E’ da favola l’atmosfera che si respira entrando negli interni dell’Ospedale delle bambole, che dal 1895 si occupa della salute delle bambole. Ed è questo l’unico ospedale a non avere una camera mortuaria, perché soltanto noi possiamo determinare la morte dei nostri oggetti del cuore.
Tiziana Grassi porta avanti la tradizione della sua famiglia ed è il primario di questo speciale ospedale, che “guarisce” oggetti di grande valore affettivo, che ricordano attimi dell’infanzia.
Un percorso per adulti ma soprattutto per bambini
L’Ospedale delle bambole è uno di quei musei-bottega in cui nessun bambino può annoiarsi, perché vive in prima persona l’esperienza di essere medico, infermiere, veterinario e di curare i propri oggetti del cuore.
I bambini, una volta indossati stetoscopio e camice, seguendo le istruzioni del primario, si preparano per visitare un orso gigante o sentire il cuore di un pupazzetto battere.
In questa esperienza interattiva i bambini ritrovano un concetto che oggi è stato un pò abbandonato, quello della fantasia e dell’esplorazione in cui possono immaginare davvero di essere medici e autogestire il proprio gioco.
Per chi invece non è più un bambino, già da un pò, l’esperienza è comunque molto suggestiva. Varcando l’entrata dell’Ospedale delle bambole ci si immerge in un’atmosfera che riporta a pensare all’infanzia e quasi ci si pente di non aver custodito i propri giocattoli più a lungo.
Visitare l’Ospedale delle bambole è quindi un’esperienza unica per grandi e piccini, e lascia tutti senza parole.
I pazienti dell’Ospedale delle bambole
I clienti dell’Ospedale delle bambole sono maschi e femmine, di età che varia dai quattro ai cento e più anni, tutti portano ad aggiustare oggetti del cuore.
Come un vero e proprio ospedale il paziente viene visitato affinché gli venga fatta una diagnosi e un preventivo, che se accettato dal cliente, l’oggetto entra in cura nell’ospedale e viaggerà per tutto il suo percorso di guarigione accompagnato dalla propria cartella clinica.
Una volta guarito, la bambola o il peluche in cura verrà dimesso e sarà rilasciato un certificato di sana e robusta costituzione e tornerà come nuovo tra le braccia del proprietario.
Oggi l’Ospedale delle bambole a differenza di 50 anni fa guarisce gli oggetti del cuore in tutta Europa, grazie ad internet e ad un sistema di spedizione internazionale.
L’opera di archiviazione fatta durante gli anni è davvero straordinaria, troviamo tantissimi tipi di bambole: le bambole delle bambine ricche in porcellana, quelle delle bambine povere in tessuto e cartapesta, quelle di aziende rigorosamente italiane come le Grugnette dell’azienda Lenci, ma anche tante barbie e peluche.
La banca organi dell’Ospedale delle bambole è immensa e compone la scenografia interna con: arti, tronchi, teste, occhietti di ogni forma e tipo, ma anche qualche pezzo di arte sacra, in un luogo in cui sacro e profano si fondono come se ci fosse un legame di continuità.
La storia di quattro generazioni
Percorrendo Spaccanapoli la strada che taglia a metà il centro storico di Napoli, continuando per via San Biagio dei Librai, ci imbattiamo sul lato sinistro della strada in un portone maestoso e soltanto attraversandolo scopriamo la bellezza che vi si nasconde dietro, Palazzo Marigliano.
Il palazzo pullula d’arte e di storia ed è in questa atmosfera appartata che ritroviamo l’Ospedale delle bambole.
L’ospedale inizialmente era sempre in via San Biagio dei Librai, ma la bottega affacciava direttamente sulla strada, ed era affollata di bambini che attendevano la pronta guarigione delle loro sgangherate bambole.
Luigi Grassi è stato il primo primario dell’Ospedale delle bambole, nasceva come artigiano e scenografo per i teatri cortigiani e quando doveva, riparava le marionette per il teatro dei pupi.
Un giorno dal signor Grassi arrivò una signora con una bambola malconcia e, chiamandolo dottore, perché indossava sempre un camice bianco per non sporcarsi di vernice, gli chiese se poteva “guarire” l’oggetto. Da lì si sparse la voce nei vicoli di Napoli e le bambole e i pupazzi più sgangherati rivivevano grazie al dottor Luigi Grassi. In un’epoca in cui il consumismo non esisteva, le bambole erano costruite in materiali più semplici da riparare rispetto a quelle di oggi che sono in plastica.
La bottega prende il nome di Ospedale delle bambole quando una signora, passandoci davanti, inorridita dai tanti pezzi di bambole che decoravano la bottega disse: “ Mammamia che impressione! Par proprio o’ spitale de bambole”. Luigi Grassi divertito da questa scena e dallo stupore della signora, prese un pezzo di legno e dipingendovi sopra con tempere rosse vi creò un insegna scrivendo “Ospedale delle bambole”.
Il secondo primario fu il figlio di Luigi Grassi, Michele e durante la seconda guerra mondiale, mentre Napoli era segnata dai bombardamenti e della distruzione del centro storico, l’Ospedale delle bambole divenne una delle poche e rare isole felici, in cui i bambini potevano vivere un attimo di serenità. Michele Grassi durante la guerra si sosteneva grazie ai lavori di restauro nelle chiese, e per questo poteva permettersi di assecondare le richieste delle bambine che attaccandosi alla vetrina della sua bottega chiedevano di assemblargli una bambola, pagandolo con un sorriso.
Il terzo dottore aveva il nome del nonno, Luigi, e riparava ogni specie di giocattoli, un professionista col cuore da bambino, l’unico dottore di cui i bambini non avevano paura e di cui si fidavano tanto da lasciargli i propri oggetti del cuore.
Tiziana Grassi, figlia di Luigi, è il quarto primario di questo Ospedale speciale e cura giocattoli di ogni genere, raccontando la storia della propria famiglia, che gira attorno al mondo dei giocattoli e a quello delle relazioni umane -“che sono quelle che ci fanno stare meglio, e che regalano un’emozione”- dice la Grassi regalandoci grazie al suo lavoro un’esperienza senza prezzo.
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