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La Fontana di Bellerofonte di Avellino è una di quelle sorprese che incontri lungo la strada, magari alla fine di una passeggiata gastronomica fra le specialità irpine offerte dai ristoranti del capoluogo.

È famosa con il soprannome “fontana dei tre cannoli” per le tre bocche d’acqua e ti sorprende con i suoi marmi bluastri e con le sue decorazioni eleganti ed è figlia di un atto di generosità del principe Francesco Marino Caracciolo, un personaggio che fu protagonista durante la rivolta di Masaniello, famoso per il suo carattere orgoglioso e indomabile.

Si tratta di una fontana che fu costruita sul rudere di un vecchio e anonimo abbeveratoio proprio per abbellire la strada, che un tempo era una delle tante arterie anonime che portavano in città.
Oggi si trova a pochi metri dal centro storico ed è un gioiello di eleganza che regala l’acqua pura e freschissima del Monte Partenio.

Una prospettiva della strada

La firma sulla Fontana di Bellerofonte: Cosimo Fanzago

Questa fontana fu costruita poco dopo l’epidemia di peste ad Avellino (nel 1688 precisamente) da Francesco Marino Caracciolo, uno dei tanti figli della nobilissima famiglia napoletana che, fra i tanti protagonisti della Storia cittadina, ha dato il nome anche al Lungomare di Napoli.
La famiglia Caracciolo spese infatti ingenti somme per migliorare le condizioni igieniche della città irpina, oltre a fornire cibo e sostegno medico agli ammalati. Fra le opere di rinnovamento della città compare quindi anche questa fontana costruita sul rudere di un vecchio abbeveratoio in pietra.
Il principe decise di ingaggiare Cosimo Fanzago, suo carissimo amico, per creare un monumento elegantissimo in una parte della città allora periferica.

fontana di bellerofonte
Un dettaglio della fontana di bellerofonte

La leggenda di Bellerofonte e la statua rubata

La Fontana di Bellerofonte racconta un mito di origine greca. Il suo vero nome era Ipponoo e diventò famoso per aver ucciso involontariamente il re di Corinto, Bellero.
Da questa vicenda di sangue cominciarono le sue avventure per cercare di purificarsi l’anima, ormai corrotta: fu mandato ad uccidere la leggendaria Chimera, un mostro descritto da Omero come una bestia che sputava fiamme con la testa di leone, il corpo di capra e la testa di serpente. Ci riuscì grazie ad uno stratagemma e all’aiuto di Pegaso, il famosissimo cavallo alato della mitologia greca.
Riuscì nell’impresa versando piombo fuso nella bocca della Chimera. Poi fu mandato a sconfiggere da solo l’esercito delle Amazzoni e dei Solimi. Ci riuscì, ma cominciò a sentirsi invincibile e peccò di “ubris”, la tracotanza.

Bellerofonte era infatti convinto di poter raggiungere l’Olimpo grazie all’aiuto di Pegaso e gli dei, furiosi per la sfida, mandarono un tafano per pungerlo. Per il dolore, l’eroe greco cadde dal cavallo in volo e rimase paralizzato a vita.
Nella nicchia centrale, oggi vuota, c’era una statua che rappresentava Bellerofonte nell’atto di uccidere la Chimera. Fu rubata nel caos del terremoto dell’Irpinia del 1980.

Fontana di Bellerofonte
Fontana di Bellerofonte

Francesco Marino Caracciolo: il principe “inquieto” che fece uno sgarbo al Papa

La fontana di Bellerofonte racconta una vicenda degna del carattere di Francesco Marino Caracciolo: era un personaggio irrequieto e orgoglioso, amante dell’arte e particolarmente affezionato al territorio di Avellino (non a caso: era Principe di Avellino e la sua famiglia viveva in una immensa residenza ad Atripalda). Fu Gran Cancelliere a Napoli grazie alla raccomandazione dello zio ma, nonostante la fedeltà alla Spagna, ebbe una storia di continui conflitti con tutti i potenti, dal Viceré di Napoli al Papa.
Per il suo temperamento irruento e poco conciliante nei confronti della politica, il rampollo dei Caracciolo finì addirittura in carcere per aver insultato il viceré.
Lanciò addirittura una lettera di sfida nei confronti della famiglia Colonna, eterna rivale dei Caracciolo, che rischiò di scatenare una faida fra famiglie nobiliari.
Fra le tante azioni audaci del principe di Avellino c’è anche uno “sgarbo al Papa”: fu infatti scelto per inviare a Roma i tributi che ogni anno il Regno di Napoli doveva versare allo Stato Pontificio.
Quando Caracciolo giunse a Roma, il Papa Innocenzo X gli chiese di aspettare prima di essere ricevuto. Indispettito, decise di tornare a Napoli senza nemmeno aver ottenuto licenza dal Papa.

Fu un amante profondo della cultura: oltre a finanziare i migliori artisti dell’epoca (era appunto amico intimo di Cosimo Fanzago, autore della Fontana di Bellerofonte), fondò nella sua Atripalda l’Accademia degli Inquieti: un nome più azzeccato non poteva esistere!

Questo temperamento orgoglioso e irriverente era tanto pericoloso in politica quanto eccellente in battaglia: Francesco Marino Caracciolo era infatti un militare fantastico, che riuscì a respingere l’assalto dei Francesi. Guidò anche l’esercito spagnolo contro i rivoluzionari durante la ribellione di Masaniello, con una ferocia tale da fargli guadagnare rispetto e considerazione da parte del Duca d’Ossuna, il viceré dell’epoca (già spettatore di altre rivolte sanguinose). Furono questi meriti militari che lo salvarono dal carcere a vita quando, per un intrigo politico a suo danno, Caracciolo arrivò ad insultare lo stesso viceré.
Morì a soli 41 anni per malattia, dopo aver combattuto anche a Pavia e a Salerno contro i Francesi che provarono a invadere i domini spagnoli.

Ed oggi, fra la tracotanza di Bellerofonte e il carattere esplosivo di Francesco Marino Caracciolo, in una fontana di Avellino si nasconde una storia che collega due personaggi di epoche diverse.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-marino-caracciolo_%28Dizionario-Biografico%29/

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