I grandi conflitti spesso dimenticano i piccoli protagonisti: quando finì la II Guerra Mondiale, a Norimberga i maggiori gerarchi nazisti furono posti alla sbarra, ma tantissimi “pesci piccoli” riuscirono a darsi alla macchia. Fra questi si salvò anche Walter Scholl, il famoso colonnello delle Quattro Giornate di Napoli che ebbe l’ordine di “ridurre in cenere e fango” la città. Non ci riuscì, ma Napoli fu comunque una delle città più danneggiate d’Italia. E rimase anche senza giustizia.

Attenzione: il colonnello Scholl non si chiamava Hans, come erroneamente indicato sul sito del Comune di Napoli e su numerose altre fonti ufficiali. Il povero Hans Scholl era, ironicamente, un filosofo antinazista giustiziato durante la guerra. Diversa sorte toccò al militare nazista, che sopravvisse alla guerra e morì placidamente nel 1956 ad Ulm, nella sua Germania.

Proclama napoletani Scholl

Chi era Walter Scholl?

Scholl era un buon soldato e nulla più. Non era portato per il comando, non si distinse mai per atti eroici e non partecipò a grandi battaglie, ma era cinico, ubbidiente e non rinnegò mai la sua fede nei confronti dell’esercito tedesco, fino allo smembramento nel 1947. Dopo aver combattuto sul fronte la I Guerra Mondiale fra le fila della cavalleria tedesca, passò il resto della carriera come istruttore militare. Aveva un carattere schivo, rozzo e chiuso, non amava il campo e nemmeno l’azione. Tornò sul fronte solamente nel 1941, all’età di 57 anni, quando fu assegnato agli Afrika Korps del geniale generale Rommel, e nel 1943 quando diventò capo delle forze tedesche in una Napoli già stremata dai bombardamenti alleati e dalle rappresaglie tedesche.

Walter Scholl ritratto
Probabilmente l’unico ritratto di Walter Scholl ai tempi di Napoli

Un nazista a capo di Napoli

Scholl non amava gli italiani perché li considerava indisciplinati e inaffidabili, ovvero le due caratteristiche più lontane dal suo carattere modesto e ubbidiente. Oltretutto non amava star lontano dalla sua Germania e dalle caserme, in cui aveva passato buona parte dei suoi 40 anni di servizio. Aveva 58 anni quando fu assegnato al distretto di Napoli dopo l’esperienza africana. Era il dicembre del 1941 e, anche in quel caso come in tutta la sua vita, si limitò a seguire gli ordini del Feldmaresciallo Kesserling, che comandava le forze nazifasciste sui fronti meridionali. Gli Americani erano ancora lontani dalle coste italiane e i nazisti erano, fino ad allora, ancora considerati preziosi alleati” dal governo italiano. Il primo anno napoletano del colonnello fu, tutto sommato, tranquillo.

Le cose per i tedeschi nel 1943, però, andavano peggiorando giorno dopo giorno. L’ora della rovina era ormai alle porte anche per la Campania: gli americani e gli inglesi cominciarono a scaricare centinaia di migliaia di chili di esplosivo su Napoli.

palazzo distrutto dalle bombe
Un palazzo distrutto dalle bombe a Via Depretis

La città, già stremata dai sacrifici umani ed economici chiesti dal Duce, flagellata dal mercato nero e dall’assenza di materie prime, era una bomba sociale che stava per esplodere nel sottosuolo, mentre sulla superficie crollavano edifici secolari.

I continui bombardamenti americani e inglesi avevano infatti ridotto allo stremo la tenuta fisica e mentale dei napoletani e ridotto in cenere buona parte della città, che era riuscita miracolosamente a salvarsi dai conflitti per l’Unità d’Italia e dalla I Guerra Mondiale.

Serviva la scintilla. E arrivò con la notizia dello sbarco degli americani a Salerno, che diede il via alle rappresaglie di partigiani e civili inferociti contro i tedeschi. Scholl fu nominato capo delle forze d’occupazione a Napoli ma, vittima del suo stesso pregiudizio sugli italiani, sottovalutò la disperazione dei cittadini.

Il tedesco fece quindi l’unica cosa che lo rese famoso: fece pubblicare sul Roma il “proclama ai napoletani”, con cui istituì il coprifuoco, obbligò i giovani al lavoro forzato e obbligò tutti i cittadini a consegnare armi e gioielli ai tedeschi, pena la morte.

