«Non conosco che il Fusaro che fornisca lamprede di questa grossezza». Questo riferimento al Lago Fusaro è possibile leggerlo in una delle pietre miliari della letteratura francese, Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Sì, perché questo piccolo specchio d’acqua, è noto in tutto il mondo. Siamo a Bacoli, alle porte di Napoli, in un’area vulcanica, lungo il versante occidentale dei Campi Flegrei, e sin dall’antichità in questo luogo, già ben noto agli antichi greci, si coltivavano molluschi e ostriche.
Il Lago Fusaro nella mitologia greca
In origine il Lago Fusaro era identificato come Acherusia palus, la palude infernale formata dal fiume Acheronte che, secondo la mitologia greca, ripresa poi da Dante Alighieri nella Divina Commedia, era attraversato da Caronte, traghettatore che trasportava le anime dei morti nell’Ade.
La “Casetta di Pinocchio”
Ma il Lago Fusaro è noto ai contemporanei anche, e forse soprattutto, per la cosiddetta Casina Vanvitelliana, da molti erroneamente confusa con la “Casetta di Pinocchio” del celeberrimo sceneggiato televisivo che Luigi Comencini girò negli anni ’70.
Un Casino di Caccia, che delinea il profilo di quest’area, che sorge sull’isolotto di questo piccolo Lago Fusaro. Voluto da Ferdinando IV di Borbone quando, a partire dal 1752, quest’area divenne una riserva di caccia e pesca dei Borbone. Costruito su di un progetto di Luigi Vanvitelli, gli interventi furono completato dal figlio Carlo, cui si deve il Casino Reale di Caccia.
Tante le personalità che soggiornarono nella Casina Vanvitelliana, che venne adibita nel tempo come dimora degli ospiti illustri. Nelle stanze di questo sito a pochi metri dalla riva hanno dimorato personaggi del calibro di Francesco II d’Asburgo-Lorena, Nicola I di Russia ma anche Gioacchino Rossini e Mozart.
Squisitamente settecentesca, l’architettura della Casina ricorda, nelle forme, la Palazzina di caccia di Stupinigi di Filippo Juvarra, di pochi anni prima. Poco o niente resta del mobilio originale di epoca borbonica, del quale possiamo annoverare un tavolo rotondo al centro della sala, il lampadario e il camino, sui quali è impressa la conchiglia, simbolo del reale casato napoletano, che volle soggiornare anche sulle sponde del bellissimo Lago Fusaro.
L’edificio che Ferdinando IV aveva commissionato, si presenta oggi come tre corpi ottagonali avvitati l’uno sull’altro, alla cui sommità si erge un unico ambiente, a mo’ di “pagoda”, con ampi finestroni che si aprono sul lago, inondando di luce le stanze.
Un tempo raggiungibile esclusivamente via mare, a collegare la Casina alla terra ferma c’è un ormai iconico pontile di legno, che si inerpica verso la riva sabbiosa del parco circostante.
Un luogo da film
Ma se lo sceneggiato di Comencini (girato in realtà in provincia di Viterbo) resta un falso mito, sono molte altre le pellicole girate realmente in questo luogo: da Luca il contrabbandiere di Lucio Fulci del 1980, con Fabio Testi e Ivana Monti, a Ferdinando e Carolina di Lina Wertmüller del 1999, con Sergio Assisi e Gabriella Pession, passando per L’Imbroglio del Lenzuolo di Alfonso Arau del 2009, con Maria Grazia Cucinotta e Anne Parillaud.
L’area del Lago Fusaro in origine doveva essere molto diversa da come appare oggi: completamente aperto sul lato ovest, appariva come un ampio golfo sul mare, ma già a partire dal I secolo d.C. si era formata la duna sabbiosa, a causa dello scarso riflusso delle acque del mare, che lo ha chiuso facendone un lago, tra Torregaveta e Cuma.
Le frequentazioni, greca prima e romana poi, sono attestate da diverse evidenze archeologiche, tra cui edifici rurali, muri di terrazzamento, cisterne, cunicoli e i resti di diverse ville di epoca romana che si ergevano lì sfruttando le sorgenti termali dell’area.
Ricco di vegetazione, vanta una suggestiva macchia mediterranea, la cui aria è aromatizzata dai sentori della camomilla, del rosmarino, del ginepro, ed è stato nei secoli ritratto da paesaggisti come Jakob Philipp Hackert, oggi esposto al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli. Il Lago Fusaro riecheggia del ricordo di un’epoca mai passata: dimora di re e artisti, residenza di delizia reale, è e resta un luogo dell’anima di eterna e immutata bellezza.
Bibliografia
Parco Vanvitelliano del Fusaro – sito web LINK
Fusaro, il restauro del Complesso Borbonico, Cosimo Tari, Gian Carlo Garzoni
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