Maria SS. della Rotonda
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A Parete, un paesino nella provincia di Caserta, viene narrato di secolo in secolo, di generazione in generazione, un episodio che ha dato vita ad una delle celebrazioni pasquali più importanti d’Italia: il ritrovamento di un quadro raffigurante una Madonna con in braccio un bambino dal cui sopracciglio sinistro sgorgava sangue vero. Tra storia e leggenda nasce così il culto e festeggiamento della Maria SS. della Rotonda, una delle tradizioni di Pasqua più famose in Campania ed evento più sentito della comunità di Parete.

Parete, la città della fragola

Le origini di Parete sono antichissime e sono da ricercare nelle prime popolazioni osche che abitavano il territorio della Liburia, che si estendeva dal golfo di Pozzuoli ai monti Aurunci, su quello che in epoca romana era l’Ager Campanus.

Il paese sorgeva all’incrocio tra l’antica via Campana, che da Pozzuoli conduceva a Capua, e la via Antica che portava alla colonia di Liternum, sul Lago di Patria, rifugio di Scipione l’Africano, il comandante romano che battè Annibale nell’ultima guerra punica.
In epoca feudale, il borgo raggiunse il rango di “ducato” e fu di proprietà di varie famiglie del regno di Napoli, come i Caracciolo, Cossa, Coscia e i Moles. A testimonianza di quel periodo florido per il paese è la costruzione del Palazzo Ducale, adibita dapprima a torre militare e poi a residenza signorile.

L’odierna estensione territoriale è stata configurata a metà Settecento, quando fu istituito il catasto borbonico di re Carlo III.
Dal 1868 al 1927 fece parte del Mandamento di Trentola; nel 1927 fu soppressa la provincia di Terra di Lavoro e Parete passò con la provincia di Napoli. Nel giugno del 1945 fu ricostituita la provincia di Caserta e Parete tornò a farvi parte.

Dato il territorio contrassegnato sin dall’antichità da suoli molto fertili, l’economia di Parete è sempre stata principalmente fondata sul settore primario. Dagli anni Sessanta ha cominciato a prendere piede la coltivazione della fragola, che nel 2017 ha portato all’inaugurazione al “Museo della fragola”, il primo del genere in Italia, all’interno del restaurato Palazzo Ducale.

Ingresso del Museo della Fragola, all’ingresso del Palazzo Ducale

Il ritrovamento del quadro della Madonna: un miracolo intriso di leggenda

Di generazione in generazione si narra che, in un lunedì in Albis del XIII secolo, un patrizio aversano giunse nella contrada “della rotonda” per una battuta di caccia insieme al suo cane. Nel bel mezzo della caccia, l’uomo si accorse improvvisamente di non essere più seguito dal cane e iniziò a chiamarlo, invano, finchè non lo ritrovò intento a scavare vigorosamente in uno specifico punto di terreno.
Tornato in libertà dopo essere stato inizialmente legato con un fazzoletto portato via con forza da quel punto, il cane ritornò al punto precedente per continuare a scavare.

Incuriosito dall’atteggiamento del cane e dalla voglia di scoprire cosa ci fosse sotto quella zolla di terra, il signorotto chiamò un contadino di Parete che lavorava lì vicino.
Dopo un paio di colpi dati dal contadino, la zappa si bloccò ed una volta estratta dal suolo, i due uomini si accorsero che era intrisa di sangue. Dopo un paio di minuti apparve dal terreno un quadro in legno con immagini ancora vive: esso raffigurava una Madonna con in braccio un bambino dal cui sopracciglio sinistro sgorgava sangue vero. E miracolo fu per tutti coloro che, molto rapidamente, vennero a sapere dell’incredibile ritrovamento.

Effigie prima del restauro

Il miracolo nel miracolo: Maria SS. appartiene a Parete!

Mentre lo stupore per il ritrovamento dilagava, una domanda iniziò a farsi strada tra tutti i presenti: una sacra immagine trovata a Parete da un aversano a chi doveva appartenere?

