Ci sono a Napoli alcune strade chiamate o soprannominate “Via” o “Vico Soprammuro” che sono le testimonianze migliori per capire le dimensioni e l’estensione delle antiche mura della città, che tanti dispiaceri portarono ai vari invasori.

Napoli nell’antichità era infatti famosa per le sue mura invalicabili e tanto resistenti da essere “invincibili“. Eppure non c’è traccia di questa cinta muraria, se non in qualche sparuta testimonianza fatta di porte malconce e torrioni che spuntano come bozzi da edifici moderni.

Vico Soprammuro mercato
Vico Soprammuro, con il suo mercato pieno di folla e un pezzo di una torre aragonese diventato espansione del palazzo vicino.

Vico Soprammuro

È il più famoso e conosciuto “soprammuro” della città. Si trova alle spalle di Porta Nolana ed ancora oggi ha la stessa funzione che aveva 600 anni fa, quando furono costruite le mura aragonesi di Napoli: era un mercato all’epoca e lo è anche adesso.

Vico Soprammuro Ave Gratia Plena
Vico Soprammuro Ave Gratia Plena

Vico Soprammuro Ave Gratia Plena

Si trova alle spalle della Duchesca ed ha questo nome per la particolarità di trovarsi vicino ad un piccolo altare dedicato alla Madonna, poi fu costruita la vicina chiesa.
La particolarità di questo vicolo è che fisicamente si trova sopra una collinetta, che era anche perfetta come punto di avvistamento.

Mappa delle mura di Napoli
Una mappa delle mura di Napoli nel ‘600

Le antiche mura di Napoli

I lavori per ricostruire la dimensione delle antiche mura della città sono stati lunghissimi. Da Benedetto Croce a Bartolommeo Capasso, arrivando ai più abili ed esperti storici moderni dell’urbanistica come Giancarlo Alisio ed Alfredo Buccaro: ognuno ha dato il suo contributo nella storia di una fortificazione cittadina che, dopo aver sconfitto francesi, spagnoli e altri stranieri, è crollata solo dinanzi al piccone degli stessi napoletani.

Non c’è però da meravigliarsi: la prima fortificazione moderna, quella di origine romana, era davvero molto piccola. Prima ancora la città viveva ancora con le sue mura greche, che oggi spuntano a Piazza Bellini, a Sant’Agnello, a Forcella e in numerosi altri punti della città.
Le mura antiche furono rafforzate in epoca augustea e ingrandite intorno al IV secolo: con una palude ad est, i fiumi che la proteggevano a nord e il mare di fronte, Neapolis era considerata “invincibile. E fu proprio così: anche secoli dopo la caduta dell’Impero, riuscì a far impazzire il formidabile Belisario, che riuscì a entrare solo con un tranello, sfruttato anche da Alfonso d’Aragona 1000 anni dopo. Ma anche il Conte di Lautrec nel 16° secolo fu costretto a fermare la sua avanzata contro Napoli.
Nei secoli dell’Alto Medioevo, la città rimase un piccolo ducato indipendente per ben 600 anni anche grazie alle sue possenti mura in grigio piperno, che la protessero dalle potentissime Benevento e Salerno. Ancora oggi tantissime strade del centro storico della città sono modellate proprio sulla base delle forme delle mura di protezione.

Palazzi mura Porta Capuana
I palazzi costruiti sopra le antiche mura di Porta Capuana

Le espansioni delle mura

Le espansioni delle antiche mura di Napoli furono regolari, una per ogni dominazione: la città ducale, dei Sergio e degli Atanasio, fu la prima ad aggiornarle, espandendole fino all’attuale Piazza Mercato, che era un campo di saraceni. I Normanni, per il breve periodo di dominazione, si occuparono semplicemente di rafforzarle con le tecnologie di costruzione migliori della loro epoca.

