La provincia di Caserta, antica Terra di Lavoro, fu, ancor prima della fondazione del Regnum Siciliae, un territorio conteso, per ricchezza del suolo e posizione strategica, tra varie potenze territoriali. Longobardi, ducato di Napoli e ducato di Gaeta entrarono sovente in conflitto per il controllo di quelle terre, alle volte anche tramite l’ausilio di contingenti arabi (Di Branco 2019). In seguito i territori del casertano furono tra i più importanti per la storia politica ed istituzionale del regno: patria di nobilissimi casati e importantissimi funzionari dal periodo normanno fino a quello aragonese e anche oltre.
Sessa Aurunca, nella sua stratificazione urbana, risulta testimonianza paradigmatica del ruolo ricoperto da questi territori nella storia del meridione: l’architettura urbana, pregna di riutilizzi antichi, risulta composta da elementi estremamente diversificati, frutto di un’interpolazione di diverse sensibilità artistiche e diversi stili, esplicatisi in maniera diacronica ma presentati a noi, nella compagine architettonica della città, in maniera quasi sincronica. La continua tendenza a rielaborare e ricostruire costituisce una testimonianza d’eccezione per quanto concerne lo sviluppo e la vivacità di questi luoghi nel corso dei secoli.
La cattedrale di Sessa Aurunca, dedicata ai santi apostoli Pietro e Paolo, rappresenta in tal senso una struttura di centrale importanza per comprendere il progresso del gusto artistico del meridione nel corso dei secoli, nonché le varie stagioni di riassetto estetico che la compagine urbana di Sessa Aurunca dovette affrontare.
La cattedrale di Sessa Aurunca, dalle origini romaniche fino ai giorni nostri
L’edificio vede i suoi primordi, convenzionalmente, nel 1113. Le influenze culturali presenti nel meridione dell’epoca dovevano essere ben visibili nella composizione artistica della cattedrale al momento della sua fondazione. Oggi risultano solo parzialmente riscontrabili: la cattedrale è definita “desideriana“, ispirata artisticamente alle fattezze assunte dall’abazia di Montecassino dopo i rinnovamenti voluti, nel 1070, dall’abate Desiderio, futuro papa Vittore III.
In tale stile artistico tendenze bizantine e romaniche andavano a unirsi ad elementi architettonici e stilistici di filiazione araba, oggi parzialmente visibili solo nella facciata dell’edificio e in alcune sue decorazioni interne, a differenza di molte altre chiese territorialmente e cronologicamente contigue con la cattedrale di Sessa Aurunca, come ad esempio il duomo di Caserta Vecchia o quello di Gaeta.
Sono riscontrabili anche tendenze artistiche legate al gotico pugliese, come il finestrone con arco a tutto sesto inquadrato a sua volta in una cornice attorniata da statue zoomorfe, tipiche dell’architettura pugliese medievale.
Tutta la struttura è particolarmente connotata da pesanti riutilizzi romani, come ad esempio l’ambone della cattedrale di Sessa Aurunca, la cui architrave presenta elementi scultorei che, con ogni probabilità, erano anticamente presenti presso l’anfiteatro di Suessa. Si vedano, ad esempio, le maschere teatrali in bassorilievo.
Anche la maggioranza dei capitelli sono di reimpiego, salvo alcuni di essi di con motivi zoomorfi. La struttura della cattedrale di Sessa Aurunca al suoi interno è suddivisa in tre navate, sorrette anch’esse da archi a tutto sesto. Originariamente, forse, decorata da mosaici o affreschi bizantineggianti, oggi presenta decorazioni interne per lo più baroccheggianti, dovute a un ammodernamento settecentesco, che aggiunse alla struttura due campanili, dalla stabilità precaria e per tal motivo abbattuti nel 1953.
Tale abbattimento va inquadrato in una tendenza, tipicamente novecentesca, a ricercare le fattezze “originali” dell’egli edifici medievali. Per raggiungere tale finalità la cattedrale fu oggetto, negli anni 60′, di controversi lavori di restauro atti a ristabilire nuovamente le fattezze originarie. E’ in tal guisa che l’interno dell’edificio si presenta a noi ancora oggi.
