Vietri sul Mare è quel cardine che unisce la Costiera amalfitana e il Golfo di Salerno. Schiacciata fra Cava de’ Tirreni e Salerno, la sua vita non è mai stata facile. Eppure, in un borgo che si divide fra una collina e il mare, la sua storia comincia addirittura prima dei tempi dell’antica Roma.
Il nome “Vietri” allora non ci deve ingannare: è probabilmente una storpiatura di “Veteri“, che significa “vecchio, antico”. Il problema è che non sappiamo nemmeno a quale città antica ci si riferisca.
Sono quasi tutti concordi sul fatto che si tratti di “Marcina“, una città di origine etrusca o sannita che si trovava dalle parti della costiera.
Sanniti ed etruschi sul mare
Il popolo sannita era abituato alle montagne e alle colline ma, davanti al panorama incontaminato di 2500 anni fa, anche loro probabilmente si lasciarono commuovere dall’area che oggi ospita Vietri sul Mare. Fu fondata infatti da queste parti (si ritiene sia il fiume Bonea il punto preciso) una piccola cittadina che i Romani chiamavano Marcina. Data la totale assenza di fonti contemporanee, però, è davvero difficile riuscire a risalire a informazioni precise.
Tutto ciò che sappiamo di Vietri risale al periodo medievale, quando Salerno era un principato longobardo nel momento più alto del suo potere: ci sono infatti numerosi documenti del X secolo che parlano di una “urbs vetus“ o, in un latino decisamente più storpiato e medievale, una “civita beteri” che si trova vicino al “flubio Bonea“. Insomma, anche se le rovine di questa città antica non ci sono pervenute, molto probabilmente era proprio l’antica Marcina, un paese di pescatori vicino Salernum.
Quel che è certo è che la storia di Vietri, che si è sviluppata in alto e in basso come l’antica Pozzuoli, fra una “Terra” che era il villaggio superiore e un “Mare” che era l’antico borgo di pescatori. Anzi, ci meraviglierà scoprire che, nonostante il boom della popolazione negli anni ’60, Vietri sul Mare ha addirittura oggi meno cittadini del 1861, anno del primo censimento d’Italia. Allo stesso modo, è anche un po’ il Lussemburgo della Campania: è infatti una delle città più ricche d’Italia.
I due fratelli, i faraglioni leggendari di Vietri sul Mare
Scoperta la piccola storia di Vietri sul Mare, in realtà c’è un’altra cosa da notare: il suo gonfalone. È dedicato ai “due fratelli” che, proprio come appaiono nello stemma cittadino, sono due faraglioni che si vedono da qualsiasi punto della città.
Questi scogli, come tutte le cose in Campania, sono legati a due leggende affascinanti. La più famosa risale ai tempi del Medioevo: quando Salerno era un principato indipendente, nell’anno 871 ci fu una ferocissima guerra contro i pirati saraceni: il principe Guaiferio IV, mentre la città era cinta d’assedio e stava capitolando, si recò personalmente dal capo dei saraceni per proporre una soluzione finale: il destino della città si sarebbe deciso con un duello fra il più bravo dei salernitani e il più forte dei saraceni. Il nemico fu d’accordo e scelse Rajan, un principe forte e spietato, che si sarebbe presentato il giorno seguente all’alba al di fuori delle porte di Salerno, dove oggi c’è la strada che porta a Vietri.
Guaiferio invece chiamò Umfredo, conte dei Landolfi, che si disse pronto a sacrificare la sua vita in nome della città.
I due contendenti cominciarono a combattere con una violenza inaudita, senza risparmiare colpi. Arrivarono fino all’attuale Vietri finché, stremati, si accasciarono al suolo con tutti i vestiti laceri. Notarono che entrambi avevano lo stesso tatuaggio sul petto: “come fai ad avere lo stemma della mia famiglia?” Esclamò Umfredo. Rajan non seppe rispondere.
Poi il salernitano realizzò: “Sei mio fratello! Quello che i pirati rapirono tanti anni fa!“. Rajan lo guardò e disse: “Ti perdono, e perdonami anche tu. Che destino crudele per noi!“.
I due si abbracciarono e scivolarono giù per la scogliera nel mare, trasformandosi nei due faraglioni di Vietri.
Un’altra leggenda, invece, è legata alle origini romane: sarebbero due pastori che morirono in mare per salvare la ninfa Roda, figlia di Poseidone.
Una città di ceramica tedesca e polacca
La produzione e la lavorazione della ceramica sono una caratteristica, non a caso, di Cava de’ Tirreni e di Vietri, che dimostra il legame strettissimo fra le due città. Si tratta di una tradizione che risale addirittura a 2500 anni fa, quando la città era un dominio Etrusco o Sannita sul mare. Le ceramiche le troviamo ovunque: come decorazione sui numeri civici delle strade; nei bagni, solitamente in cui domina il colore azzurro; nei negozi e addirittura sui campanelli delle porte di casa.
La cosa davvero insolita è che la ceramica di Vietri diventò conosciuta nel XX secolo come “la tedesca“, speciale per il suo particolare smalto e per le decorazioni dai colori vivaci, contrastati e dai fondali dai colori molto intensi.
Tutto cominciò nel periodo fascista, quando un imprenditore e artista tedesco, Richard Dolker, cominciò a collaborare con una fabbrica di ceramiche locale. Tornò in seguito in Germania, ma la voce dell’eccellenza di Vietri sul Mare si diffuse in tutto il Nord Europa e l’Italia, forte anche dell’alleanza fra i paesi dell’Asse, cominciò ad esportare numerosissime opere d’arte nel nord della Germania e nei territori occupati dai tedeschi. Allo stesso modo, con il clima antisemita crescente, l’Italia diventò una meta desiderata da molti ebrei che speravano di fuggire dalle persecuzioni naziste. Fu così che in città si trasferirono, negli anni ’30, maestri d’arte di origine ebrea che vivevano in Polonia e in Germania: Irene Kowaliska, Gunther Studermann o Margherita Thewalt sono nomi che oggi ci dicono poco, ma in passato erano famosissimi e vissero a Vietri fino alla fine della II Guerra Mondiale, quando lo sbarco americano e le rappresaglie tedesche cominciarono a rendere poco tranquilla anche la zona costiera. Non dimentichiamo che proprio a Vietri, infatti, venne a vivere Vittorio Emanuele III nel breve periodo di Regno del Sud con capitale Salerno.
Nel suo periodo d’oro, Vietri contava ben 14 fabbriche di ceramica su un suolo cittadino di pochi chilometri quadrati e poco più di 8000 abitanti: cifre da record. Oggi questa storia è celebrata nel museo della ceramica.
Oggi la città è sopravvissuta alla speculazione edilizia con grande dignità, con le sue case piccole e graziose, il clima ventilato tipico della Costiera e quel mare dal colore smeraldo che solo la provincia di Salerno ci regala. Come un gioiello rarissimo da ammirare e custodire gelosamente.
-Chiara Sarracino
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