorno per ritrovare un punto di riferimento, non vedo altro che famigliole di turisti intente a generare profitti per le casse di musei, negozi, associazioni.
La giornata è ben lungi dal terminare. Avevo pensato ad un bel tour del Castel Sant’Elmo, ovviamente da fare in coppia. Dovrò accontentarmi di me stesso.
Potevamo andarmi indubbiamente peggio.
La fila praticamente inesistente. Qualcosa che in effetti non mi spiego: la bellezza di questo luogo, quasi “sperduto” negli anfratti di un quartiere troppo attento a sé stesso e poco al resto, rimane per me innegabile quanto imperitura.
D’un tratto, appena entrato, sento tirare la maglia. Un mocciosetto, avrà qualcosa come 11 anni.
“Ho perso la mamma. Mi fai compagnia?”
Non pare la prospettiva migliore in questo momento.
Sarà una lunga giornata.

“Era qui ma poi è andata via”. La semplicità delle sue parole è quanto di meno utile possa esistere in questo momento: non c’è folla, è vero, ma il Castello è grande mentre la mia pazienza molto limitata.
“Devo fare pipì”.
Ho già detto che detesto i bambini?
Dopo aver sbrigato le formalità di rito con il signor WC, è tempo di proseguire la ricerca. O meglio, di rendersi prede. Girare a vuoto non ha senso: se i genitori di questo cosariello sono realmente qui dentro, basterà posizionarsi sul punto più alto della struttura per farsi trovare in fretta.
Ci arriviamo, senza troppi indugi. Avrei voluto che Sonia fosse con me, ora.
Sarebbe stato il momento perfetto per darle l’anello, per suggellare l’evidenza.
Inizio però a pensare che l’evidenza, in amore, non basti più.
Il panorama è scintillante. Se c’è una cosa che adoro di Napoli è la sua capacità di toglierti il fiato senza nemmeno doversi sforzare. Una meravigliosa cartolina vivente, quella di una città che combatte ogni giorno nel fango ma non si sporca mai.
Fortunatamente il bambino è più tranquillo. Fissiamo insieme la bellezza.
“Come mai sei triste?”, chiede. Si nota così tanto?
“Penso che la mia ragazza mi abbia lasciato”
“Perché?”
“Dice che non l’amo abbastanza”
“Dalle dei fiori”
“Non le piacciono”. Ed in effetti è così. Sonia forse non l’ho mai compresa: niente rose, niente regali. Al contrario tante passeggiate, molte scoperte, la necessità di viaggiare, l’intenzione di scavare continuamente a fondo, in quello che siamo. Forse non sono riuscito a starle dietro. Forse avrei dovuto fare di più.
Forse non l’ho amata abbastanza. E me ne rendo conto solo ora.
Cerco con lo sguardo e con l’udito ma nessuno reclama il bambino. Tocca attendere, ancora.
“L’amore è una cosa proprio bella”
Interessante: ora mette anche il dito nella piaga. Che giornata.
“Si, suppongo di si. E’ una cosa strana ma bella”.
“Io sto con una mia compagna di classe. E’ così carina, e le voglio bene”
“Sono contento per te”. La mia risposta è fredda, ma devo ammettere che darei tutto per tornare a possedere questo candore.
“A volte mi fa arrabbiare ma le voglio bene lo stesso, e così stiamo insieme. Sai perché le voglio così bene?”
“Sentiamo”
“Perché facciamo insieme cose che da solo non farei”.
E’ indubbiamente un’ottima motivazione.
“Siamo diversi ma mi piace. Così, quando io vado a giocare a calcetto, lei viene a fare il tifo per me anche se odia questo sport. E quando lei vuole andare a vedere un film romantico, io l’accompagno anche se non piangerò davanti allo schermo. In fondo, secondo me l’amore è questo: fare le cose che non ci piacciono, per non far dispiacere l’altro”.
Questa mi ha davvero steso.
Schiaffo morale, of course.
“Hai ragione. Hai proprio ragione”.
Mi sorride serenamente, e non c’è motivo per non ricambiare.
Sento una voce di donna in lontananza. Finalmente la mamma è arrivata. Dopo una breve pausa post fiatone mi ringrazia, anche se in pratica non ho fatto niente. Saluto Giacomo, così si chiama.
“Sei un vero portento, la tua fidanzatina sarà fiera di te”.
“E’ ovvio!”
Che stronzetto tracotante. Ma vai a dargli torto.
Si allontanano con una certa velocità. Il sole resta alto, la città è nel pieno delle sue forze. Ed io, forse, ho ritrovato qualche certezza.

Mentre mi avvio verso l’uscita, ripenso alle parole di Giacomo. Non riesco a tornare bambino ma cerco di proiettarmi al futuro: voler bene non è un sacrificio, quanto piuttosto un onore. Ho sempre vissuto l’amore come una sfida, un confronto a duello tra due spadaccini. Forse, più che altro, si tratta di un passo di tango da ballare insieme. Penso di non poter più ambire ad un sentimento puro al pari di quello di un ragazzino, senza infezioni esterne o estorsioni del destino: l’esperienza inevitabilmente mischia le carte in tavola, indurisce le sensazioni, rende più disillusi. Ma ci sono cose che posso fare: dare tutto, anche quando non serve. Ascoltare, quando non vorrei farlo. Camminare, quando vorrei stare a casa.
Fare cose che non amo. Per amare.
Dinanzi al cancello osservo una sagoma familiare. Sonia è tornata indietro. Nella mia testa ringrazio ogni Santo del Paradiso.
Mi avvicino con cautela. Ha pianto tante lacrime, ed ha il viso senza rancore di chi ascolta i battiti nel petto piuttosto che la ragione. Tiro fuori l’anello.
“Sai, stavo pensando…E’ da un po’ di tempo che non ti accompagno a fare shopping”.
“E’ la cosa che detesti di più”
“Non posso che darti ragione”.
Piange e sorride, insieme. Mentre mi abbraccia, il frastuono esterno si annulla.
L’avevo detto: sarà una lunga giornata.
L’amore è una cosa proprio bella.

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