Chi ha vissuto quel momento ancora non se lo riesce a spiegare. Una mattina all’improvviso compaiono centinaia di autocarri dell’esercito che circondarono Pozzuoli. Per chi aveva conosciuto la guerra, sembrava quasi un’invasione.
E invece i militari erano lì, per lo sgombero del Rione Terra del marzo 1970: il loro compito era quella di portar via i cittadini dalle proprie case senza una spiegazione, con le buone o con le cattive.
Fu il giorno in cui cambiò completamente la storia di Pozzuoli.
Un terreno che respira
Il fenomeno del bradisismo flegreo è arcinoto sin dai tempi dell’antichità. Di fatto, abbiamo sviluppato la nostra intera civiltà sulla crosta dell’apocalisse: l’ultima eruzione del vulcano dei Campi Flegrei fu infatti quella che fece estinguere buona parte delle specie viventi nel continente. Se si risvegliasse all’improvviso, sarebbe capace di cancellare l’intero Mediterraneo in un battibaleno.
Il vulcano, per fortuna, non ha intenzione di svegliarsi a breve, pare. Ma fa sentire benissimo la sua presenza con i movimenti del terreno, che si solleva e si abbassa come qualcuno sotto terra stesse respirando: il fenomeno di bradisismo ascendente infatti si verifica quando fisicamente il terreno si innalza, mentre quello discendente quando si abbassa: non è un caso che a Pozzuoli ci siano due coppie di ormeggi per ogni barca, proprio per adattare il porto ai momenti del suolo.
Il momento in cui si pensò che l’apocalisse fosse arrivata fu il 28 settembre 1538, quando il mare si ritirò improvvisamente di 370 metri, lasciando migliaia di pesci sulla riva. Fu il giorno dell’eruzione del Monte Nuovo.
Insomma, a ben guardare, la storia del Rione Terra è fatta di continui abbandoni e ripopolamenti. A volte per invasioni, come accadde con l’assedio di Totila, altre volte per i movimenti della madre terra.
Lo sgombero del Rione Terra nel 1970
I piani previsti dal Ministero dell’Interno erano due: in caso di movimenti eccessivi del terreno era necessario o evacuare completamente Pozzuoli o il solo Rione Terra.
Si optò per la seconda opportunità. Ed eccoci alle ore 12.50 di quel 2 marzo 1970. La terra si innalzò come mai prima di allora: da diversi giorni infatti i marinai stavano avendo difficoltà ad ormeggiare e i portelloni dei traghetti, anziché andare in discesa, addirittura erano in salita.
Con un ordine del prefetto furono mobilitate tutte le forze armate presenti in zona flegrea e da Napoli. Arrivarono incolonnati con camionette militari e autobus dell’ATAN che circondarono l’impenetrabile Rione. Si piazzarono in fila lungo l’intero perimetro della rocca, imitando una posizione d’assedio.
Una piccola macchina, con l’altoparlante sul tetto, esortava all’ordine e chiedeva ai cittadini puteolani di collaborare.
No, non era un rastrellamento di guerra. Erano i militari italiani chiamati all’ingrato compito di sgomberare mezza città.
Immaginiamo di trovarci, dalla sera alla mattina, con i militari alla porta che ci obbligano a lasciare immediatamente casa. Cosa penseresti? Cosa porteresti?
Le scene, documentate da Riccardo Carbone e da altri fotoreporter dell’epoca, sono agghiaccianti: intere famiglie sedute sull’asfalto in attesa di essere trasportate di forza all’Ospedale Psichiatrico di Miano, una struttura costruita e mai inaugurata. Alcuni provavano a portare reti e letti presi dalle proprie case, altri stringevano sul petto alcune fotografie di famiglia e i pochi beni che si potevano portare dentro una borsa o una valigia. Ci furono diverse scene strazianti fra uomini allontanati con la forza dalle proprie case, donne in lacrime con attorno bambini spaesati, anziani barricati dentro i propri appartamenti.
Proprio i signori più anziani di evacuazioni del Rione Terra ne avevano vissute diverse: nel 1926, nel 27 e nel 29 ci furono infatti eventi analoghi, ma gli sfollati furono presto riportati a casa.