Dinanzi ai diritti di proprietà avanzati dal nobile aversano, i Paretani furono costretti a cedere la sacra effigie.
Tuttavia, mentre veniva trasportata ad Aversa, accadde un nuovo segno: due, quattro, sei uomini non riuscivano a trasportarla a mano. Il quadro venne così posto su un carro trainato da una coppia di buoi.

Giunti all’incrocio tra la periferia e il centro abitato di Parete (Capo di Aversa), i buoi stremati caddero in ginocchio e non vollero più proseguire il cammino. Un segno che fece pensare a tutti che Maria SS. appartenesse e dovesse rimanere a Parete. E da lì a poco avvenne il miracolo nel miracolo: un paretano sollevò il quadro e lo portò in trionfo verso Parete, dove sarebbe rimasto per sempre.

Da quel giorno, la Madonna cominciò ad essere venerata dalla comunità di Parete con il nome di “Maria SS. della Rotonda” (proprio in memoria della contrada “della rotonda”, luogo dove venne ritrovata l’effigie)

La cappella campestre “Maria SS. della Rotonda”

In ricordo del prodigio, sul luogo del ritrovamento, fu edificata una piccola cappella, sui resti di una chiesa precedentemente distrutta. Già nel 964 si hanno testimonianze dell’esistenza di un villaggio chiamato “Santa Maria” con la sua chiesetta. Probabilmente la chiesetta era dedicata a Santa Maria Salome, moglie di Zebedeo, mentre all’interno si venerava l’immagine di Maria SS della Rotonda.

Ingresso della cappella campestre “Maria SS. della Rotonda”

Nel corso degli anni la chiesa è andata distrutta e ricostruita più volte e gran parte delle opere artistiche sono andate perse o incendiate. La cappella rurale aveva il privilegio di indulgenze plenarie, nel giorno di Pasqua e nei due seguenti. Durante l’anno varie volte si celebravano messe e si recitava il Rosario, specialmente nel mese di maggio. Il parroco, don Francesco Cantone incominciò, all’inizio del 1900, ad organizzare un pellegrinaggio con tutto il popolo il mercoledì in Albis, cioè dopo la solenne e consueta festa. Questo rito è mantenuto ancora oggi ma il martedì in Albis.

Interno della cappella campestre

La storia del effigie

La sacra immagine di Maria SS. della Rotonda è dipinta su legno di tiglio e, dopo essere stata esposta per molti secoli nella succitata cappella campestre, fu poi trasferita a fine Cinquecento nella chiesa di San Pietro Apostolo.
Tra le numerose ipotesi circa la databilità dell’opera quelle più concordanti collocano la sua realizzazione in epoca preraffaelita, tra il 1350 e il 1400.

Maria SS. della Rotonda: storia e leggenda della Pasqua a Parete
Quadro della “Maria SS. della Rotonda”

Al termine della prima guerra mondiale, nel 1919, per ringraziare la Santa Vergine, per la fine degli eventi bellici e per onorare la secolare tradizione di fede e di amore verso la Madonna della Rotonda, il popolo guidato dal presidente dei festeggiamenti del tempo, Mons. Tommaso Sabatino, indirizzò tutta la documentazione necessaria per il solenne rito di Incoronazione al Capitolo Vaticano.
Lunedì in Albis, 5 aprile 1920, avvenne finalmente l’incoronazione del quadro alla presenza di innumerevoli devoti giunti da ogni parte.

Incoronazione del quadro

Nel 2021, il Comitato Festeggiamenti Maria SS. della Rotonda è riuscito a recuperare un’antica incisione del 1579 raffigurante la sacra effigie di Maria SS. della Rotonda. L’immagine, in vendita online su un sito d’aste per l’acquisto e vendita di oggetti speciali da collezione, era di proprietà di un collezionista privato belga. Grazie ai fondi del Comitato, l’asta venne aggiudicata con successo e l’incisione è stata messa così a disposizione della comunità paretana.

L’incisione ritrovata

I festeggiamenti

Il perchè la festa abbia i suoi momenti principali nei giorni di Pasqua e lunedì in Albis è ricondotto al giorno del ritrovamento del quadro.
Da fonti storiche, i festeggiamenti iniziarono a partire dalle visite pastorali dei vescovi di Aversa, Fabio Colonna e Balduino de Balduinis, avvenute rispettivamente nel 1542 e 1565. Presso la cappella campestre, infatti, era concessa l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che nei giorni di Pasqua e seguenti si fossero recati in preghiera al cospetto dell’icona mariana.

