Giovanni Boccaccio è una delle figure più rilevanti della storia letteraria e culturale italiana.
Non va dimenticato tuttavia un dato di fondamentale importanza: una personalità tanto vivace e creativa si formò proprio tra i vicoli, le suggestioni e gli scorci di Napoli.
Boccaccio, figlio illegittimo ma subito riconosciuto del mercante Boccaccio di Chiellino, nasce a Firenze nel 1313. All’età di quattordici anni si trasferisce, per motivi di lavoro, nella nostra città, al seguito del padre. Boccaccio
Napoli era, a quel tempo, uno dei nodi nevralgici della cultura e dell’arte italiane ed europee, seconda, forse, soltanto a Parigi. In questa città Boccaccio conoscerà e apprezzerà i valori della società cortese, tra le chiacchieranti sale del Palazzo Reale e le elegantissime e smaliziate nobildonne napoletane.
Il cosiddetto periodo napoletano sarà quello che vedrà il primo contatto tra Boccaccio e le opere del suo amato Dante Alighieri, che lo avvicinerà alla letteratura e darà inizio a una produzione di notevole valore, complice imprescindibile il fertile terreno partenopeo.
Boccaccio dimostrerà da subito la sua indole irrequieta, incapace di rimanere imbrigliata negli obblighi impostigli dall’alto: all’adorata vita mondana sarà infatti costretto ad alternare, svogliato e sfuggente, studi di diritto canonico, nel Complesso di San Domenico Maggiore.
Boccaccio
Ma una città colorata, variopinta, trionfo di voci colori suoni odori puzze profumi inciuci e vita lo porterà ben presto ad abbandonare questo tipo di studi e immergersi, fisicamente e concettualmente, nella realtà concreta e vivente che lo circonda. Un orecchio sempre pronto a cogliere la musicale sveltezza del volgare napoletano, un occhio sempre vigile per fotografare uno scorcio del porto o del centro storico.
Sedeva, sul trono, dal 1309, Roberto d’Angiò, detto il Saggio, uomo di lungimirante e impetuoso amore per la cultura, che oltre a circondarsi di letterati e artisti promosse gli studi legislativi e la costruzione della chiesa di Santa Chiara.
Sarà un’altra, tuttavia, la Chiesa che costituirà nella vita di Boccaccio un luogo carico di significati personali e soprattutto letterari: è nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, infatti, che il nostro poeta incontrerà Fiammetta, la donna da lui amata.
Gli studiosi, inoltre, ormai sono d’accordo nell’attribuire proprio a Boccaccio il documento noto come epistola napoletana. Si tratta di una delle prime testimonianze di letteratura dialettale riflessa: non a caso scritta in napoletano. La lettera è indirizzata a Franceschino de’ Bardi, che viene informato nella missiva che la sua amante, Machinti, ha messo al mondo un bambino.
Faccìmote addunqua, caro fratiello, assaperi ca lo primo juorno de sto mese de dicembro Machinti figliao e appe uno biello figlio masculo: ca Die nce lo guarde e li dea bita a tiempo e a belli anni! [1].
Dopo un breve preambolo in volgare, Boccaccio passa, come abbiamo visto, a un colorito dialetto napoletano che, seppur diverso da quello attuale, presenta senza dubbio una continuità con esso, soprattutto nella forza espressiva e nella cadenzata musicalità.
I nomi e i soprannomi dei presenti al battesimo, l’euforia generale, lo sdoppiamento dell’autore che scherzosamente si ritrae come un chierico isolato dedito agli studi e lontano ai festeggiamenti: sono tutti elementi che contribuiscono a caratterizzare la divertita e divertente personalità di questo autore.
La sua bonaria ironia, la sua angelica malizia, la sua sorprendente inventiva. In poche parole: il suo spirito napoletano.
Beatrice Morra
Bibliografia
I tre libri della letteratura – Origini_Seicento, M. Santagata, L. Carotti, Laterza.
Il canone letterario –la letteratura italiana nella tradizione europea, vol 1., H. Grosser, Principato.
Dal testo alla storia dalla storia al testo, vol. 1B, G. Baldi, S.Giusso, Paravia.
Sitografia:
http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/boccaccio/b4.html
[1]Il testo completo della lettera e la sua traduzione in F. Sabatini, Lingue e letterature volgari in competizione, in Storia e civiltà della Campania. Il medioevo, a c. di G. Pugliese Caratelli, Napoli 1992, pp. 401-431.
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