Museo Correale

Il Museo Correale a Sorrento, inaugurato nel maggio del 1924, grazie alla donazione dei fratelli Pompeo e Alfredo Correale, della loro storica dimora aristocratica e della collezione d’arte in essa contenuta, è uno dei luoghi ideali per chi voglia comprendere la storia dell’arte in Campania e nel Meridione d’Italia.

Il museo è immerso in quel che resta di una splendida tenuta agricola, ricolma di agrumeti. I giardini terminano in un belvedere a picco sul mare da cui si gode di un incredibile vista sul Golfo di Napoli.

Museo Correale
Il Museo Correale, credits Museo Correale Sorrento

La famiglia Correale, un filtro attraverso cui conoscere la storia di Sorrento e del Meridione

Le più antiche notizie documentate sui Correale, ricostruite nel bel catalogo del museo, a cura di Rubina Cariello, risalgono al XV secolo, epoca dell’ascesa della famiglia, grazie a Zotula e Nicola Correale, personalità di rilievo nel governo della città di Sorrento e a Napoli.

A Zotula, il 13 luglio 1428, Giovanna Il d’Angiò concesse una donazione di un territorio demaniale denominato “Capo di Cervo” che andava dalla “Prima Porta” di Sorrento fino al mare. La donazione fu confermata il 4 novembre 1481, al figlio di Zotula, Nicola Correale, da Ferdinando D’Aragona.

Onofrio Correale (1511 – 1546), nipote di Nicola, giureconsulto, amico di Annibale Caro e intimo della corte papale di Paolo III Farnese, sposò nel 1535 Ippolita de’ Rossi, sorella di Porzia, madre del poeta Torquato Tasso.

La memoria di questa parentela, molto cara alla famiglia Correale, è testimoniata dalla raccolta di antiche edizioni tassiane e opere sul Tasso, conservata nella biblioteca del museo.

Nel 1544 Onofrio Correale fu incaricato dal parlamento sorrentino di patrocinare, presso Papa Paolo III Farnese, la nomina del fratello, Donato Correale, Vescovo di Bova, ad Arcivescovo di Sorrento.

Sia Sorrento che la vicina Piano, puntavano su questa nomina per risolvere pacificamente le loro continue liti.

Di comune accordo, fu deciso di inviare una supplica al Papa, affidandola a Onofrio Correale che, munito di lettere di raccomandazione del cognato, Bernardo Tasso e del Principe di Salerno, Ferrante Sanseverino, partì per Roma ai primi di marzo del 1544.

La missione di Onofrio Correale non ebbe però buon esito e l’Arcidiocesi di Sorrento venne affidata a Silveri Piccolomini, protetto di Madama Margherita d’Austria, moglie di Ottavio Farnese.

Sorrento imputò a Correale il fallimento dell’impresa e il clima di malcontento creatosi, costrinse Onofrio a ritirarsi con la famiglia a Pozzuoli.

Museo Correale
L’albero genealogico della famiglia Correale, credits Museo Correale

Saraceni, schiavi e tentati espropri

L’unico figlio maschio di Onofrio Correale e Ippolita de’ Rossi, Giulio Cesare, tornò nel 1560 a Sorrento per occuparsi dei beni di famiglia, in particolare, del feudo di Capo di Cerva, che era in pericolo perché, sia privati, che la città di Sorrento stessa, avevano tentato di occuparlo. Inoltre, Giulio Cesare Correale, dovette far ricostruire moli e abitazioni della Marina Piccola di Capo di Cervo, in gran parte distrutta dall’attacco saraceno del 1558.

Nel dipinto raffigurante l’albero genealogico della famiglia Correale, ora nella sala del Museo dedicata ai fondatori, è ricordata la leggenda secondo cui sarebbe stato proprio uno schiavo di Giulio Cesare ad aprire agli invasori la porta della Marina di Capo di Cervo. 

Ancora alla fine del XVII secolo il possesso di uno schiavo da parte della famiglia Correale è testimoniato da un documento datato 11 dicembre 1664, in cui si attesta che Mummo de Licca, di sedici anni, schiavo di Francesco Antonio Correale, viene esaminato dal reverendo della Cattedrale di Sorrento, don Domenico Petagna, avendo il giovane schiavo espresso la volontà di convertirsi al cattolicesimo. 

Museo Correale
T.Duclere-Sedil Dominova, Sorrento, Credits Museo Correale

La famiglia Correale dai Borbone al Risorgimento

Tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo è ampiamente documentata la vita di Giovan Battista Correale (1697 – 1740) che nel 1734, nella sua qualità di deputato della Piazza di Porta, fu incaricato dal parlamento sorrentino, di portare il giuramento di fedeltà della Città di Sorrento a Carlo di Borbone.

