Castel Sant’Elmo domina Napoli. Con la sua posizione privilegiata è protagonista da 700 anni della storia di Napoli, comparendo prepotente in tutti i dipinti della città e, oggi, regalando uno dei panorami più suggestivi in assoluto ai fotografi che lo visitano.
Quando fu costruito, in realtà, non aveva affatto intenzioni così pacifiche: era infatti considerato una fortezza “invincibile” e non tradisce la sua natura militare il fatto che è rimasto in mano al demanio militare fino al 1976!
Si tratta anche dell’unica fortificazione al mondo a sei punte e, quando fu costruito, fu criticato addirittura perché “troppo sicuro“: era praticamente impossibile anche da demolire. Fra le tante cose, fu anche utile per bombardare la città in caso di rivolte.
Quante avventure ha visto da lassù!
Aiutaci a raccontare questa storia in una targa: dona cliccando qui!
Una nascita angioina, ma c’era già qualcosa prima
Roberto D’Angiò fu un re ricordato con grande stima dai napoletani. D’altronde, oltre a Santa Chiara, anche Castel Sant’Elmo è un’opera che porta la sua firma. O meglio: porta la firma dello scultore senese Tino da Camaino, invitato dal re per costruire una fortificazione a difesa della città: il Maschio Angioino era infatti troppo vulnerabile e non era capace di difendere l’intera città.
Non si sa molto della forma che Sant’Elmo aveva in origine ed è abbastanza sicuro che sul Vomero c’era già prima una fortezza normanna chiamata “Belforte”, ma fu completamente rasa al suolo per la costruzione del nuovo castello.
La resistenza di Castel Sant’Elmo fu subito testata dopo l’inaugurazione che avvenne nel 1343: fu infatti utilizzato per la difesa di Napoli dall’esercito di Ludovico d’Ungheria, il fratello di Andrea, il re di Napoli mancato.
Il castello vecchio non se la passò bene nei suoi primi anni, passando di assedio in assedio, fra Angioini e Aragonesi. Fu anche venduto: la regina Giovanna II D’Angiò lo cedette per 10.000 ducati ad Alfonso di Aragona.
Perché si chiama Castel Sant’Elmo?
Esiste un santo di nome Elmo? No. In realtà il santo si chiama Erasmo di Formia ed è l’uomo al quale fu dedicata una antica chiesa sotto il castello. Era il protettore dei marinai e dei malati di stomaco e a lui è attribuito il fenomeno del fuoco di Sant’Elmo, ovvero quei lampi blu che compaiono poco prima dei temporali vicino agli alberi maestri delle navi. Erano considerati un buon auspicio.
La collina del Vomero era infatti chiamata in precedenza “Colle di Sant’Erasmo”. Ancora prima era conosciuta dai romani come Patruscolo.
La fortezza invincibile
Il castello che conosciamo adesso è merito di Pedro Luis Escrivà, un architetto di Valencia particolarmente appassionato di punte. Nel senso che tutte le sue fortificazioni militari erano disegnate a forma di stella, per massimizzare la forza di fuoco.
Escrivà conosceva già bene Napoli, in quanto aveva difeso la città dall’assedio del sanguinario Conte di Lautrec e, quando fu convocato da Pedro di Toledo, un uomo dalle mille risorse, non esitò a far lavorare la fantasia. L’imperatore Carlo V nel 1537 aveva dato carta bianca per i fondi della ricostruzione della vecchia fortezza angioina: bisognava creare qualcosa di incredibile.
Il progetto di Escrivà, in effetti, fu talmente estremo da essere criticato da molti ingegneri militari dell’epoca: 60.000 metri quadri di fortezza coperta da migliaia di tonnellate di mattoni e cemento, ferro e piombo; le sei punte permettevano ai cannoni di mirare agevolmente in qualsiasi direzione; le mura erano talmente spesse da essere impossibili da abbattere “non solo per le armi moderne, ma anche contro ogni possibile invenzione futura“; era presente un profondo fossato con ponte levatoio; c’erano immensi magazzini d’acqua, armi e di cibo. Il progetto andò a gonfie vele finché, nel 1587, un fulmine fu attratto dall’enorme massa di metallo accumulata nel castello e fece saltare per aria la polveriera, uccidendo 150 uomini e devastando gli alloggi militari e la chiesa.
Domenico Fontana, lo svizzero superstar dell’architettura di quei tempi, fu quindi chiamato per concludere l’opera.
Un castello contro la città
Il nuovo castello invincibile fu provato pochi anni dopo non contro gli invasori, ma contro i napoletani: era infatti il 1647 e Napoli era stata messa a soqquadro da una delle numerose rivolte popolari. Quel caso fu particolarmente grave: con Masaniello la tenuta del governo spagnolo sembrava davvero giunta al capolinea e il viceré, Rodrigo Ponce de León, disperato ordinò il bombardamento della città da Sant’Elmo, che fino ad allora era l’unico castello napoletano non conquistato dai popolani.
Proprio in quegli anni prese corpo la nuova destinazione di Castel Sant’Elmo, che di anni ne aveva ben 300: diventò un carcere militare di grandi dimensioni e ben protetto. Sotto i Borbone passarono nelle segrete di Sant’Elmo un’infinità di personaggi famosi: da Giustino Fortunato a Domenico Cirillo, arrivando a Bausan, Pietro Colletta, Carlo Poerio e Silvio Spaventa. Senza dimenticare Gennaro Serra di Cassano e Eleonora Pimentel Fonseca.
Ci furono anche due ospiti illustri prima del periodo borbonico: il filosofo Tommaso Campanella probabilmente scrisse “la città del Sole” proprio durante la sua carcerazione al Vomero. Pochi anni dopo passò da queste parti Angelo Carasale, l’architetto del San Carlo.
Sant’Elmo protettore del Vomero
Archiviata l’Unità d’Italia, due guerre mondiali e una buona resistenza anche agli ultimi bombardamenti americani (con buona pace del buon Escrivà: chissà che soddisfazione per lui!), Castel Sant’Elmo rimase sempre in mano ai militari sotto forma di carcere, anche se risulta un po’ anacronistica la visione di un antico castello medievale frequentato da militari dotati di mitragliatori ed elmetti!
Se ne rese ben conto il Ministero della Difesa, che nel 1978 cedette il castello al demanio civile e nel 1988, finalmente, la fortezza fu aperta alla cittadinanza, che prima di allora non ebbe mai modo di godere dei panorami meravigliosi che si vedono dalla piazza d’armi.
Castel Sant’Elmo nacque quindi come protettore di Napoli, poi diventò una minaccia sulla testa dei napoletani, protetto da una collina selvaggia e isolata, ed oggi è diventato la terrazza privilegiata dell’affollatissimo Vomero, il quartiere residenziale per eccellenza.
Come cambia la Storia!
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Gennaro Ruggiero, I castelli di Napoli, Newton, 1996