“Il caffè nero come la notte, dolce come l’amore, caldo come l’inferno”, così Michail Bakunin a Napoli si riferiva a ciò che più amava della nostra città.
A molti osservatori esterni potrà apparire strano, ad altri più coinvolti ed attenti molto meno, ma è qui che la maggior parte delle idee che caratterizzano il pensiero anarchico hanno trovato terreno fertile, nella confusa Napoli post-unitaria dei primi anni. D’altronde, non è un caso se il primo attentato anarchico avvenne proprio in città, ai danni di re Umberto I.
Siamo nel 1864, da poco l’Italia è unita con le sue enormi divisioni, ed in Russia dal 1861 lo Zar Alessandro II aveva formalmente abolito la Servitù della Gleba. Bakunin a Napoli, non a caso, racconta la vita umiliante dei contadini russi assai simile a quelli del Mezzogiorno d’Italia. In questo scenario che Michail Bakunin si avventura in Italia, fermandosi prima ad incontrare a Caprera l’idolo dei suoi tempi: Giuseppe Garibaldi, da lui considerato il rivoluzionario per eccellenza.
Il tempo passato a Napoli gli fece cambiare idea: arrivò a spiegare le rivolte armate dei briganti, intesi come “rivolta sociale dei contadini non ascoltati”.
La fuga in Italia di Michail Bakunin
Dopo anni di esilio in Siberia, era infatti riuscito a fuggire verso quell’Italia che aveva da sempre affascinato l’ormai maturo rivoluzionario. Purtroppo però ne rimase ben presto sorpreso, poiché Milano, e Firenze in particolar modo, lo delusero. D’altronde, per uno spirito ribelle come il suo, quale città se non Napoli può trasmettere meglio quel senso di ribellione e solidarietà nella sventura che tanto andava cercando?
La definì infatti uno dei pochi luoghi dove la “libertà è da preferirsi all’ordine pubblico”.
Fu qui che prese piede una svolta nel suo pensiero politico: dal Panslavismo come soluzione nazionalista al fine di abbattere il potere dello Zar, concepì una teoria federalista e comunitaria incentrata sulla ricerca dell’origine delle disparità economiche e sociali. Focalizzandosi particolarmente sull’eliminazione della dicotomia servo/padrone per creare una società pienamente libera.
Nel 1872 la Prima Internazionale italiana segnò una svolta epocale nel pensiero rivoluzionario: quando Bakunin rivelò tutto ciò che aveva maturato in questi anni a Napoli, i marxisti si opposero fortemente all’antistatalismo, al federalismo ed all’idea di poter sovvertire il dominio borghese senza passare per la dittatura del proletariato.
Bakunin a Napoli: caffè e amori proibiti
La relazione dell’anarchico russo con Napoli non muore con lui, che tra l’altro finì a Berna, ma continua ancora più ricca con i figli, in realtà nati dalla relazione della moglie con un avvocato napoletano, Carlo Gambuzzi, sodale di Bakunin. Maria, detta Marussia, cui è dedicata una via nella nostra città, fu una delle prime docenti donna dell’Università degli studi di Napoli Federico II e la prima nella Facoltà di Scienze.
Giulia Sofia, invece, fu la madre di Renato Caccioppoli, uno dei più grandi matematici italiani, esercitò una grandissima influenza sullo sviluppo dell’analisi matematica in Italia ed alla sua memoria è dedicato il Dipartimento di Matematica della Federico II, ed “Premio Caccioppoli” dell’Unione Matematica Italiana.
Bakunin amava passeggiare per i vicoli del centro, sorseggiare un buon caffè, apprezzava gli scugnizzi, gli odori e gli ardori di questa città un po’ anarchica. Fece anche un brevissimo soggiorno ad Ischia.
Chi più di lui può essere definito napoletano?
-Mario Postiglione
Fonti:
Michail Bakunin, Viaggio in Italia, a cura di L. Pezzica, Eleuthera, 2003, Milano.
Gianfranco Marelli, Convegno nel bicentenario della nascita di Bakunin, 2014.
Luca Dell’Aglio, Renato Caccioppoli, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Scienze 2013.
Giampietro Berti, Un’esagerata idea di libertà – Introduzione al pensiero anarchico, Milano, Elèuthera, 1994, Milano.
Rodolfo Alessandro Nicolaus, Marussia Bakunin, voce del Dizionario biografico degli italiani, vol. XXIV, 1988.
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