Il matrimonio di Giovan Battista con una cugina. Melchiorra Correale, nel maggio 1722, riuni i beni di due rami della famiglia, formando unpatrimonio considerevole sia a Napoli che a Sorrento.

Francesco Maria Correale (1801 – 1888), molto stimato alla Corte borbonica, dove era spesso ricevuto, divenne una delle personalità di spicco del risorgimento, tanto da diventare senatore nel nuovo parlamento italiano di Firenze, nel 1861. Dal suo matrimonio con Clelia Colonna dei Principi di Stigliano, nacquero Alfredo e Pompeo.

Cultori delle arti e appassionati collezionisti, i due fratelli crearono nella Villa alla Rota, ora sede del Museo, un cenacolo culturale che riuniva scrittori, pittori e personalità dell’epoca, attratti dalla fama della villa e della raccolta d’arte dei Correale.

Alfredo sposò Angelica dé Medici dei principi di Ottajano, mentre il fratello Pompeo restò celibe. Entrambi si dedicarono all’arte e alla cultura e donarono alla città di Sorrento il loro palazzo con l’intera collezione di famiglia, costituita da preziosi oggetti d’arte collegati alla storia e alle tradizioni del Regno di Napoli che oggi costituisce il patrimonio del Museo Correale insieme a molte altre donazioni private susseguitesi nel tempo.

Museo Correale
Scuola di Posillipo, credits Museo Correale

La collezione di quadri del Museo Correale

L’ambasciatrice del museo nel mondo, dove gira ospite di molte mostre internazionali, è sicuramente la Maddalena Penitente, attribuita ad Artemisia Gentileschi. Il museo ospita, oltre agli arredi originali della famiglia Correale, anche pregevoli dipinti sei-settecenteschi del manierismo napoletano, pittori che risentono, in vari modi, delle nuove esperienze realistiche e illuministiche di Michelangelo da Caravaggio nella prima metà del secolo XVII.

Oltre che una bella collezione di quadri fiamminghi. Tra di essi Andrea Vaccaro, Micco Spadaro, Paolo de Matteis, Giacomo del Po’, Giuseppe Bonito, Salvator Rosa, Belisario Corenzio, Giuseppe Pascaletti, Francesco De Mura, Paul Rubens, Abel Grimmer, Frans Vervloet e Michiel Sweerts. Il museo possiede anche un’importante collezione di nature morte.

Il Correale ha da alcuni anni lanciato il crowdfunding, “adotta un’opera”, per finanziare il restauro delle opere del museo. L’iniziativa ha avuto molto successo, grazie alla generosità di tanti imprenditori e associazioni locali.

La Maddalena Penitente, attribuita ad Artemisia Gentileschi, credits Museo Terranova

Il Biribisso del Museo Correale

Una delle opere che più incuriosiscono, tra quelle presenti nel museo, è la tavola per il gioco del Biribisso, dipinta da Francesco Celebrano. 

Il “biribisso” è un gioco d’azzardo che prevede l’utilizzo di una tavola formata da 36 figure. A ogni figura, che corrisponde a un personaggio, un animale, un vegetale o riproduce stemmi araldici, è associato un numero. Nel corso del tempo, raccontano gli esperti del Museo, il gioco si evolve e le figure passano da 36 a 70, fa riferimento a quest’ultima versione la tavola custodita nel Museo Correale.

Due delle figure rappresentano un esplicito rimando alla commedia dell’arte napoletana, riproducendo, rispettivamente nella casella numero 33 e nella 36, “il Pulcinella” e “la Pulcinella”. La presenza di un banditore accomuna il “biribisso” con la tombola.
Sulla casella desiderata ogni giocatore dispone il denaro pari alla puntata. Terminate le scommesse, il banditore procede con l’estrazione di palline di cartapesta su cui sono riportati i numeri.
Alcune regole del “biribisso” sono state reinterpretate e trasposte nella roulette, gioco d’azzardo nato in Italia.
La struttura di gioco del “biribisso” si prestava al raggiro degli scommettitori, grazie alla selezione dei numeri giusti in fase di estrazione. 

Il Biribisso del Museo Correale, credits Museo Correale

Teodoro Duclère e la scuola di Posillipo

Il museo possiede un’enorme collezione di disegni e dipinti del paesaggista Teodoro Duclère (Napoli 1812-1869), allievo di Anton Sminck Pitloo (Arnhem 1790 – Napoli 1837) e uno dei massimi esponenti della “Scuola di Posillipo”. Teodoro Duclére fu infatti il maestro di disegno di Pompeo Correale, tanto che nel museo, oltre ai quadri dell’artista, si conservano ancora le parcelle per le lezioni che Duclère dava a Pompeo.