Furono i francesi di Carlo d’Angiò a fare il primo grande aggiornamento, portando la cinta muraria fino a Piazza del Gesù, dove Roberto d’Angiò costruirà Santa Chiara, inglobando Piazza Mercato e Via Medina, mentre il limite estremo ad est rimaneva Via Carbonara che, ancora oggi, è dritta proprio come il lato di muro antico.

Poi arrivarono gli aragonesi, con Ferrante d’Aragona, che diedero l’impulso maggiore e ancora oggi più evidente nello sviluppo delle mura napoletane. Ancora oggi le ultime rimanenze delle fortificazioni di Napoli sono di origine aragonese: proprio qui troviamo Vico Sopramuro, che nel frastuono del mercato ancora mostra timido un pezzo di torre inglobato in un edificio. Differente sorte per Porta Nolana e Capuana, che godono di uno stato di salute migliori e sono rimaste in piedi e visibili con tanto di torri difensive.
La peculiarità dell’architettura difensiva degli aragonesi era infatti la presenza di numerosissime torri di guardia lungo l’intero perimetro, che potevano garantire una sorveglianza pressoché perfetta della capitale.
Ferrante I e i suoi eredi avevano infatti già capito che la loro corona era più traballante che mai e, effettivamente, nel ‘500 la persero assieme all’indipendenza della città.

Mura Aragonesi Vico Sopramuro
Le mura aragonesi dal lato di Vico Sopramuro, con i nomi delle torri di guardia. Lavoro straordinario prodotto da “Napoli Aragonese”.

I viceré e le prime aperture

L’epoca vicereale, sotto l’amministrazione attenta di Don Pedro di Toledo e successori, cominciò a segnare le prime aperture: i napoletani crescevano in numero a vista d’occhio e se un primo momento fu teso alla ristrutturazione delle fortificazioni aragonesi (che salvarono la città di nuovo nel 1525 dall’assedio di Lautrec), nei secoli seguenti accadde l’opposto: cominciarono ad essere demolite le fortificazioni e aperte le porte e al loro posto sorsero strade come Port’Alba. A partire da Carlo di Borbone in poi (ma già nel ‘600), ormai tutto ciò era superato: la città fu espansa a nord e ad est, senza più limiti architettonici: c’era fiducia nel futuro e ormai le invasioni, protetti dallo Stato della Chiesa e da un nuovo governo stabile, si consideravano superate: nacque così Piazza Dante e continuò la demolizione delle mura, sempre più inglobate in edifici privati e di culto.

Confine Gabella del Vino
A Capodimonte c’è il confine della Gabella del Vino della Città di Napoli. Foto di Federico Quagliuolo.

Il Muro Finanziere

Ci fu però un altro muro, un po’ anomalo, che potremmo definire ultimo in ordine di nascita: il muro finanziere di Ferdinando I, ordinato nel 1824: non doveva proteggere in quel caso la città da nemici e invasori, ma dagli evasori del fisco. Re Ferdinando IV, con le casse in rosso per le numerose guerre sostenute dal regno, aveva infatti aumentato i dazi doganali da pagare per importare prodotti a Napoli, ma con essi aumentò anche l’evasione.

E allora si decise di affidare a Stefano Gasse la realizzazione di una struttura muraria attorno a Napoli per non far entrare i possibili evasori senza passare per le dogane: l’ufficio centrale si trovava a Capodichino, nell’attuale Piazza Di Vittorio, ma ci sono numerosissime testimonianze del “muro finanziere” anche al Vomero e a Capodimonte, dove c’è ancora una targa che reca la scritta “Qui si paga per la gabella del vino“.

Tutto questo durò fino al Risanamento, che diede il penultimo colpo alle mura con la costruzione di Corso Umberto che sventrò l’antico centro medievale e infine negli anni ’50 che, durante l’epoca laurista e successive, cancellarono quasi del tutto le ultime tracce delle difese della città.

Sulle porte di Napoli, abbiamo scritto questo approfondimento.

-Chiara Sarracino

Riferimenti:
Alfredo D’Ambrosio, Le strade di Napoli antica nella città moderna, Edizione Nuova, Napoli, 1976

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