Via S. Biagio Ai Taffettanari nei pressi di via Duomo, via Zecca dei Panni, pochi passi più avanti sono il racconto vivo di maestri artigiani e commercianti che per più di quattrocento anni hanno intrattenuto rapporti commerciali con importanti figure provenienti dalle maggiori città della Penisola e dei paesi europei, grazie alla richiesta in costante crescita di nobili e della nuova borghesia. Vicoli stretti e brulicanti di vita, punti d’incontro di tintori, venditori e compratori stranieri. È in questo contesto di scambio e innovazione che nasce un tipo di colore che avrebbe fatto scuola anche all’estero: il Nero di Napoli.
L’Arte della Seta a Napoli
Gli ultimi vent’anni del ‘500 e i primi tre decenni del ‘600 furono determinanti per imporsi come riferimento europeo per la lavorazione della seta. Tuttavia, già da un secolo prima si lavorava con tessuti pregiati. Nel 1465, infatti, nacque la Corporazione della Seta, composta da artigiani, tintori e mercanti sotto la guida dei tre “consoli” che venivano eletti ogni anno dal corpo dell’Arte. Nel 1477 il Re emanò un bando con il quale si regolava il funzionamento del consolato e solo pochi anni dopo la corporazione si trasferì nella più celebre sede della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo a Via S.Biagio dei Librai.
Questo consolato nacque nei pressi dell’attuale piazza Mercato e per volere di re Ferdinando I d’Aragona che incentivava la già brulicante attività svolta nel regno. Difatti, non si trattò solo di un’istituzione formale. Chiunque lavorasse all’interno dell’industria serica godeva di una franchigia doganale per l’introduzione di materie prime ed attrezzatura da lavoro, diritto di cittadinanza. Soprattutto, però, erano concessi privilegi di giurisdizione, come la possibilità di essere giudicati per crimini commessi da un Tribunale Speciale dell’Arte della Seta.
Ma cos’è il Nero di Napoli?
Differente da qualunque altro genere di nero, quello di Napoli si distingueva da tutti gli altri per intensità, brillantezza e tenuta ai lavaggi. Essendo il colore di clero, dei togati e dei lutti era molto richiesto e da tutto il mondo giungevano tintori per immergervi le proprie stoffe. Addirittura i Genovesi, rinomati produttori di velluti, arrivarono in città per studiarne le tecniche. Ma il segreto del nero di Napoli era l’aggiunta al colore di limatura in ferro, un particolare che gli permise di esportare le proprie stoffe anche in tutto il mondo, fino all’avvento della Rivoluzione Industriale tra la fine del ‘700 e inizio ‘800.
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