Il museo conserva 354 disegni e 30 dipinti che illustrano luoghi e monumenti dell’Italia Meridionale, dalla Sicilia, fino alla Campania, ma anche del Lazio e dell’Abruzzo. Un racconto pittorico del Grand Tour, il viaggio, quasi iniziatico, delle principali città e zone d’interesse artistico e culturale europee, considerato, nei sec. 18° e 19°, parte essenziale dell’educazione di giovani di buona famiglia. Originariamente effettuato dai giovani dell’aristocrazia britannica, sin dal 17° sec., si estese poi anche ai giovani di altri paesi europei. Meta fondamentale del viaggio era l’Italia, con le sue città d’arte, e specie Roma, con i suoi resti archeologici e le sue collezioni d’arte e antiquariato.

La collezione del Correale della Scuola di Posillipo è considerata una delle più importanti e complete perchè vanta, oltre ai quadri e disegni di Duclére, numerosi dipinti di Anton Sminck van Pitloo e di Giacinto Gigante

Anton Sminck Pitloo-veduta della Riviera di Chiaia, credits Museo Correale

La collezione romana e medioevale

Il museo ospita reperti archeologici, di proprietà del comune di Sorrento, provenienti dal centro storico della cittadina e da altre zone della penisola sorrentina.

La collezione ospita anche reperti medioevali, come plutei, frammenti di ambone e pilastrini provenienti, presumibilmente, dall’antica Cattedrale di Sorrento e databili all’anno Mille d.C. La collezione è attualmente in restauro, in attesa di essere collocata all’interno di una cisterna romana ritrovata sotto le fondamenta del palazzo. 

Altare di Augusto, Museo Correale, credits Museo Correale

La collezione di porcellane, ceramiche e intarsi Sorrentini

Il museo ospita, oltre allo splendido arredo originale del palazzo, molte altre collezioni. Nel palazzo è ospitata una biblioteca di storia locale e di edizioni di opere e studi relativi a Torquato Tasso, noto scrittore, poeta e filosofo sorrentino

Tra le collezioni del museo, vi è quella delle porcellane. I primi esempi di porcellana arrivarono in Europa con Marco Polo. Gli europei, che non la conoscevano, si innamorarono di questo misterioso materiale cinese. Da allora, gli alchimisti e gli scienziati delle maggiori corti europee fecero a gara per scoprirne la formula. 

Un primo e assolutamente imperfetto risultato lo ottenne Francesco I dei Medici, con la porcellana medicea. Ma la vera formula della porcellana fu finalmente scoperta, dopo una gara frenetica tra le corti europee, nel Settecento da Johann Friedrich Böttger, chimico, inventore e alchimista tedesco. La fabbrica di Meissen, da lui fondata nel 1710, fu la prima a produrre porcellane in Europa in grandi quantità. Da allora, tutte le più importanti capitali europee si dedicarono alla produzione di porcellana.

Nel 1743 a Napoli, nei primi anni della nuova dinastia borbonica, il re Carlo e sua moglie, la regina Maria Amalia di Sassonia, fondano all’interno della Reggia di Capodimonte, la Real Fabbrica di Capodimonte.

Tra i loro principali collaboratori si annoverarono il chimico belga Livio Ottavio Schepers e il decoratore piacentino, Giovanni Caselli. 

Il museo, oltre alla collezione di porcellane, ospita anche una bella collezione di ceramiche italiane e di intarsio sorrentino. 

La parola “tarsia” proviene dal termine arabo “tarsi” ovvero “incrostazione” ma anche “decorazione” e indica principalmente lavori realizzati con elementi sagomati.

Possono essere in pietra o solo in legno e vengono combinati a incastro fra loro, dando vita a rappresentazioni generalmente figurative ad uso esclusivamente decorativo.

Si racconta che a importare l’arte della tarsia lignea sulle coste sorrentine siano stati i monaci benedettini, tra il Trecento e il Quattrocento, residenti allora nel monastero di Sant’Agrippino, lo stesso del quale fu Abate Sant’Antonino, patrono di Sorrento, nel 618 d.C.

Qui i monaci realizzavano lavori a intaglio e intarsio ligneo utilizzando i legni tipici locali, come limone, arancio e noce.

Pastori napoletani, ceramica di Capodimonte, credits Museo Correale

Bibliografia

Il Museo Correale di Terranova, a Cura di Rubina Cariello, introduzioni di Giuliano Buccino Grimaldi, Filippo Merola e Luca Fiorentino

Sitografia

http://www.aboutsorrento.com/cosa-fare/intarsio-sorrentino-storia-dellarte-della-lavorazione-del-legno/

Http://m.facebook.com/museocorrealesorrento/photos/a.294702367821519/553291638629256/?_se_imp=2dmNP60slJwXMptDm

Intarsio sorrentino: storia dell’arte della lavorazione del legno

Altre fonti

L’articolo nasce attraverso un dialogo con il direttore del Correale, Paolo Iorio, con Laura Cuomo del Museo Correale e con Alessandra Cacace, una delle restauratrici del Museo.

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