La famiglia Meuricoffre tese un altro dei tantissimi fili che legano Napoli e la Svizzera, che oggi è raccontato nel Cimitero degli Inglesi all’Arenaccia. Spesso i ragazzini giocano a pallone, passando indifferenti vicino ad una tomba che racconta una storia appassionante, importante, troppo ignorata.

Raccontare quanti e quanto furono intensi i rapporti fra gli Svizzeri e Napoli è difficile, ma basta contare le memorie antiche di industrie che fiorivano in tutta la Campania: i Meuricoffre erano una famiglia di ricchissimi banchieri che decisero di stabilirsi nella bellissima capitale del Regno di Napoli nel 1760, per commerciare la pregiatissima seta calabrese. Anticiparono di un secolo le moltissime famiglie elvetiche che si stabilirono in Campania nel XIX secolo per commerciare i tessuti, come i Wenner dalle parti di Salerno.

Firma Meuricoffre
Un documento firmato dai Meuricoffre

I Meuricoffre arrivano a Napoli

Convinti dalla bontà della politica di Ferdinando IV, i Meuricoffre decisero di stabilire le prime attività bancarie a Napoli, inaugurando a Via Toledo la prima filiale della banca di famiglia, che diventò in brevissimo tempo la banca privata più ricca del Sud Italia: lo stesso Regno delle Due Sicilie, ai tempi di Francesco I e Ferdinando II, ricorrerà spesso al credito della banca Meuricoffre. Nel frattempo, andavano a gonfie vele anche le aziende in Sicilia e in Calabria.

Morto Ferdinando, fu Achille Meuricoffre a diventare “l’uomo più potente del Regno delle Due Sicilie dopo il Re”, tanto da comprare due gigantesche ville a Capodimonte, a pochi passi dalla Reggia: la Grande Villa e “Villa La Fiorita.  Luoghi tanto belli da essere addirittura ritratti nelle cartoline di fine ‘800.

Achille non era ancora ancora soddisfatto. Lavoratore infaticabile, silenzioso ed efficiente, fu degno rappresentante dell’anima svizzera: il suo potere crebbe smisuratamente, tanto da diventare consulente personale di Francesco I.

Mandò poi i figli, Oscar e Tell, a studiare nelle università di Parigi, Liverpool, Berlino e Philadelphia per ampliare le loro conoscenze del mondo ed imparare il modo di affrontare gli affari in tutto il pianeta, anticipando di cent’anni le idee del capitalismo moderno.

Il monumento funerario dei fratelli Meuricoffre

I fratelli Tell e Oscar Meuricoffre: l’apice dell’impero

Tornati a Napoli, Oscar e Tell decisero di investire in attività commerciali in tutto il Sud Italia: furono proprietari di numerose attività agricole, tessili e finanziarie, oltre ad essere attivissimi nel sociale: amatissimi dai napoletani per le loro attività filantropiche, vissero con Ferdinando II il loro momento di massimo potere: fondarono l’Ospedale Internazionale di Corso Vittorio Emanuele, furono i padri della Scuola Svizzera (chiusa nel 1990), furono i finanziatori della Società Napoletana del Gas, che regalò a Napoli la prima illuminazione pubblica delle strade, furono i fautori di diverse opere pubbliche di beneficenza e si spesero in prima persona per fornire sostegno ai terremotati dopo i fatti di Casamicciola.

Questa sapiente alternanza fra opere filantropiche e capace attività imprenditoriale portò una grossa richiesta d’occupazione nei territori del napoletano e, ovviamente, anche una grande ricchezza nelle tasche degli imprenditori svizzeri, che non si fecero mai tentare dalla fame di politica o di prestigio sociale, come invece capitò a Matteo Schilizzi. Questo contegno sociale accostato alla neutralità politica degli imprenditori svizzeri riuscì a garantire un lavoro indisturbato, che fu anche molto gradito dalla monarchia borbonica e, successivamente, anche dal nuovo regime sabaudo.

Oscar Meuricoffre
Una foto di Oscar Meuricoffre, il “titolare” della tomba in foto

L’impero Meuricoffre dopo l’Unità d’Italia

Arrivò l’Unità d’Italia. E, nonostante il collasso economico delle imprese nell’ex Regno delle Due Sicilie, Oscar e Tell riuscirono a far sopravvivere la loro banca al terremoto finanziario. Anzi, investirono proprio nel momento di crisi: acquistarono oliveti in Calabria ed in Salento, costruirono fabbriche di tessuti in Puglia e, una volta unificati i sistemi monetari e bancari italiani, prosperarono con ottimi risultati finanziari fino ai primi del ‘900, nonostante la guerra serrata con gli altri istituti di credito italiani, specialmente quelli del Nord Italia.

Almeno fino alla morte di entrambi i fratelli, che avvenne a pochi anni l’uno dall’altro. 

Nel 1890 banca cadde in mano ad un altro ramo dei Meuricoffre e, in pochi anni, cadde in rovina per una pessima gestione. Nel 1905 fu acquisita dal Credito Italiano, che così ottenne la possibilità di intraprendere commerci con gli Stati Uniti, avendo eliminato l’unica banca italiana che vantava il monopolio sugli scambi con i mercati americani. La sede dei Meuricoffre nel frattempo era stata spostata a Via Verdi, diventata anche la sede storica del Credito Italiano.

Con la banca sparì anche la famiglia Meuricoffre dalla storia di Napoli, lasciando una piccola tomba bianca in un cimitero abbandonato, maltrattato, dimenticato.

Le ville di Viale Colli Aminei furono inizialmente abbandonate. Una di queste fu abbattuta nel 1970 per costruire il monolite grigio della facoltà di Teologia; l’altra casa dei Meuricoffre sopravvisse all’edificazione selvaggia della collina ed oggi è un luogo di ricevimento d’élite, la bellissima Villa Domi.

-Federico Quagliuolo

Villa La Fiorita dei Meuricoffre
La villa “La Fiorita”, che poi è diventata la facoltà di Teologia

Riferimenti:
https://www.swissinfo.ch/ita/ritratto-di-famiglia–i-meuricoffre-di-napoli/3837702
https://www.svizzeri.ch/2013/08/11/la-famiglia-meuricoffre-4/

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  1. renato boscainorenat Avatar

    Caro Federico, proprio stamattina ho voluto vedere lo spazio pubblico de cimitero in cui riposano i fratelli Oascar e Tell .Che tristezza vedere oltraggiati con vernice i pochissimi monumenti superstit alla furia del piccone .Ho anche visto con molta gioia la scultura eseguita dallo scultore Francesco Irace . Mi chiedo come è stato possibile distruggere gli altri ?Se mi è permesso, gratuitamente mi offro nel togliere la offensiva vernice che vi è su un volto di una scultura rappresentante se ricordo bene una nobildonna . Grazie al tuo talentuoso lavoro . .Renato Boscaino.
    Se vuoi, puoi rispondermi alla pagina F. B. digitando Renato tenore , dal momento che nella realtà lo sono . Ancora grazie e ciao

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