Altro elemento artistico di peculiare interesse risulta essere il pavimento mosaicato: tipico dell’architettura meridionale medievale e dalla forte ispirazione cromatica bizantina e forse, per le sue tendenze peculiarmente geometriche, anche araba. Nonostante le lesioni legate ad un utilizzo quasi millenario il pavimento mosaicato della cattedrale di Sessa Aurunca risulta oggi in buono stato di conservazione, grazie anche ai sapienti interventi di un recente restauro.
Fattezze ancora barocche presenta invece il presbitero, in cui spicca il dipinto della “madonna del popolo“, oggetto di un fortissimo culto popolare sin dal 600′, considerata una delle icone sacre più importanti presenti nella cattedrale. Il culto ebbe inizio, secondo le cronache dell’epoca, con il ritrovamento dell’immagine sacra, seguito poi da svariati avvenimenti miracolosi di vario genere. Il dipinto, probabilmente cinquecentesco, viene oggi attribuito al pittore Marco Cardisco, anche se l’argomento è ancora terreno di dibattito per gli studiosi.
Un’attenzione maggiore meritano l’ambone e il candelabro per il clero pasquale poiché essi rappresentano alcuni dei pochissimi elementi della cattedrale medievale rimasti pressoché intatti, avendo al massimo subito modifiche di ordine compositivo durante i restauri del diciottesimo secolo.
L’ambone presenta anch’esso rappresentazioni geometriche quasi arabeggianti , eccezion fatta per una serie di raffigurazioni di pavoni o fenici, anch’esse tuttavia interpolate da motivi geometrici. I mosaici risultano composti da tessere mosaicali vitree, in linea con le tecniche produttive adottate in gran parte del meridione all’epoca.
L’ambone della cattedrale di Sessa Aurunca risulta quindi, per elementi stilistici e tecniche produttive, accostabile ad altri amboni di fattura simile, come, ad esempio, quello della cattedrale di Ravello o della pieve di Teggiano. Altri elementi, come ad esempio i quattro leoni stilofori che sorreggono la composizione (forse riutilizzi precedenti alla struttura stessa) lo legano anche ad un ambito stilistico di cui si ha riscontro in coeve rappresentazioni sacre salernitane. Un discorso simile può esser compiuto per il candelabro per il clero pasquale, realizzato con tecniche produttive simili e anch’esso in ottima conservazione.
Il candelabro per il clero pasquale risulta di particolare interesse anche per un altro motivo: è una delle pochissime attestazioni storiche dello scultore Pellegrino da Sessa. Il candelabro risulta infatti firmato dall’artista, assieme ad un altro rilievo rappresentante Giona sputato dalla balena, un tempo facente parte della scala d’accesso del sopracitato ambone, demolita nel 700′ (oggi le lastre del ciclo compositivo sono murate nella navata destra della cattedrale).
Tali opere risultano le uniche due firmate dallo scultore giunte fino a noi. La sua fama in vita dovette però essere ben maggiore di quella giunta alla posterità: la qualità dei rilievi da lui compiuti risulta di alto valore artistico. Un’unica attestazione documentaria ci rimane dell’esistenza di questo artista: una missiva inviata al balio di Sessa nel 1273 da Carlo d’Angiò, che richiamava l’artista alla sua corte pugliese per alcuni lavori artistici. Alcuni studiosi ipotizzano però un possibile caso di omonimia. Altri ragionamenti sulla possibile vita di tale artista risultano, salvo nuove scoperte documentarie, puramente congetturali.
–Silvio Sannino
Bibliografia e sitografia
Marco Di Branco, 915. la battaglia del Garigliano: Cristiani e musulmani nell’Italia medievale, il Mulino, 2019
Francesco Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale: il sud angioino e aragonese, progetti Donzelli, 1997
Manuela Gianandrea e Paolo D’Onofrio (a cura di), Fondi nel medioevo, Gangemi editore
Touring club italiano, Città da scoprire: Guida ai centri minori, Italia meridionale e insulare, 1985
BeWeB (Beni Ecclesiastici in Web), La chiesa di Sessa Aurunca, un monumento di Arte e fede, a cura di: Archivio Storico Diocesano “G. M. Diamare”, contributo di Roberto Guttoriello e Roberto Sasso. Si ringrazia particolarmente la precisa descrizione del sito, la quale ha fornito anche la maggior parte delle foto presenti nell’articolo.
Leave a Reply