Ci troviamo in una piccola frazione di un comune dell’Alto Casertano che produce il Casavecchia, uno dei vini dalla storia più affascinante. Precisamente siamo a Pontelatone, anzi, più precisamente, a Treglia, quella che una volta si chiamava Trebula Balliensis.

Qui, dal dodicesimo secolo avanti Cristo, vi si stabilirono prima gli Osci, poi i Sanniti Caudini e, infine, i Romani.

Ma cosa c’entra tutto questo con il nostro Casavecchia? Dovete sapere che Plinio il Vecchio nel XIV libro del Naturalis Historia parla della vite e del vino mettendo in evidenza non solo il numero elevato di varietà presenti in giro per lo “stivale”, ma anche di come il terreno influisca sulla resa di un vitigno.

Ne cita anche uno proveniente dalla zona di Trebula e in molti hanno collegato questa sua citazione con il più famoso vino preferito dai soldati romani: il Trebulanum.

Un’eredità antichissima

Eppure, di questo vino così importante si sono perse le tracce, fino a quando qualcuno ha ben pensato di collegare la scoperta di un nuovo (vecchio) vitigno – avvenuta il secolo scorso proprio in quell’areale – ampelograficamente mai selezionato prima, proprio all’antico Trebulanum.  Sembra, infatti, che tale vite fu ritrovata proprio nei pressi di una vecchia masseria chiamata “Ciesi”, ricadente nell’area di Pontelatone, lungo l’antica Via Latina che univa Capua ad Alife. Fu per tale motivo che la gente del posto iniziò a definirla in dialetto “l’uva ‘e chella casa vecchia” e col tempo divenne il più famoso Casavecchia.
Siamo nella prima metà del secolo scorso e Scirocco Prisco, così si chiamava il contadino che ritrovò la vite di Casavecchia, iniziò a riprodurla con l’antico metodo della propaggine, già descritto anticamente da Columella, che prevede l’interramento di un tralcio finché non sviluppa radici proprie.

Vino Casavecchia Pontelatone Alois
Il Casavecchia – Foto gentilmente fornita dall’Azienda Alois di Pontelatone

Dove trovare il Casavecchia

Oggi il Casavecchia è una delle DOC campane ed è prodotto nei comuni di Liberi e Formicola e in alcune zone dei comuni di Castel di Sasso, Pontelatone, Piana di Monte Verna, Caiazzo, Castel Campagnano e Ruviano. Il grappolo è spargolo e ciò lo difende dalla possibilità di creare muffe indesiderate, mentre il calice si colora di un bel rubino intenso con unghia violacea, dovuto a una notevole presenza di antociani, stimati in quasi il doppio di quelli dell’Aglianico (che già non sono pochi).
Per la tipologia ” Rosso” l’affinamento deve essere di due anni – di cui almeno uno in legno – mentre per fregiarsi del titolo di “Riserva” devono trascorrere tre anni, di cui almeno 18 mesi in legno.

Non sappiamo se il Casavecchia sia davvero l’antico Trebulanum tanto caro ai Romani, però sicuramente si tratta di un vitigno antichissimo che ha resistito anche alla fillossera, morfologicamente diverso da tutti gli altri fino ad allora ritrovati, studiati e selezionati e che nell’Ottocento non era ancora conosciuto, visto che non era stato inserito nella Vigna del Ventaglio voluta da Ferdinando IV di Borbone.

“L’uva d’ ‘a casa vecchia” è, a giusta ragione, un mito ritrovato; è una leggenda tramandata…

Yuri Buono
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