“Abu Tabela” è un nome che, all’ inizio del XIX secolo, faceva rabbrividire i cittadini della città di Peshawar. Un uomo spietato e dal pugno di ferro, assoldato dal maharaja dell’ impero Sikh per sedare le rivolte dei territori recentemente annessi ai suoi possedimenti, proveniente dalla lontana Agerola. La sua fu una vita avventurosa, ma ricca di violenza: da speranzoso soldato semplice affascinato dalla figura di Napoleone a brutale oppressore dalla vita lussuosa.
Un soldato nato
Abu Tabela è la traslitterazione in lingua pashtun del cognome di Paolo Crescenzo Martino Avitabile, di Agerola, classe 1791, parte di una famiglia in vista e numerosa.
Quando era solo un bambino, assistette, nella sua città natale, ai moti che ricalcavano quelli della Rivoluzione napoletana del 1799 e, forse ispirato da questi, una volta diventato adolescente, quando si cominciò a sentir parlare di Napoleone anche in Italia, ne rimase profondamente affascinato.
Nel 1806, l’esercito napoleonico occupò il Regno di Napoli. L’anno dopo, con entusiasmo, il giovane Paolo Avitabile entrò in una miliza volontaria organizzata dalle truppe francesi. Nel 1810, le milizie furono accorpate all’esercito regolare, al servizio del detentore del trono del Regno di Napoli, Gioacchino Murat.
Fedelissimo seguace del nuovo sovrano, Avitabile seguì Murat in ogni campagna, scalando rapidamente le gerarchie dell’esercito e ottenendo anche delle onorificenze. Tuttavia, il sogno finì nel 1815, dopo la morte di Murat, la disfatta dell’esercito napoleonico e il ritorno di Ferdinando IV sul trono, dopo il Congresso di Vienna.
Ma Avitabile non perse occasione di riemergere: giurò fedeltà al vecchio sovrano, potendo così mantenere il suo titolo anche nell’esercito borbonico. Fu immediatamente impiegato per riconquistare le ultime posizioni occupate dalle rimanenze dell’esercito napoleonico, distiguendosi in particolare nello scontro che ci fu a Gaeta, in cui dimostrò grande valore.
Un suo superiore segnalò le sue gesta al Re, che tuttavia non volle approvare la sua promozione a capitano, in quanto Avitabile era un ex-napoleonico. Questa notizia ferì non poco l’ambizioso Paolo, che aveva fatto della carriera militare il suo scopo vitale.
A soli 27 anni, il tenente Avitabile decise di dimettersi dal suo incarico nell’esercito borbonico, ecessivamente amareggiato dalla sua mancata promozione. Ma, ancora una volta, non si diede per vinto e decise di andare ben lontano da casa in cerca di nuove opportunità.
Il medio oriente: terra di opportunità
Dopo aver affrontato numerosi viaggi nel Mediterraneo, il giovane Avitabile ebbe occasione di presentarsi a degli inviati del sovrano di Persia, ai quali offrì di mettersi al servizio dello Scià, come militare.
Date le sue referenze, fu reclutato immediatamente e, dopo un viaggio fino a Tehran, ricevette i suoi primi incarichi, perlopiù incentrati sul mantenimento dell’ordine pubblico: infatti, aveva ordine di sedare le rivolte in alcune città del regno.
Si distinse fin da subito per i suoi metodi, al punto da essere incaricato di addestrare le truppe kurde, con le quali si dimostrò un comandante inflessibile e rigoroso, ed anche di coordinare attacchi contro le tribù restie all’annessione.
Lo Scià fu così soddisfatto del lavoro svolto da Avitabile da volergli conferire il titolo di Kan di Persia e delle onorificenze. Dopo aver proseguito il lavoro di pacificazione delle province ribelli del Regno, ottenuto il ruolo di colonnello, diede le dimissioni dall’incarico prima che la Persia entrasse in guerra con la Russia, ritenendo che una sconfitta avrebbe macchiato la sua brillante carriera. E, in effetti, si dimostrò lungimirante, poichè l’esito dello scontro fu a favore della Russia.
Decise, all’età di 35 anni e con un curriculum di tutto rispetto, di tornare nel Regno delle Due Sicilie, dove fu accolto festosamente e con grande rispetto dal nuovo sovrano , Francesco I. Ricco e famoso, Avitabile abitò a Napoli per un po’, ma oramai non più abituato da tempo ad una vita sedentaria e desideroso di nuove avventure e di lastricare la strada della sua carriera militare con nuovi brillanti successi, decise di ripartire subito per l’oriente.
L’agerolese “Abu Tabela” e il maharaja
La prossima destinazione: l’India. Paolo Avitabile, invitato da ufficiali con cui aveva stretto amicizia sul campo di battaglia, colse l’occasione offertagli dal maharaja del Punjab e si apprestò a partire per un lungo viaggio fino alla città di Lahore, dove si presentò al sovrano, Ranjit Singh, che lo prese subito al suo servizio e per il quale il giovane colonnello avrebbe dato il meglio (o forse il peggio) di sè.
Il desiderio di Ranjit Singh era di addestrare un grande e possente esercito, secondo i metodi europei, per espandere il grande stato di cui era sovrano e per sedarne le rivolte con efficienza. Per questo motivo, chiamò a sè tre ufficiali europei, tra cui Paolo Avitabile, che già vantava grande esperienza nel campo delle ribellioni neutralizzate e che vantava un impressionante curriculum per la sua età.
