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Danae è un dipinto a olio su tela (120×172 cm) realizzato da Tiziano Vecellio  e conservato nel Museo di Capodimonte di Napoli.

L’artista iniziò il suo capolavoro nel 1544 a Venezia e lo terminò a Roma tra il 1545 e il 1546, in seguito il quadro fu trasferito a Parma, nel palazzo della Pilotta, dove risulta negli inventari. Come tutta la collezione Farnese, fu ereditato da Carlo III di Borbone e trasportato a Capodimonte. Durante la rivoluzione del 1799 fu trasferito a Palermo e tornò nuovamente a Napoli con la restaurazione per essere conservato nel “Gabinetto delle cose oscene”.

Mito di Danae
Danae

Perché Danae suscitò così grande scandalo?

La fanciulla formosa è ritratta con lo sguardo rivolto verso l’alto, avvolta dalla penombra; il corpo è placido, rilassato, le gambe, benché coperte, sono aperte a ricevere la pioggia fecondante; l’emozione di Danae è tale da afferrare energicamente le lenzuola con la mano destra: in questa versione la fanciulla si dona a Giove per amore, come è testimoniato anche dalla presenza del Cupido. Non è la ricchezza che la seduce, dunque, ma un reale sentimento erotico.

Mano di Danae

Chi è Danae?

In Argo, una delle città più antiche della Grecia, regnava un re, Acrisio, il quale aveva una figlia bellissima, chiamata Danae. Ed entrambi sarebbero stati sicuramente felici se un oracolo non avesse predetto ad Acrisio che sarebbe morto per mano del figlio della figlia. Bisogna riconoscere che oracoli simili erano molto frequenti nella Grecia della leggenda, e questo dimostra che, in quel tempo, i figli dei re avevano una gran fretta di sbarazzarsi dei padri e salire al trono in loro vece.

Acrisio voleva bene a Danae, ma non tanto da consentirle di mettere al mondo un nipotino destinato a ucciderlo; e, per evitare che questo evento avesse a realizzarsi, pensò che la cosa migliore era quella di togliere dalla circolazione la figlia.

Fece dunque rinchiudere Danae in una torre di bronzo, o come altri sostengono, in acciaio, e avvertì tutti i principi dei dintorni di non venire neppure a chiedere la sua mano perché la figlia doveva essere considerata morta.

La ragazza si affliggeva nella sua torre e non sapeva che già da tempo Zeus la aveva notata e aveva deciso di farla sua sposa. Un giorno, mentre Danae guardava dalla finestra della prigione il cielo infinito, vide addensarsi grosse nuvole e poi sprigionarsi un tremendo uragano. Ma tra i neri cirri appariva una nube luminosa dalla quale pareva cadere un getto d’oro. Quella luminosa pioggia batteva contro la torre venendo in sghembo e ad un tratto raggiunse la finestra e penetrò nella cella.

Fu come se vi fossero entrati mille rivolenti di oro fuso; le gocce rimbalzavano, scintillavano: in breve Danae si vide tutta circondata da un luccichio sfavillante che le abbagliava la vista; e in quella luce le balenò per un attimo il volto di Zeus che le diceva : ” Ti ho scelto come mia sposa “. Così le precauzioni di Acrisio si dimostrarono inutili e da quelle nozze nacque il temuto nipote.

L’ affascinante mito greco conquistò il grande Tiziano che decise di immortalarlo per sempre su una delle sue tele più famose.

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