“È morta Pozzuoli”
Fu una processione durata due giorni. Dal Rione Terra furono evacuate circa 5000 persone, ma a seguito dell’evento Pozzuoli fu abbandonata da altri 20.000 cittadini terrorizzati. Alcuni fuggirono da parenti in ogni parte d’Italia e non tornarono più, altri invece furono mandati nella periferia nord di Napoli, anticipando il dramma degli sfollati che sarebbe arrivato nel 1980.
Sui giornali cominciarono i titoli da catastrofe: “un vulcano al posto di Pozzuoli“, “presto Puteoli sarà solo un nome nei libri di Storia“. Il sindaco annunciò che avrebbe sciolto la giunta comunale perché “tra qualche mese non avremo più cittadini da amministrare“. Nel frattempo il Comune fu assaltato dai cittadini furiosi: chi voleva la testa del sindaco, chi biglietti per emigrare, chi una casa nuova, chi un’assistenza sanitaria. Pozzuoli era una bomba sociale.
Una delle poche voci lucide fu quella della giornalista Eleonora Puntillo, che raccontò in presa diretta quella che fu chiamata “la morte di Pozzuoli”.
Alla fine, passati 21 giorni dall’evacuazione, giunti sul territorio scienziati da Yale, Harvard e Tokyo, si arrivò a una prima conclusione: il fatto non era tutto sommato così grave e il clima di terrore era stato una grossa bolla. Scoppiarono polemiche infinite. Ma gli affidamenti edilizi per i piani di ricostruzione erano già stati avviati. Nessuno sarebbe più tornato a casa.
Due sgomberi passati, occupazioni abusive future
In realtà il Rione Terra non se la stava passando bene da un po’. Nel 1964 un incendio aveva distrutto parte della Cattedrale di San Procolo, facendo scoprire i primi accenni di quello che si scoprirà essere il Tempio di Augusto. Nel 1967 e nel 1969, invece, furono evacuati due pezzi del quartiere, dichiarati inagibili e pericolanti a seguito dei primi segnali di bradisismo. Anche se, in realtà, per larga parte il quartiere era inabitabile. Il Comune non era però pronto ad affrontare un’emergenza sociale con evacuazioni di massa e quindi temporeggiava allontanando e sfrattando, mano a mano, piccole porzioni di popolazione, nella speranza di poter riqualificare le aree a rischio crollo.
Non fu così. Dopo lo sgombero del Rione Terra, il quartiere diventò un inferno: di giorno tornavano gli ex residenti, nella speranza di recuperare qualche altro oggetto o di ritornare ad abitare nelle proprie case. E poi cominciò la fiumana dei curiosi, che passeggiavano fra le strade vuote. Di notte, gli immancabili sciacalli. Lo Stato fu costretto a murare le porte delle case e addirittura lo stesso ingresso del Rione.
L’unico a non essersene mai andato è stato monsignor Salvatore Sorrentino, vescovo di Pozzuoli: raccolse tutti i beni di valore all’interno del Palazzo Vescovile, nella speranza di tutelare i beni. Solo grazie a lui abbiamo salvi numerosi oggetti, esposti nel Museo Diocesano.
La frittata è fatta
Nonostante le proteste, spesso finite anche in sommosse violente nei quartieri nord di Napoli, ai residenti fu sempre vietato il rientro nelle loro case, nonostante il pericolo di un’eruzione era evidentemente stato scongiurato. E allora nella città fantasma cominciarono a muoversi una serie di attori dalla dubbia moralità, addirittura c’era un signore che faceva da “agente immobiliare” per sciacalli e occupanti, “vendendo” alloggi e consigliando i migliori appartamenti da occupare abusivamente.
Il Comune decise allora di acquistare tutti i suoli del Rione Terra, per evitare speculazioni edilizie. E bandì un concorso nel 1975, vinto da un team di architetti napoletani, per riqualificare il quartiere. I lavori cominciarono nel 1979. E il 23 novembre 1980 la terra tremò di nuovo. Stavolta il problema era serio.
Il Terremoto dell’Irpinia è stato uno degli eventi spartiacque della Storia della Campania: cambiò completamente la vita di un’intera regione, con drammi sociali, scandali economici e scempi edilizi.