Dopo il trasferimento dell’effigie presso la chiesa di San Pietro Apostolo avvenuto poco prima del 1597, i festeggiamenti pasquali rimasero tali. Secondo Gaetano Corrado, la festa aveva inizio il sabato Santo, con la discesa della Madonna dall’altare, proseguiva nel giorno di Pasqua con messe cantate e culminava nel lunedì in Albis con il momento più solenne della processione.

Chiesa di San Pietro Apostolo

La chiesa parrocchiale veniva addobbata con drappi di seta e velluto, dalle campagne contadini con somari carichi di mirto, distribuito poi alle famiglie per ornare a mò di archi, insieme a stoffe colorate, la cima di pali di legno posti per l’occasione ai lati delle strade, probabile origine delle luminarie attuali. Seguivano poi messe cantate ed esibizioni musicali di rinomati concerti bandistici.

La mattina del lunedì in Albis la festa terminava con la processione, che si apriva e si concludeva col volo degli angeli. Nel corso degli anni la festa è stata prolungata fino alla domenica in Albis con una seconda processione e poi fino alla domenica seguente, terza di Pasqua, con una breve processione lungo la via principale, prima di deporre l’effigie della Madonna sul suo altare; oggi questa processione viene svolta la sera del lunedì successivo alla domenica in Albis.

Quadro in processione durante la festa

Col protrarsi degli anni e delle generazioni, la festa ha subito tanti mutamenti per quanto concerne l’aspetto laico; gli archi formati dai rami di mirto e stoffe sono diventate luminarie, i fuochi pirotecnici sono diventati spettacoli piromusicali. È rimasto immutato lo stretto vincolo che lega i paretani alla propria comprotettrice ed alla festa preparata in suo onore.

Luminarie durante i festeggiamenti

Il volo degli angeli

Il volo degli angeli è il momento più sentito e partecipato dei festeggiamenti, al cospetto di una piazza gremita, e si svolge per quattro volte: all’uscita ed al rientro delle processioni del lunedì in Albis e dell’ottava di Pasqua.

Le prime testimonianze del volo degli angeli a Parete risalgono ai primi anni del Novecento. Vengono scelte due bambine, di età generalmente compresa tra gli 8 e 10 anni, ed indossano un vestito bianco, ali dorate ed una coroncina di fiori (nei voli diurni) od un diadema illuminato (nei voli serali). Sotto le vesti viene fatta indossare un’imbracatura di cuoio, posizionata secondo un antico rituale di vestizione tramandato da generazione in generazione. Una volta pronte, le bambine vengono fatte salire su una torre di lancio, chiamata “castelletto”.

Il castelletto era una torre di metallo (in passato era di legno, poi sostituito dal metallo stesso per ragioni di sicurezza) quadrangolare posta di fronte al campanile. Tra il castelletto e il campanile viene teso un cavo d’acciaio lungo il quale scorre il carrello che sorregge gli angioletti.

Le bambine, una volta raggiunta la piattaforma posta alla sommità del castelletto, vengono agganciate al carrello decorato e, quando la Madonna si trova sul sagrato, messe in movimento verso la chiesa.

Due bambine durante il volo degli angeli

Giunte in prossimità del campanile, vengono calate in basso fino al cospetto del quadro mariano, dove recitano ciascuna una poesia.

Al termine ripercorrono il tragitto inverso fino al castelletto, tra gli applausi della folla.
Il movimento degli angeli viene controllato da due ordini di funi di canapa (fune guida del carrello e fune di sostegno degli angeli) tirate a mano, in maniera perfettamente coordinata, tra due coppie di squadre di volontari. Il movimento delle funi, apparentemente semplice, è il risultato di un complesso e finemente coordinato gioco di squadra.
Esso è il frutto dell’esperienza di persone che, con passione, tramandano gesti rituali di generazione in generazione.

Fonti

www.mariassdellarotonda.it

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