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Probabilmente a molti sarà capitato di trovarsi lungo la strada del litorale campano, bloccati nel traffico, in una calda giornata estiva, o magari in spiaggia, sotto il sole di agosto, e incrociare un venditore dei tipici biscotti di Castellammare. Dalla classica forma di sigaro, questi prodotti hanno una storia secolare e un gusto intramontabile.

Le origini degli “anginetti”

I biscotti di Castellammare vengono generalmente venduti insieme ai taralli, ricoperti di glassa zuccherata, i tipici anginetti. Venivano consumati sin dall’epoca degli Angioni, probabilmente fu per questo motivo che vennero chiamati così. Molti, invece, ritengono il loro nome derivi dalla particolare forma, simile a quella di un uncino. Il loro gusto inconfondibile ha accompagnato intere generazioni campane , tant’è che in Montedidio, romanzo di Erri De Luca, lo scrittore li cita nel ricordare la sua infanzia:

“Aspettavamo babbo e quando usciva con la giacca buona e la camicia bianca abbottonata fino al collo e si era lavato e pettinato, eravamo la più bella famiglia della marina.
Passeggiavamo fino a Mergellina passando per Santa Lucia, mi comprava un tarallo di Castellammare.”

La nascita dei biscotti di Castellammare

Le origini dei biscotti di Castellammare risalirebbero al periodo dei Borbone, ma la data ufficiale è attestata nel 1848, quando i fratelli Riccardi, proprietari dell’omonimo biscottificio, per la prima volta misero in vendita questo prodotto dal gusto intramontabile. La sua ricetta non venne mai rivelata, divenne piuttosto un segreto di famiglia, da tramandare di generazione in generazione.

Ad accentuare il mistero fu Donna Concetta, figlia di Francesco Riccardi. Si dice che a un certo punto della preparazione allontanasse i cuochi dalla sua cucina per aggiungere un ingrediente segreto. Forse fu anche per tale motivo che numerosi furono coloro che volevano conoscere la ricetta dei biscotti più amati di quel periodo, ma Donna Concetta decise di non rivelarla mai a nessuno, rifiutando anche le offerte in denaro dei più benestanti tra i suoi estimatori.

Probabilmente qualcuno risentì in modo particolare di questo rifiuto in paese, tant’è che la donna morì avvelenata e il suo presunto assassino non fumai scoperto. Per fortuna, prima del suo decesso, aveva svelato il suo segreto all’unico cui, secondo la tradizione, spettasse davvero: suo figlio Mariano.

Di padre in figlio la produzione dei biscotti di Castellammare è stata tramandata fino a oggi, benché ormai le tecniche di preparazione siano molteplici. Attualmente la ricetta più comune richiede gli stessi semplici ingredienti (per lo più farina e zucchero) e i biscotti vengono venduti nella stessa carta blu dell’antico forno Riccardi.

fotografie e riferimenti: http://www.italiaa3.com/it/castellammare-la-citta-delle-acque/

Laura d’Avossa

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