A Pozzuoli tutti i lavori si fermarono. Ed anche monsignor Sorrentino, che per 10 anni aveva difeso con ogni sua forza la dignità del Rione Terra, fu costretto ad andarsene da lì: il quartiere aveva zero residenti regolari e 226 famiglie abusive.
Sembrava davvero finita. E per vent’anni la parte più antica di Pozzuoli rimase completamente abbandonata e lasciata preda di parassiti, vandali e occupanti abusivi: per i puteolani era come avere un cadavere in casa. E, nonostante le denunce di associazioni, giornalisti ed ex residenti, lo Stato rispondeva picche.
La vita nel Rione Terra
Chi ha conosciuto la vita nel Rione Terra, ricorda quella rocca ancora oggi come casa propria, anche se oggi si è trasformata nel più grande esperimento di “città turistica” d’Italia. Gli studi del Comune di Pozzuoli, però, non concordano con visioni così idilliache dei ricordi di bambino: dentro quella rocca vivevano 3250 persone in poco più di 36mila metri quadri di superficie totale. Praticamente a disposizione di ogni essere umano era disponibile uno spazio di poco più di 11 metri quadri fra spazi privati e pubblici. Spesso si dormiva anche in 10 persone in una singola stanza.
Di fatto il Rione Terra di Pozzuoli era quanto di più vicino agli antichi fondaci che caratterizzavano il centro storico di Napoli prima del Risanamento: sovraffollati, in condizioni igieniche pessime e in uno stato simile ad un ghetto. Ma la popolazione di quel quartiere era abituata a vivere così da almeno 1500 anni, quando i Vandali (quelli veri, altro che baby gang del sabato sera!) distrussero Pozzuoli, lasciando i sopravvissuti arroccati dentro il Rione Terra che, all’epoca, era chiamato “Castrum Puteolis“ (e ancora oggi esiste una “via del Castello”). Di avventure, spopolamenti e cataclismi queste strade conosciute sin dai tempi dell’antica Grecia ne hanno visti davvero tanti.
Convivevano infatti nobili e popolani assieme, in un’insolita unione sociale. L’ex sedile della nobiltà locale oggi esiste ancora ed è sede dell’accoglienza per i turisti. Ognuno aveva un soprannome e la concezione di famiglia era quanto di più ampio e inclusivo possibile, di fatto imitando anche la struttura sociale dei fondaci di Napoli del XIX secolo: la vita privata e la collettività erano un tutt’uno. E la distruzione di questo ambiente è stato una ferita insanabile per tutti quelli che vivevano lì. Rispetto al Risanamento napoletano, che è stato raccontato per lo più dalla parte di politici e imprenditori, qui abbiamo anche le testimonianze dirette e dolorosissime di tutti quelli che hanno vissuto quei giorni in prima persona. E non riescono ancora a darsi una spiegazione.
Il sogno di una città del turismo
I lavori di ricostruzione ricominciarono nel 1993, mentre quelli per la cattedrale nel 2003. Alla fine il quartiere è stato riaperto al pubblico solo nel 2014, praticamente 44 anni dopo lo sgombero del Rione Terra. Oggi è sede di un progetto turistico fra i più ambiziosi in Italia: trasformare Pozzuoli nella città del turismo, con un intero quartiere fatto di alloggi, negozi, ristoranti e attività ricettive e d’intrattenimento per i visitatori dell’area flegrea. Secondo i progetti, sarà completato fra la fine del 2022 e il 2023.
Nella sua trimillenaria Storia, Pozzuoli ha sempre dimostrato che non c’è mai stata catastrofe capace di distruggerla. E i puteolani sono sempre tornati lì, sempre più attaccati alla propria terra che continua ad essere in bilico fra l’apocalisse e la bellezza.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Documenti e assistenza dell’associazione Lux in Fabula – Home
bradisismoflegreo | memoria storica e risorsa… (wordpress.com)
Maurizio Erto, Pozzuoli 1970-2020, D’amico Editore, Napoli, 2020
Mario Sirpettino, La città che trema, Autori&Editori, Pozzuoli, 2021
Angela Giglia, Crisi e ricostruzione di uno spazio urbano, Guerini Studio, Milano, 1997
https://cittavulcano.files.wordpress.com/2018/05/quaderno-n-10.pdf
Leave a Reply