Nella famiglia Napoli l’arte fa po’ parte del DNA: Mario Napoli, archeologo a cui è stata dedicata una sezione del Museo Archeologico di Paestum e suo fratello Jacopo, direttore del Conservatorio e maestro di Riccardo Muti, sono solo alcuni degli antenati che hanno avuto più fama.
Doriana è una donna energica e solare che sprizza allegria e creatività da tutti i pori. Ormai sono mesi che ci “rincorriamo” e finalmente, dopo telefonate e mesi di attesa, mi accoglie in casa sua in un pomeriggio di inizio giugno.
Mi mostra tutte le stanze e, carica di meraviglia, penso a come debba essere stimolante vivere circondati da così tanta bellezza: ad ogni parete mi indica un quadro realizzato da lei o da suo nonno, su ogni mensola c’è una miniatura fatta da suo padre e accanto all’ingresso mi mostra una fotografia in stile molto “pop” scattata da suo fratello Claudio, visual artist a New York.
Ci accomodiamo nel salone e, un po’ imbarazzata, mi rivela di non aver mai avuto un’intervista così ufficiale sul suo lavoro. Da parte mia, le confesso di non saper fare domande serie per interviste, quindi iniziamo a chiacchierare.
Dal papà Vittorio, di cui all’ingresso c’è un particolare ritratto in cui scarpe e cappello “sporgono” grazie alla cartapesta, Doriana mi parla con grande affetto: aveva fatto l’istituto d’arte ed era appassionato di disegno ma, per mantenere la famiglia, si
era impiegato nella raffineria petrolifera Mobil oil, oggi convertita in un deposito. Nonostante ciò, aveva continuato ad alimentare la sua passione ed i quattro figli erano cresciuti tra l’odore dei colori e dell’acquaragia.
Mi racconta di come era impossibile, per lei, non scrivere in ogni tema avente come traccia il lavoro da fare una volta diventati grandi di voler essere “un’artista o una scrittrice famosa” e di aver capito, dopo le medie, di voler fare il liceo artistico. Ma i suoi genitori si erano opposti fortemente a questa decisione, memori della piega che aveva preso la vita di suo padre. Così si era iscritta al liceo classico Vico.
Dopo il liceo, però, non si era fatta influenzare e aveva scelto la facoltà che considerava più artistica: architettura! E che delusione era stata scoprire che, più che di arte, si parlava di matematica! Ciononostante si era laureata e aveva fatto per un po’ l’architetto finché, nell’anno scolastico 1985/1986, non era entrata nella classe di una scuola media come insegnante di arte.
Mi racconta con entusiasmo di come sia bello insegnare e sperimentare vari progetti con i ragazzi, di come la prendano in giro perché ha un profilo instagram!
Dopo aver trovato stabilità nel lavoro, si era dedicata alla creazione della sua famiglia, tralasciando la sua smania di creare. Che era ricominciata con un quadro: quello situato alle mie spalle.
Mi volto per guardare meglio l’enorme pannello: è un dipinto con alcuni dettagli in rilievo rappresentante una visione post apocalittica di Napoli a cui le foto che ho scattato non rendono per niente giustizia.
La città, ghiacciata, è incorniciata a destra dalla Storia (in alto a destra salta all’occhio, fra i numerosi simboli presenti, il bugnato della chiesa del Gesù Nuovo) e a sinistra dal Mito, riconoscibile grazie alla raffigurazione della sirena Partenope.
Questo ritorno all’arte ha rappresentato l’inizio di una serie di splendidi progetti. Con i ragazzi aveva iniziato la produzione di alcuni gioielli con plastica da riciclare. I monili avevano riscosso un discreto successo anche fra le colleghe e a lei era venuta un’idea: perché non presentarlo al progetto “Vivaio donna” del Comune? L’idea era piaciuta e, in quell’occasione, aveva avuto la possibilità di incontrare Alessandra Papoff, impegnata nel rilancio del plissé fatto a mano.
Il tema di una delle mostre del progetto era la tradizione napoletana e Doriana, per fare un omaggio al padre, ha deciso di riprendere la produzione di alcune miniature dei monumenti della città che egli era solito fare. Ha riutilizzato i suoi stampi adattando il tutto in una chiave più attuale, integrando anche un materiale moderno come il plexiglas. L’idea è stata poi portata avanti con la linea “Tracciati d’arte” che, con l’inserimento di un tracciato viario, integra anche le sue conoscenze da architetto.
Mi racconta che il dover creare e partecipare sempre a cose nuove per lei è una necessità, un bisogno: dopo i monumenti, la collezione “Segni e Storie” ha dato vita ai personaggi dell’immaginario napoletano: San Gennaro, O’ Munaciello, la Bella ‘mbriana…
Dopo la fine di “Vivaio Donna”, Doriana ed altre artiste si sono riunite in un gruppo chiamato “Connessioni creative” e organizzano mostre per diffondere i loro talenti.
Ha anche partecipato, classificandosi seconda, ad un premio in onore di Pino Daniele. In un corridoio è esposta l’opera in questione: su piccoli cartoncini quadrati sono riportate le parole di alcune canzoni del grande musicista e, evidenziate in dorato, ci sono quelle che hanno dato vita all’immagine raffigurata al centro.
Mi congedo da quest’artista così poliedrica con una promessa: quella di vederci, o almeno di incontrare le sue ultime creazioni, alla mostra “Napoli Expò Art POLIS”, al PAN dall’ 11 luglio fino alla fine di agosto.
-Federica Russo
Tutte le fotografie sono state realizzate dall’autrice dell’articolo.
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