Vicino l’acquario della villa comunale di Napoli è possibile notare una targa commemorativa che porta il nome di Heinrich Schliemann, l’archeologo che “ritrovò” l’antica città di Troia.
Chi è Heinrich Schliemann?
Nato a Nord della Germania e quinto su nove figli di un pastore protestante e la figlia del sindaco di Sternberg ebbe sin da piccolo una passione viscerale per i poemi omerici.
Una curiosità è data dal fatto che in principio fu battezzato con il nome “Julius” Schliemann, poi il nome gli venne cambiato per scelta dei genitori che persero un figlio e gli attribuirono il suo nome: Heinrich.
Nel 1829 infatti, ricevette tra i regali un libro illustrato di storie e rimase folgorato dall’immagine della disfatta di Troia grazie al genio di Ulisse e l’espediente del cavallo, unico modo per vincere la città dalle mura invalicabili.
Da quel momento promise al padre, anch’egli estimatore ed appassionato, che un giorno avrebbe ritrovato quella civiltà mitica scomparsa.
Le figure di Ulisse, Achille, Ettore e gli altri eroi accompagnarono la sua infanzia e la sua adolescenza e diventarono per Heinrich Schliemann quasi un’ossessione.
Crescendo iniziò un apprendistato da un commerciante finché non ebbe la sua ditta attraverso la quale riuscì ad avere una piccola fortuna.
Durante il suo periodo lavorativo in un bar sentì un ubriaco recitare delle parole in greco e ne rimase affascinato, più tardi avrebbe scoperto che le frasi erano tratte proprio dai poemi omerici e decise di rimboccarsi le maniche per ricominciare a seguire il suo sogno.
Nel 1863 vendette la sua impresa ed iniziò la spedizione in Anatolia, ovvero l’attuale Turchia.
Nel 1871 Heinrich Schliemann scoprì, ad Hissarlik, la mitica città di Troia.
Ogni suo desiderio era stato avverato grazie alla sua convinzione e l’archeologo riuscì anche a risalire ai nove strati che componevano la città, uno per ogni fase storica attraversata.
Circa il piano metodologico, molte fonti criticano gli errori compiuti da Heinrich Schlienmann riguardo lo studio della ricostruzione storica degli strati della città.
Edward Meyer, noto storico tedesco, però riconobbe l’importanza del suo lavoro e la sua applicazione, tanto che si espresse in questi termini:
«Il procedimento antimetodico di Schliemann, di puntare direttamente sullo strato più antico, è stato estremamente proficuo per la scienza;
difficilmente uno scavo sistematico avrebbe portato alla luce gli strati più antichi celati dalla collina e con essi quella civiltà che propriamente chiamiamo troiana.»
Edward Meyer sul lavoro di Heinrich Schliemann
Due anni più tardi ritrovò anche una serie di circa 9000 gioielli e pietre preziose, che fu definita all’epoca come Tesoro di Priamo, con l’argomentazione che il re troiano nascose agli Achei le sue ricchezze prima della disfatta.
Questa collezione fu attribuita tradizionalmente a Priamo, ma studi successivi contraddirono l’ipotesi dello studioso tedesco. Non sappiamo a chi sia appartenuto il tesoro per davvero.
Furono innumerevoli i ritrovamenti archeologici di Heinrich Schliemann, tra cui la tomba della dinastia degli Atridi (alla quale apparteneva il re Agamennone, nome che attribuì anche a suo figlio).
Una vita in giro per il mondo tra analisi e scoperte quella del tedesco, che lo portò da San Pietroburgo agli Stati Uniti, dall’Anatolia all’Egitto, dove apprese anche la leggenda di Atlantide e iniziò ad informarsi circa delle prove di una sua ideale esistenza.
Sempre però passando per la Grecia, vera “Patria spirituale” di Heinrich Schliemann.
Heinrich Schliemann a Napoli
Continuando con la sua attività di ricerca e riscoperta, il tedesco passò da Napoli per dedicarsi sopratutto allo studio su Pompei.
Il 25 dicembre 1890 però, ebbe un malore improvviso e Heinrich Schlienmann si spense il giorno dopo.
Ancora oggi è possibile leggere sulla targa a lui dedicata:
“La Germania dedica questa lapide alla memoria imperitura di uno dei suoi più illustri figli, Heinrich Schliemann, il quale riportando alla luce le vestigia di Troia Micene e Tirinto ha ridato al mondo la conoscenza della cultura omerica.
Egli moriva a Napoli il 26 dicembre 1890 durante uno dei suoi molti viaggi in Grecia”
È curioso il fatto che il destino che lo ha condotto alla riscoperta reale dei poemi omerici sia stato per lui beffardo e abbia messo fine alla sua vita in una delle città che deve la sua nascita mitica proprio all’uomo che sconfisse Troia e la sirena Parthenope.
Oggi la salma del defunto risiede ad Atene, insieme a sua moglie e a sua figlia di nome Andromaca, come la moglie di Ettore.
Fonti:
Irving Stone, Il Tesoro Greco – Il romanzo sulla vita di Henry e Sophia Schliemann