“In questo palazzo visse, operò e morì Raimondo di Sangro VII, Principe di San Severo, letterato mecenate inventore nella Napoli dei primi lumi, ingegno straordinario, celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura”.
Recita cosi, in alto, la targa di colore rosso sangue, posta sulla facciata dell’imponente Palazzo Sangro, un tempo residenza dell’omonima casata. Ma oggi non siamo qui per ricordare il glorioso passato di una delle personalità più eclettiche e poliedriche che la Storia di Napoli abbia mai avuto. Oggi vi racconteremo cosa accade all’interno di questo bellissimo palazzo, ogni giorno, da più di vent’anni: un’autentica magia.
Una finestra! E’ questo elemento a catturare la nostra attenzione; e non solo la nostra, ma anche quella di centinaia di turisti, appena usciti dalla Cappella Sansevero, che, rapiti, si lasciano trasportare in estasi dalla bellezza, che, poco illuminata, traspare oltre quella finestra.
Appena entrati, una nuova realtà si apre dinnanzi a noi; veniamo subito travolti da un profumo molto intenso di legna, misto a colla e vernice; tutt’intorno viole, violini e violoncelli poggiati per terra e sulle pareti
No. Non siamo stati catapultati in un mondo incantato; anche se questa storia potrebbe benissimo essere racchiusa in un libro di fiabe per bambini.
Quest’oggi ci troviamo in via San Domenico 9, nella bottega di Gaetano Pucino che di mestiere fa il liutaio.
“Questa bottega nacque nel 1999, dall’esigenza di trovare un posto dove poter coltivare la mia passione: costruire viole, violini, strumenti ad arco.
Basta dare un’occhiata in giro, osservare il tavolo da lavoro, gli strumenti, per capire che qui il tempo sembra essersi fermato al lontano 1700; nulla è cambiato rispetto alla tradizione, gli strumenti presenti sono gli stessi del passato, le diverse fasi della lavorazione sono tutte condotte a mano, senza il benché minimo aiuto di qualche macchinario, proprio come si era soliti fare un tempo.
“ E’ vero, il lavoro è rimasto pressoché identico a quello che gli antichi e nobili maestri dell’Arte napoletana svolgevano nel Settecento. Anche gli strumenti che adopero io qui sono gli stessi: scalpelli, lime, raspe, pennelli, piegafasce, calibro, alcool…”
Ma quando nacque il violino e per ora di chi?
Dare una risposta esatta a questa domanda, purtroppo ad oggi non è possibile; nessuno può stabilire con certezza da quale strumento, tra gli antichissimi che conosciamo, sia derivato il violino. In via più generale tuttavia, come primitivi antenati del violino si è soliti ricordare il nefer egiziano, il ravanastron indiano e la lyra greca. Le caratteristiche di un violino, così come lo conosciamo oggi, appaiono intorno alla seconda metà del XVI secolo. Anche in questo caso risulta difficoltoso attribuirne la paternità; i nomi più accreditati traggono le proprie origini a Cremona, come nel caso di Andrea Amati, o a Brescia, come nel caso di Gasparò da Salò. Sono questi due nomi a far capo alle gloriose scuole di Brescia e alla scuola Crema, di fondamentale importanza tanto nel panorama nazionale, quanto in quello internazionale. In molti sostengono addirittura che i grandi liutai tedeschi, francesi e olandesi del XVII-XVIII secolo non erano altro che copisti dell’Arte di Amati, di Stradivardi e di Guarneri.
Gaetano Pucino cominciò ad affacciarsi in questo mondo, quello della musica, fin da ragazzo, all’età di quindici-sedici anni; ma ad un certo punto, resosi conto di non essere proprio un musicista nato, come egli stesso tiene a precisare, nel 1994 decise di decisasi alla costruzione di violini, anzicchè suonarli.
-Ma come si realizza un violino secondo Pucino?
“Si comincia da un pezzo di legno, in genere si utilizza sempre il legno d’acero o d’abete, che poi viene sagomato a forma di violino, si piegano poi le fasce a caldo per dare il contorno, successivamente si disegna la tavola armonica e il fondo, si taglia e si scolpisce, si aprono le effe, viene messa una catena all’interno, poi la chiocciola con il cavigliere per fare la tastiera in ebano e si montano le corde. La realizzazione completa richiede circa un mese e mezzo di lavoro, e ogni strumento può arrivare a costare anche diverse migliaia di euro”.
Nel ‘700 il liutaio era considerato un artigiano come un altro, al giorno d’oggi, invece, ne sono rimasti davvero in pochi, ma fortunatamente a non mancare è la clientela, tra professionisti ed estimatori del settore:
“Lavoro specialmente per gli allievi del Conservatorio, gli orchestrali del Teatro San Carlo, ma anche per richieste da Paesi esteri.”
Al termine di una breve chiacchierata, salutiamo Gaetano Pucino, che può tornare così al suo tavolo e riprendere a lavorare in tranquillità, almeno fino a che il prossimo curioso non gli chieda una foto.
Di: Andrea Andolfi e Alex Amoresano
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