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L’influenza francese a Napoli: les entrailles

Napoli, città che vanta numerose meraviglie.

Napoli, città che fra le sue meraviglie può vantare anche la propria gastronomia, famosa ed apprezzata in tutto il mondo.

Numerose furono le dominazioni che si susseguirono nella nostra città e numerosi furono, di conseguenza, gli alimenti che giunsero a noi diventando poi fondamentali per la nostra cucina.

Alcuni dei nostri piatti più famosi, oramai vanto affermato della gastronomia partenopea, hanno, però, spesso un’origine piuttosto povera, trattandosi, infatti, di piatti amati ed inventati per lo più dal popolo.

La loro cucina, non solo era piuttosto povera, ma era addirittura confezionata, nella maggior parte dei casi, con gli avanzi che i nobili “gentilmente” gli concedevano.

Mentre i nobili si deliziavano nei loro banchetti solo con gli alimenti più pregiati, il popolo, non potendosi permettere grandi banchetti, preferiva non buttar mai via nulla pur di sopravvivere alla fame.

Quando a Napoli regnavano gli Angioini, la famiglia reale di Napoli, iniziò il popolo ad una particolare usanza: i reali, infatti, incaricavano i propri servi di cedere, come simbolo di magnanimità, le interiora e le frattaglie dei vari animali al popolo.Senza titolfdso-1

Per questo motivo il popolo di Napoli iniziò ad avere un vero e proprio appuntamento fisso fuori le cucine di Palazzo Reale: i poveri si accalcavano fuori queste porte ed aspettavano con trepidazione quegli avanzi ritenuti indegni dei palati nobili, ma che avrebbero permesso loro di continuare a sopravvivere.

Quando i servi ed i cuochi, che fino a poco prima avevano cucinato prelibatezze da nobili, si preparavano a gettare le frattaglie, lo spettacolo che si presentava ai loro occhi era unico: un intero popolo in fermento, tutti accorrevano quasi come fosse un grande evento.

I servi francesi accompagnati dai cuochi napoletani “francesizzati”, all’atto di gettare gli scarti dei banchetti nobili, gridavano sempre “Et voilà, les entrailles, magnatevelle!”, indicando appunto le interiora che il popolo attendeva con tanto fermento.

I poveri, però, poco capivano di ciò che gridavano in francese, ma l’unica cosa che importava loro era quella di riuscire ad accaparrarsi più cibo possibile per sfamare le loro famiglie con un pasto che consideravano succulento e sostanzioso, ironicamente degno di un nobile.

Quando venivano gettate al popolo le interiora, accorrevano molte donne dai quartieri, le cosiddette zandraglie. Queste donne erano le più agguerrite fra tutte e tutti e, pur di accaparrarsi la parte migliore e più abbondante degli avanzi, iniziavano ad urlare, a sbraitare ed anche addirittura a darsele di santa ragione pur di avere la meglio sulle avversarie di turno.

Tale usanza ha, ancor’oggi, un riflesso nel nostro dialetto napoletano sempre con il termine “zandraglie”.

Il termine, però, ha oggi cambiato significato: mentre in passato indicava le donne del popolino che raccoglievano gli avanzi, oggi si usa per lo più l’espressione “ sì ‘na zandraglia”. Così dicendo si vogliono indicare tutte quelle donne che hanno comportamenti, per così dire, poco femminili e che sono solite agitarsi ed urlare in ogni loro discussione, un vero e proprio termine dispregiativo per ogni donna.

 

-Cristina Bianco

-Foto del bravissimo Federico Quagliuolo

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