Le sommosse popolari, anziché placarsi, si intensificarono e si concentrarono sulle ultime truppe tedesche rimaste a Napoli, dato che il grosso era ormai già andato in direzione Roma. La città diventò teatro di guerriglia urbana che ebbe il suo culmine in quel fatidico 27 settembre 1943 che, al Vomero, diede inizio alle famose Quattro Giornate.

Alla fine arrivò l’unico primato nella carriera del colonnello tedesco: essere stato il primo nazista a scendere a patti con la popolazione, nella speranza di fuggire da Napoli ed evitare un sicuro massacro da parte degli alleati, ormai alle porte. Scholl riuscì ad evitare l’ennesimo campo di battaglia.
I tedeschi si ritirarono quindi per raggiungere la Linea Gustav, non senza aver fatto altri danni sparando colpi di mortaio sulla città, tranciando binari e facendo esplodere i ponti.
Un esempio è la ferita sul Castel Nuovo.

nazisti quadro Capodimonte
Soldati tedeschi posano vicino a un quadro trafugato da Capodimonte

L’Armadio della vergogna

Questa espressione fu usata dal giornalista Franco Giustolisi per indicare fisicamente un armadio trovato nel 1994 nel palazzo Cesi-Gaddi, sede della Procura Militare. Fu notato per puro caso all’interno degli scantinati della procura: le ante erano rivolte verso il muro e chiuse con un lucchetto senza chiave. Una volta aperto l’archivio, furono trovati 695 fascicoli segreti sulle “Atrocities in Italynascosti da 50 anni.

Era un elenco di crimini di ogni genere realizzati da italiani e tedeschi, mai portati in giudizio davanti a nessun tribunale: le ragioni furono probabilmente di opportunità politica da un lato e volontà di dimenticare le atrocità della guerra dall’altro. L’archivio è stato desecretato solo nel 2016.

Fra i protagonisti dei fascicoli segreti non poteva non comparire il “nostro” Walter Scholl come responsabile delle truppe tedesche a Napoli. L’ufficiale nazista, però, non fu mai processato perché la procura militare italiana si disse “non in grado” di fornire le prove necessarie per richiedere l’estradizione.
Riportava il procuratore militare di Napoli nel 1948 che “l’istruttoria è laboriosa e incerta” e che “I crimini tedeschi si limitano ad atti particolari di incendi, saccheggi e uccisioni compiuti da soldati tedeschi rimasti sconosciuti e dei quali è fin dubbia la appartenenza al comando Piazza di Napoli“. Insomma, nessuno sapeva i nomi. Indagine archiviata e Scholl libero. Insomma, Scurdammece ‘o passato.

Il tedesco dell’Italia e dell’Europa ne aveva le tasche piene. Era infatti fuggito da Napoli dopo l’arrivo degli americani ed aveva assunto il comando di Viterbo. Fu poi catturato dalle parti di Milano e incarcerato per due anni in un penitenziario militare.

Il mondo, però, già pensava alla ricostruzione. Dopo la guerra fu rilasciato e nel 1946 si trasferì con la famiglia ad Ulm, nella sua amata Germania. Aveva lavorato lì per quasi 10 anni quand’era un gerarca nazista. E visse serenamente in una villetta fino al 1956.

Amara ironia volle che l’ultima sentenza definitiva di assoluzione del Tribunale Supremo Militare sia arrivata l’11/5/1956, sei mesi prima della morte dell’ex colonnello.

Ed oggi, in Italia, non ricordiamo più nemmeno quale sia il vero nome di Scholl.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/09/26/crimini-di-scholl-wessel-nellarmadio-della.html
https://forum.axishistory.com/viewtopic.php?t=213967
https://books.google.it/books?id=SJF0SAka6dwC&pg=PA137&lpg=PA137&dq=oberst+walter+scholl&source=bl&ots=hdS83mqLxi&sig=ACfU3U3Tp8pU-C44l5MRoVaUfDoh-2n47Q&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwig7PXdvZ3sAhWeA2MBHcRNAmYQ6AEwEHoECAEQAg#v=onepage&q=oberst%20walter%20scholl&f=false
https://espresso.repubblica.it/attualita/2016/02/15/news/stragi-nazifasciste-l-armadio-della-vergogna-adesso-consultabile-online-1.250535
http://www.lexikon-der-wehrmacht.de/Personenregister/S/SchollWalter.htm

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