L’agerolese, infatti, grazie al temperamento che lo aveva reso famoso, riorganizzò la porzione che gli era stata affidata dell’esercito del Punjab in modo ottimale. Il sovrano gli affidò, inoltre, la direzione delle artiglierie e degli arsenali, dimostrando completa fiducia nelle sue abilità.
Avitabile divenne amico personale di Singh e, grato per la vita agiata che il mahraja gli stava fornendo, pare che affisse un suo ritratto nella sua sfarzosa abitazione, di fianco a quello del suo primo, grande ispiratore: Napoleone Bonaparte, l’uomo per cui ha dato inizio alla sua lunga avventura.
Al seguito dell’eccellente lavoro svolto presso la città di Wazirabad, Singh decise di affidare all’oramai generale Paolo Avitabile un ruolo ben più difficile: mantenere il controllo su una città notoriamente avversa al sovrano, che aveva visto una serie di governatori assassinati ed un’atmosfera tesa e irrequieta, dovuta anche alle scorribande di banditi che erano noti per commettere ogni genere di violenza: la città di Peshawar, oggi parte del Pakistan.
Ancora una volta, il mahraja ripose saggiamente la sua fiducia in Paolo Avitabile.
Il primo gesto di Avitabile fu di ordinare ai suoi uomini disporre una serie di pali e funi attorno alle mura cittadine. Un gesto che in un primo momento non fu compreso dai ribelli e dai banditi, fino a quando, non molto dopo, ciascun palo fu usato per appendere ed esporre cadaveri di predoni e oppositori.
Non passò molto tempo perchè Avitabile si dimostrasse un vero “uomo d’acciaio”: ogni persona che commettesse un delitto era punita allo stesso modo, ai ladri venivano tagliate le mani, alle spie ed ai nemici del regno veniva, invece, recisa la lingua.
In breve tempo, la criminalità e le incursioni di banditi si ridussero esponenzialmente. E gli interventi del generale di ferro non riguardavano solo l’ordine pubblico: Avitabile, infatti, fece abbattere molti edifici malsani e fatiscenti, riorganizzando diverse aree cittadine, inoltre si occupò anche di far cessare gli attacchi da parte dei villaggi stranieri vicini.
La sua immagine, con sfarzose uniformi che già portava dai tempi dei suoi incarichi presso i Borbone, rimase impressa nella mente e nell’immaginario collettivo della popolazione locale, che lo chiamava con una traslitterazione del suo cognome, “Abu Tabela”, il cui suono fageva gelare il sangue a chiunque lo udisse in quel di Peshawar.
Pare che le madri del posto usassero questo nome allo stesso modo in cui, in Italia, viene usato quello dell’ “uomo nero” per spaventare i bambini più irrequieti.
Il ritorno a casa
Nel 1839, Ranjit Singh morì, lasciando un vuoto di potere che sfociò nell’ammutinamento di una parte dell’esercito. Un giorno, Avitabile vide le mura di Peshawar circondate di soldati ribelli, molto agguerriti, che pretendevano un lauto pagamento dal generale, minacciando di attaccare. In un primo momento, fu loro accordato. Tuttavia, al crescere della richiesta di denaro, il generale si spazientì. Così, prese accordi segreti con delle tribù stanziate nelle vicinanze perchè, nella notte, sterminassero i soldati ammutinati.
Nei mesi successivi alla morte del “Leone del Punjab”, la cattiva gestione del potere e le congiure di palazzo portarono un grande squilibrio politico nello Stato, che entrò presto nel mirino degli inglesi. Avitabile, come sempre freddo e lucido, decise di assecondare il desiderio espansionistico britannico. Nel 1843, Paolo Avitabile pose fine all’incarico più impegnativo della sua carriera, definitivamente. Poco dopo, lasciò il paese. Nel 1848, Punjab divenne provincia dell’Impero coloniale britannico.
Nel 1844, Avitabile tornò a Napoli ed ottenne il riscatto che non era riuscito ad avere da giovane: fu ospitato da Ferdinando II, che lo nominò generale e gli conferì il titolo di cavaliere dell’Ordine di San Ferdinando. Ricevette onorificenze e ringraziamenti anche dall’esercito inglese, con cui aveva collaborato.
Dopo una breve permanenza a Napoli, decise di ritornare alla sua terra d’origine, Agerola, dove si stabilì, acquistando una lussuosa residenza. Dedicò a sè stesso e ai propri affari economici gli ultimi anni della propria vita.
Una curiosità: pare che la mucca di razza Agerolese abbia avuto origine grazie ad un incrocio tra bovini di proprietà del generale Avitabile! Infatti, lui ebbe in dono dal Duca di Wellington delle mucche di razza Jeresey, una vera rarità, dato che era vietato portarle fuori dal Regno Unito. Queste mucche furono incrociate con bovini di razza bruna alpina, per dar luogo ad una razza molto famosa per la qualità del suo latte, che oggi purtroppo è a rischio estinzione.
Inoltre, oggi ad Avitabile, tuttavia con l’appellativo di “Abu Tabela”, è deducato un sentiero nei pressi di Furore, ricco di vigneti e immerso nella campagna.
La morte di Paolo Avitabile avvenne in circostanze poco chiare. Tra le ipotesi, pare che sia stato avvelenato da un servitore che voleva appropriarsi delle sue ricchezze, oppure che inalò troppi fumi di una stufa accesa mentre dormiva, o ancora si parla di un omicidio compiuto da sua moglie, furiosa per via delle numerose amanti del marito.
La sua tomba, nella sua città natale, racconta dei suoi titoli, ma non delle orribili gesta che hanno portato al loro conseguimento.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
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