Ci fu un tempo in cui il Rione Terra diventò una città fantasma. Era il 1970, quando lo Stato Italiano fece evacuare l’intera popolazione per il terrore di un’eruzione che fortunatamente non è mai arrivata. Nessuno poteva mettere piede lì, tranne che una persona: Monsignor Salvatore Sorrentino.
Monsignor Salvatore Sorrentino, un puteolano d’adozione
Visse per ben 10 anni quasi da eremita, in un Rione Terra senza vita. Monsignor Salvatore Sorrentino, che nacque nel 1917 a Torre del Greco, si era dato una missione che andava ben oltre la sua vita. Cercò infatti di salvare tutte le opere d’arte custodite nel rione, mentre l’intero quartiere era soggetto a sciacallaggi, devastazioni e abbandono negli anni che seguirono quel disastroso 2 maggio 1970.
Cominciò a frequentare Pozzuoli 10 anni prima del disastro, quando fu nominato ausiliare di Pozzuoli: in quel periodo assistette all’incendio del Duomo della città, che distrusse la cattedrale antica; 6 anni dopo lo ritroviamo come amministratore apostolico della Diocesi e, nel 1974, diventa Vescovo della città. Fu amatissimo dai puteolani e, sin dal primo giorno, imparò ad amare il Rione Terra, con tutte le sue peculiarità, stranezze e difficoltà che lo avevano trasformato in una riproduzione moderna di un quartiere malsano della Napoli prima del Risanamento.
Il disastro di Rione Terra
Tutto cominciò in quel fatale 2 marzo 1970, quando il fenomeno del bradisismo, ovvero il movimento del terreno a causa delle attività vulcaniche dei Campi Flegrei, fece prima abbassare e poi innalzare il livello del suolo in modo tanto consistente da far ipotizzare un’eruzione imminente o il crollo inevitabile degli edifici del Rione Terra, cadenti e in pessime condizioni. Si decise di utilizzare l’esercito per evacuare in due giorni circa 3000 persone, piazzandole in luoghi di fortuna in attesa di nuova sistemazione. Poi fu murato ogni ingresso al Rione, per evitare l’ingresso di occupanti abusivi, sciacalli o degli stessi ex cittadini che cercavano in ogni modo di ritornare nelle proprie case al grido di “non ci ha cacciato nemmeno Mussolini, non ce ne andiamo nemmeno adesso!“.
Il futuro per il Rione Terra era tutt’altro che chiaro e Pozzuoli, negli anni ’70 e ’80, era una vera polveriera sociale: bastava un nonnulla per far scatenare il panico nella popolazione, che non di rado finiva anche in episodi di violenza contro le forze dell’ordine o fra gli stessi cittadini.
Davanti alle sciagure, però, emergono anche le personalità migliori. E Pozzuoli potè contare su Angelo D’Ambrosio, sacerdote che diventò fra i più famosi ricercatori e custodi del Rione Terra, e su monsignor Salvatore Sorrentino,. L’intero presente, passato e futuro di una cittadina vecchia di due millenni e mezzo era nelle mani di due religiosi.
La salvezza delle opere d’arte prima di tutto!
L’abbandono e lo stato d’assedio del Rione Terra, che nel 1971 era completamente passato in mano pubblica, fece immediatamente capire quale fine avrebbe presumibilmente fatto tutto il tesoro di opere d’arte conservate negli edifici antichi di Pozzuoli: trafugate, distrutte o fatte sparire.
Il religioso fece spostare quasi tutte le opere d’arte trasportabili all’interno del palazzo della diocesi, custodendole gelosamente in attesa di poterle dare giusta collocazione. Presto comprese che lo stato di emergenza del Rione Terra sarebbe rimasto tale per molto, moltissimo tempo.
Al suo fianco c’era Angelo D’Ambrosio, uno dei massimi studiosi della Storia di Pozzuoli.
La nascita del Museo Diocesano di Pozzuoli
Per allontanare monsignor Sorrentino servì un altro movimento della terra che, ironia della sorte, arrivò da lontano. Il terremoto dell’Irpinia del 1980 fu infatti l’atto finale per la sua permanenza nello scheletro del Rione: fu allontanato con la forza dalla Polizia, essendo ormai gravemente compromessi tutti gli edifici. E così, senza la sua influenza, il Rione Terra diventò per vent’anni oggetto di ogni sorta di sciacallaggio e vandalismo.
Il vescovo torrese, nonostante la sua età, non si arrese affatto. Per altri vent’anni continuò l’opera di tutela e difesa dei beni artistici del Rione Terra assieme ad Angelo D’Ambrosio, che si occupava della catalogazione e dello studio delle testimonianze, per ricostruire come mai prima di allora la Storia di Pozzuoli. Nel 1989, con l’aiuto della Soprintendenza, Don Angelo riuscì anche ad ottenere lo spostamento dei tesori del Rione Terra nel Villaggio del Fanciullo, che si trova a Via Campi Flegrei, per allestire in futuro un museo.
La vecchiaia però avanzava e, sulla soglia degli 80 anni, Salvatore Sorrentino lasciò l’episcopato e si ritirò a Torre del Greco fino al giorno della sua morte, nel 2006.
Non ebbe mai modo di rivedere il “suo” Rione Terra riaperto, ma una soddisfazione gli fu regalata: il museo diocesano aprì nel 2000 proprio nel Villaggio del Fanciullo, grazie a Silvio Padoin, il successore di Sorrentino che ne raccolse l’eredità.
Poi, nel 2016, i reperti torneranno a casa loro: il Museo Diocesano (intitolato a buon merito ad Angelo D’Ambrosio) verrà infatti aperto nel Palazzo Vescovile del Rione Terra.
Il museo contiene un’eredità di opere d’arte fatte di nomi, ricordi, pensieri, aspirazioni e sentimenti antichi. Tutti qui grazie alla volontà di un uomo che dedicò la sua vita alla salvaguardia di una piccola, fondamentale, testimonianza della Storia locale.
-Federico Quagliuolo
Grazie ad Anna Grossi per la preziosissima consulenza e per i consigli bibliografici sull’articolo!
Riferimenti:
Angelo d’Ambrosio, Storia della mia terra: Pozzuoli, Diocesi di Pozzuoli, 1976
Ciro Biondi, Terremoto di popolo e bradisismo Il comune di Pozzuoli durante le emergenze, in Terre e Moti del Cuore, Valtrend, Napoli, 2013
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